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Essewre catalani significa esser
 
Essere catalani significa essere spagnoli 
di Ninni Raimondi 
 
 
Nei tumultuosi giorni del post referendum catalano, esprimo tutta la mia solidarietà con il popolo spagnolo in lotta per difendere l’unità della nazione. Per l’occasione, ho letto il libro “Catalanitat és Hispanitat”, edito dall’associazione culturale Somatemps, che da diversi anni si batte, a livello istituzionale per promuovere l’identità e la lingua catalana, in un quadro eminentemente ispanico. 
Lo storico catalano Josep Alsina, è presidente dell’associazione. 
 
Con che finalità nasce Somatemps? Vediamo un po’. 
Somatemps sorge con l’obbiettivo di essere un istituto storico, culturale ed editoriale. Il compito primario è quello di radunare accademici e studiosi volenterosi che vogliano contrastare la falsificazione storiografica in atto in Catalogna, ad ogni livello. Mi riferisco, nello specifico, a quanto viene spiegato nelle scuole della Catalogna, come nelle Università. Ai giovani viene raccontata una storia contraffatta, costruita ad uso e consumo della propaganda separatista. 
In questi giorni si è sentito spesso parlare dell’uso, strumentale, che si fa della Corona di Aragona per giustificare storicamente l’indipendenza della Catalogna Gli aragonesi hanno effettivamente avuto un ruolo centrale nello sviluppo di questa regione, ma non è sostenibile in alcuna maniera derivarvi l’assunto che la Catalogna sia esistita come entità statuale autonoma.  
Anzi, è più vero il contrario.  
La corona aragonese ha concesso, in diversi casi, dei bandi di autonomia in maniera speculare al vassallaggio del Sacro Romano Impero.  
È il caso di Valencia e del territorio ad essa annessa.  
È il caso della Sardegna e della Sicilia, cosa che invece non è mai successa in Catalogna.  
Non esiste alcun bando, alcuna fonte che possa lasciarci pensare che la Catalogna sia, anche soltanto, stata riconosciuta come un’entità distinta dall’Aragona. Eppure, a leggere certi giornalacci, parrebbe che Aragona e Catalogna siano due modi per intendere la medesima cosa. 
Spesso si fa anche riferimento alle sollevazioni contadine nell’area contro Ferdinando VII. 
 
E anche in quel caso si tratta di una distorsione tanto è vero che, le rivolte contro Fernando VII, erano agitate chiaramente da quello che sarà lo spirito carlista: “Dio, Fueros e Re”!  
Ovvero, un attacco ad una monarchia decadente, per opporsi all’uniformazione del neonato stato liberale spagnolo.  
Nulla a che vedere con pretese secessionistiche. 
Come risponderebbe a chi parla di differenze, oppure, a chi parla di autodeterminazione del popolo catalano? La pretestuosa volontà di scindere identità catalana ed identità spagnola, è una menzogna del separatismo. Non sarebbe nemmeno concepibile la Catalogna, così come la conosciamo, senza l’investimento costante che compie Madrid, su questa regione. Ma soprattutto senza la politica protezionista attuata dall’Impero Spagnolo tra i primi del ‘600 e la metà ‘800, che favorì la nascita e la fiorente, crescita di un’industria in Catalogna. Senza la Spagna, senza “l’oppressione di Madrid”, questa regione sarebbe ben lontana dall’essere la Silicon Valley mediterranea, di cui si vantano oggi. 
Tutta colpa della Generalitat, quindi? 
Assolutamente no. Il regime del ’78 (termine con cui viene designato lo stato spagnolo da dopo la promulgazione della Costituzione post-franchista) ed il suo regionalismo anti-federale è, a sua volta, imputabile della situazione. Non si è mai creduto in un regionalismo autentico, ma solo dei più ricchi o di chi aveva abbastanza voce per esigerlo. Non si sono mai costituite vere autonomie, ma soltanto sporadiche quanto deleterie semi-indipendenze, come in Catalogna o nei Paesi Baschi. Del resto, dopo la “Transizione” lo spirito patriottico è completamente accantonato in questo paese: oggi esporre una “nacional” (la bandiera spagnola) durante una manifestazione equivale a nostalgia per il franchismo. Ovviamente, laddove diserta l’amor patrio, fioriscono identità posticce come quella separatista. 
Come questo referendum farlocco…  
Puigdemont ha voluto scatenare questo clima, per dare l’impressione di una rivoluzione in atto e Rajoy, vedendosi finalmente costretto ad intervenire (sebbene troppo tardi), gli ha concesso una vittoria simbolica evidente. Non è, però, una vittoria per i catalani, purtroppo. 
 
Le regioni vanno ripensate e riqualificate, tutte, lingue comprese. Il centralismo funziona in molti luoghi in Europa: basta pensare alla Francia. Pensarla come stato federale sarebbe completamente assurdo. Non penso sia il caso della Spagna, ma per far ciò bisogna avere un’idea chiara di cosa siano le identità regionali e conoscerle. I separatisti non hanno la minima cognizione di quanto affermano. Navigano in fiumi di retorica a buon mercato, funzionale a portare avanti il discorso che motiva l’esistenza delle poltrone su cui siedono. La bandiera, l’Estelada, a loro detta un simbolo “nazionale”: una pessima imitazione dei primi del ‘900 dei movimenti nazionalisti latino-americani (Sembra copiata da quella cubana).  
Quale correlazione, dunque, con la Catalogna? Nessuna.  
La verità è che, essere catalani, significa essere spagnoli. 
 
Nella mobilitazione separatista, è da notare, si fondano alla perfezione sinistra radicale (dagli elementi marxisti più ortodossi, al trotzkismo ed anarchismo) e la destra liberale e liberista.  
Il separatismo catalano origina da un mix letale di “sinistrismo” da occupazione scolastica ed un, ben più consapevole, liberalismo economico. I discendenti di Louis Companys hanno creato un mostro che non riescono più a controllare.  
Ecco un esempio abbastanza descrittivo.  
In questi anni, la sinistra separatista non ha fatto assolutamente nulla, oltre che a strillare all’Indipendenza. L’unico risultato politico di cui si fa forte Esquerda Republicana de Catalunya (Sinistra Repubblicana di Catalogna) è l’eliminazione dei fondi regionali alle scuole cattoliche, applaudita come una riforma e volta a favorire l’istruzione pubblica.  
Piccolo problema: la maggior parte delle scuole private presenti in Catalogna non sono cattoliche e sono quelle senz’altro più elitarie ed economicamente onerose.  
Le scuole della classe dirigente, insomma.  
Dunque: i fondi pubblici, a quelle scuole, sono stati toccati?  
 
Mi rispondo da solo.
Licenza Creative Commons  1 Dicembre 2017