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Gentiloni invita l’ONU e le ONG
 
 
Gentiloni invita Onu e Ong in Libia 
di Ninni Raimondi 
 
Gentiloni invita Onu e Ong in Libia.  
E nelle associazioni umanitarie si apre il confronto: c'è chi vuole andare e chi no 
"No a operazioni d'immagine" 
 
Una piccola luce nelle tenebre. Un'occasione da non lasciar cadere se si vuole dare aiuto ai più indifesi, prigionieri nell'inferno libico. Un patto d'azione fondato su principi che non possono essere sacrificati sull'"altare" della sicurezza e solo sicurezza. Legalità e dignità della persona: sono le basi di un'iniziativa che l'Italia vuole intraprendere in Libia con il supporto, decisivo, delle agenzie delle Nazioni Unite e delle Ong. Un "Nuovo inizio" nel Mediterraneo. "L'Italia chiede fortemente che sia le organizzazioni legate all'Onu, Unhcr e Oim, sia le Ong in generale, approfittino dell'apertura che le autorità libiche finalmente iniziano a dare. Fino a un anno fa non volevano" la presenza nei campi profughi, "c'era l'impossibilità di lavorare sui rimpatri volontari e su potenziali corridoi umanitari dalla Libia. Ora si può fare, rispettando la sovranità delle autorità libiche. Gradualmente stanno aprendo", bisogna "molto accelerare e rafforzare l'intervento". A sostenerlo è il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che a Tunisi ha incontrato l'inviato speciale dell'Onu per la Libia Ghassan Salamé. L'Italia riscopre quella vocazione mediterranea che ha da sempre rappresentato il meglio della sua politica estera e torna a puntare forte sull'Africa e su una nuova cooperazione con i paesi della Sponda Sud del Mediterraneo con un'ottica che va oltre l'emergenza. 
Un concetto che Gentiloni aveva rimarcato già ieri nell'incontro a Tunisi con il presidente della Repubblica tunisina, Beji Caid Essebsi. "Con Essebsi abbiamo constatato l'ottimo andamento della collaborazione dei nostri Paesi sulle questioni migratorie: c'è un accordo da sei anni tra Italia e Tunisia e il buon funzionamento si vede anche nei momenti in cui ci sono delle difficoltà- aveva affermato il premier italiano - Noi abbiamo avuto qualche piccola difficoltà durante l'estate, che non aveva -voglio sottolinearlo - nulla a che fare con la riduzione dei flussi in arrivo dalla Libia: c'era un incremento di limitate proporzioni ai flussi irregolari dalla Tunisia e abbiamo fatto fronte insieme. Già dal mese di ottobre la situazione è tornata nella sua sostanziale normalità". Il Mediterraneo è oggi l'epicentro del disordine globale, aveva sostenuto, da ministro degli Esteri, lo stesso Gentiloni. L'ambizione dell'Italia è farne l'epicentro di una nuova cooperazione in grado di intervenire, senza alcuna presunzione neocoloniale, sulle cause strutturali che spingono milioni di persone a fuggire da guerre, pulizie etniche, carestie, povertà assoluta, disastri ambientali. E questo in una visione europeista che guardi al Sud non come minaccia ma come opportunità. Per l'Italia il rapporto con il Mediterraneo è irrinunciabile. Gentiloni lo riafferma in un intervento pubblicato oggi dalla Stampa in vista della conferenza Med in programma a Roma dal 30 novembre al 2 dicembre."L'Italia in questi quattro anni e mezzo ha costruito una politica africana che non aveva dagli anni Sessanta – dice all'HuffPost il Vice ministro degli Esteri con delega alla Cooperazione internazionale, Mario Giro -. Abbiamo orientato sia gli investimenti che la cooperazione allo sviluppo verso il Continente africano e oggi siamo il terzo investitore mondiale". Quanto alla Libia, Giro rivendica il fatto che "abbiamo tenuto in equilibrio solidarietà e sicurezza: non essere ostaggio dei trafficanti di esseri umani e nello stesso tempo non perdere la nostra
anima umanitaria. Ho emesso un bando per le Ong per lavorare nei centri di detenzione che sono 
un inferno. Questo l'ho detto prima della Cnn: anche i media italiani hanno parlato e scritto di schiavismo e di violazioni di ogni tipo. Sappiamo che questi flussi sono un dramma nei Paesi di origine e ci siamo adoperati da tempo per alleviarne le punte più tragiche. Speriamo – conclude Giro – che l'Onu venga presto in Libia". 
 
Ora la palla passa al campo delle Ong e delle Nazioni Unite. Di certo, confidano ad HP fonti della Farnesina, quella lanciata dal premier non intende essere una palla "avvelenata". E' un segnale rivolto in particolare al variegato mondo dell'associazionismo, laico e cattolico, che non ha sposato la linea, giudicata troppo "securitaria", del ministro dell'Interno, Marco Minniti. Ed è anche, in chiave elettorale, un messaggio di disponibilità ai Radicali italiani di Emma Bonino che, come aveva rimarcato l'ex ministra degli Esteri e Commissaria Ue in una intervista ad HP, hanno fatto di una svolta sui migranti un punto nodale per una lista elettorale, europeista, non contro ma oltre il Pd. Un dibattito è aperto tra le ONG che nei prossimi giorni esprimeranno una posizione compiuta sulla mano tesa da Gentiloni, con uno spirito, confidano ad Hp esponenti di quel mondo, "di una autonomia critica ma costruttiva". 
Insomma, andiamo a vedere le carte. "Registriamo positivamente l'impegno assunto dal presidente del Consiglio – dice ad HP Francesco Petrelli, portavoce di Concord (Confederazione Ong europee per l'aiuto e lo sviluppo) Italia - ma vorremmo che l'Italia, l'Europa, la comunità internazionale questo impegno lo concentrassero per far sentire tutto il loro peso sulle autorità libiche al fine di consentire effettivamente una presenza delle Agenzie delle Nazioni Unite e delle Ong, cosa che fino ad ora non è stata resa possibile dalla mancanza delle condizioni necessarie a garantire la sicurezza e l'agibilità per svolgere quel ruolo di presidio per il rispetto dei diritti umani nei centri di detenzione, che per noi sono il primo passo per lo smantellamento di quei centri e per la liberazione delle centinaia di migliaia di migranti in essi ancora presenti, nelle condizioni disumane che sappiamo". Nel campo delle Ong il dibattito è aperto. C'è chi vuole verificare le condizioni e chi, invece, si è già detto contrario. 
Come "Un Ponte per" che nei giorni scorsi ha reso pubblica una lettera aperta a tutte le Ong perché boicottino quel bando: "L'invio di Ong – sostengono - sarebbe un'operazione d'immagine, una risposta ipocrita alle denunce che sempre più numerose giungono dalla Libia, dove migliaia di persone sono private della loro libertà e dignità e sono alla mercé di angherie e sopraffazioni di milizie private e di eserciti spesso implicati nella tratta e riduzione in schiavitù. Tali campi non diventeranno più umani se alle Ong sarà permesso, sotto il controllo di queste milizie, di entrarvi. Abbiamo rifiutato di entrare nei campi profughi in Giordania quando erano prigioni a cielo aperto, e crediamo che il rifiuto delle Ong di lavorare in quelle condizioni sia necessario per produrne il cambiamento...". 
 
Ora Gentiloni assume a sé la "partita libica". La cabina di regia, che coinvolgerà Esteri, Difesa e Interni - sarà a Palazzo Chigi. E anche questo vuol essere un segno di disponibilità.
Licenza Creative Commons 27 Novembre 2017