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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Ungheria e Polonia battono l’Europarlamento 
di Ninni Raimondi
 
Ungheria e Polonia battono l’Europarlamento. Una lezione all’Italia zerbino della Ue 
 
Le conclusioni del Consiglio europeo hanno dato innegabilmente ragione a Ungheria e Polonia, riducendo drasticamente le potenzialità del Regolamento del Parlamento europeo. Tenendo presente che il Consiglio non detiene potestà legislativa, ma soltanto la capacità di «definizione di priorità politiche», Orbán e Kaczynski – vice primo ministro polacco – hanno ottenuto il diritto di effettuare un ricorso alla Corte di giustizia europea contro le linee guida definite dalla Commissione. È altresì essenziale annotare che l’applicazione del sopramenzionato Regolamento diverrà eventualmente realtà soltanto alla ricezione dell’esito del ricorso, perciò fino alle elezioni in Ungheria è verosimile che non vi siano mutamenti. 
 
La rabbia della sinistra europea 
Una prova tangibile della scontata sconfitta dell’Unione europea nella battaglia contro Ungheria e Polonia, è data dagli articoli rabbiosi scritti posteriormente alle conclusioni del Consiglio per mano di Vladimiro Zagrebelsky (ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo), Sergio Fabbrini e George Soros. Mentre il magnate ungherese si è scagliato oltremodo contro le due nazioni oppositrici, definendole addirittura «Stati canaglia», e contro la Merkel per aver ceduto al presunto ricatto, Fabbrini ha tentato di sminuire il tutto delegittimando il Consiglio europeo, rimandando il tutto alla decisione della Corte di giustizia che avverrà entro un paio d’anni, dando il tempo ad Orbán di vincere nuovamente le elezioni. La rabbia smodata, esplicitata da alcune alte personalità del mondo intellettuale della sinistra europea, non ha fatto altro che legittimare la vittoria di Ungheria e Polonia di fronte al tentativo di ricatto dell’Unione europea, il cui ultimo baluardo sembra essere il Parlamento europeo. 
 
Il Parlamento europeo sfida il Consiglio 
L’Eurocamera ha respinto – con una maggioranza schiacciante, che non sorprende – le conclusioni sopramenzionate del Consiglio europeo, affermando rabbiosamente – anche a mezzo di comunicato stampa – che le condizionalità sullo Stato di diritto verranno applicate in toto a partire dal primo giorno del nuovo anno: «Le conclusioni del Consiglio europeo dell’11 dicembre, secondo le quali la Commissione non dovrebbe applicare il meccanismo sullo Stato di diritto fino a quando la Corte di giustizia Ue non avrà deciso se annullare o meno lo strumento, sono superflue». 
 
La lezione di Polonia e Ungheria all’Italia 
Di fatto, quindi, anche il Parlamento europeo ha attestato la vittoria di Ungheria e Polonia, per poi tentare di «ribaltare» il risultato a suo favore delegittimando le conclusioni del Consiglio, che troveranno comunque esito nel ricorso alla Corte di giustizia europea che Orbán ha già annunciato di fare. La lezione di diplomazia portata avanti da Ungheria e Polonia – nazioni che detengono pressappoco la metà del Pil italiano – dovrebbe servire da monito al governo nostrano, costantemente impegnato nella glorificazione dell’Unione e di personalità ad essa connesse, che non fanno altro che opprimere i cittadini italiani declassandoli a meri spettatori dei diktat imposti dall’Ue. 
 
3 Febbraio  2021