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Carlo Magno, per quale Europa
 
Carlo Magno: per quale Europa 
di Ninni Raimondi
 
Ricorreva, un paio di giorni fa, l’anniversario della morte di Carlo Magno.  
Un anniversario anonimo, privo di quella roboante simmetria che fa coniare monete e riempie le rubriche delle ultime pagine dei giornali.  
Milleduecentoquattro anni sono passati da quel giorno. 
 
Oggi, però, voglio soffermarmi ugualmente su ciò che può rappresentare, nell’epoca attuale, la figura di Carlo Magno per questa Europa votata al denaro e alla dissoluzione, aperta e dialogante, ma così debole che ogni piccolo soffio da Est e da Ovest ne fa traballare l’impalcatura. 
Anzitutto, occorre menzionare qualcosa con cui non si scherza: la sovranità.  
Carlo Magno è sovrano nel senso tradizionale del termine, ossia per investitura divina.  
Non vi sono mezze misure, se si vuole essere coerenti: è la folla dei bottegai, il fantasma della “volontà popolare” a scegliere una guida, o è un principio ordinatore superiore – e super-umano – a investire un uomo della regalità. E Carlo Magno incarna al meglio questa seconda concezione, così distante com’è dai tumulti del millennio successivo. 
La sovranità dell’Europa attuale, sovranità malcerta e rattoppata, è invece proprio quella dei bottegai: dei bottegai elevati al quadrato, ossia i banchieri. Nessun legame con il Sacro, ma una solida quanto imbarazzante legittimazione dal basso, dal concetto più basso in cui possa tradursi la materia: il denaro.  
Diritto divino e moneta sonante: gli antipodi di questa Europa che ha smarrito la ragione e la fede. 
 
Carlo Magno, quindi, già sotto il profilo della propria funzione può insegnare molte cose alla civiltà attuale: che dominio non è prevaricazione, ma necessità naturale che rende il mondo degli uomini conforme all’ordine cosmico.  
Che il denaro è una forma fallace di fedeltà, dovendosi preferire, invece, quella libertà infinita di chi occupa un posto preciso nel mondo, rispondente alla propria vera natura, e nulla di più desidera o brama. 
La figura che qui ricordo, dunque, si presta malvolentieri a strumentalizzazioni in salsa parlamentare.  
Esiste, è vero, un “Premio Carlo Magno” per chi favorisce la formazione di questa unità deviata d’Europa oggi in auge, ma a chi importa? 
Pochi lettori, probabilmente, ne saranno al corrente.  
Ed è meglio così.  
Da parte mia, mi piace pensare che Carlo Magno avrebbe liquidato con un colpo di spada il premio che porta il suo nome. 
E allora quando invocare l’imperatore?  
Quando è davvero possibile rialzare le sue insegne?  
Il domino della materia sullo spirito pare impedirlo, eppure – in rari e drammatici casi – si è visto ancora Carlo cavalcare alla testa degli Europei.  
Nelle ultime ore di Berlino, davanti al nemico che più impersonava gli istinti inferiori dell’uomo, soldati di molte nazioni d’Europa si sono uniti nel nome di Carlo Magno. 
L’Aquila carolingia si è risvegliata nell’ora più buia, quando le lance avevano fatto spazio ai Panzerfaust, quando l’aria era satura di morte e le altezze di un’Europa libera e grande apparivano sogni remoti.  
E allora chiediamoci perché migliaia di giovani, dando la vita, si sono votati al nome di Carlo.  
La nostra civiltà è capace di superare prove immense se non dimentica che la propria arma non è l’oro, ma lo Spirito. 
 
E che in questi tempi bui la migliore gioventù d’Europa possa udire, ancora, il corno di Carlo suonare! 
Licenza Creative Commons  30 Gennaio 2018