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La vendetta di Gheddafi 
di Ninni Raimondi
 
 
Quest'anno ricorrerà il settimo anniversario della morte del leader libico Muammar Gheddafi, fatto barbaramente assassinare dai sicari della NATO inviati in Libia. Quelli che erano allora i leader dell’Occidente applaudirono alla sua morte, tra i quali merita una menzione d’onore Hillary Clinton, che salutò con una battuta la morte di Gheddafi. 
Si doveva aprire una pagina nuova per la Libia, dissero allora i benemeriti rappresentanti dell’oligarchia internazionale. Si è visto di quale primavera parlavano: il caos e la distruzione di un paese, la morte di migliaia di civili, la fuga di centinaia di migliaia di persone. 
Lo stesso Barack Obama ammise che la Libia e il non aver previsto le conseguenze dell’intervento militare era stato il “suo maggiore fallimento”. Probabilmente mentiva il presidente Obama, perché oggi possiamo tranquillamente ipotizzare che si trattasse di una strategia, la strategia del caos, la stessa che ha fatto piombare Iraq e Siria nell’anarchia, utilizzando in parte gli stessi miliziani mercenari di Al Qaeda prima e dell’Isis poi, che non sono altro che creazioni volute, pensate e foraggiate dalla NATO. 
La Libia era un paese, sotto il regime di Gheddafi, in cui la popolazione aveva raggiunto un tenore di vita considerato il più alto di tutta l’Africa. I cittadini libici godevano di assistenza sanitaria e di educazione scolastica gratuita, le famiglie godevano di finanziamenti per la casa e per le forniture di acqua e gas. Agli studenti meritevoli venivano assicurate dal governo borse di studio per studiare all’estero. La Libia di Gheddafi era tutto sommato un paese stabile, con un potere centralizzato non diviso fra le varie tribù. 
L’ultima caratteristica del sistema libico che probabilmente dava molto fastidio all’élite di Washington era l’esempio di un paese che aveva rifiutato di sottostare al dominio neo-coloniale delle potenze occidentali e che si presentava come un precedente pericoloso, che avrebbe potuto rappresentare un polo di imitazione per gli altri paesi della regione. 
 
Dopo la “liberazione” della NATO ed il saccheggio delle sue risorse, la Libia è sprofondata nel caos, nella violenza, nella lotta fra i vari clan, con il terrorismo e le tribù dei vari signori della guerra che hanno preso possesso di buona parte del paese, sul modello di quanto accaduto anni prima in Somalia. 
Dalla Libia, con l’opera pia e caritatevole di mafie transnazionali e ONG occidentali, oggi parte il traffico dei clandestini che si imbarcano verso l’Europa e che approdano in Italia, in un piano programmato di destabilizzazione e sostituzione etnica che viene pilotato dalle stesse centrali di potere che hanno voluto distruggere la Libia. L’Italia è la prima meta di questo traffico e subisce le conseguenze del tradimento attuato dall’allora governo di Roma nei confronti di un leader ed un paese che contavano su un’alleanza ed un rapporto di cooperazione leale. 
 
Oggi Gheddafi non c’è più e dalla Libia arrivano solamente caos e immigrazione.  
E’ la sinistra vendetta postuma di un raìs discutibile e sopra le righe, ma che oggi il nostro paese non può non rimpiangere. 
Licenza Creative Commons  8  Gennaio 2018