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Cultura: La coscienza di se stes
 
La coscienza di sé stessi 
di Ninni Raimondi
 
Molti fra coloro che si professano “di estrema destra” – per quanto questa definizione possa valere di fronte ai cedimenti dell’epoca attuale – assumono, più o meno inconsciamente, riferimenti storici e culturali che, al di là delle apparenze, conducono a direzioni totalmente opposte a quelle proprie dell’uomo tradizionalmente orientato. 
Le adunate oceaniche, i diktat indiscutibili, la venerazione quasi fisica verso il Capo – cui si contrappone una massa adorante e spersonalizzata – sono concetti estranei alla Tradizione e che, anzi, denotano l’avanzare già maturo dell’infezione dei tempi moderni. 
La società e l’uomo tradizionale sono per definizione “centrati”, fondandosi sull’equilibrio e sulla consapevole rispondenza dell’interiorità del singolo e del tessuto sociale all’ordine naturale. 
 
Ad un profondo senso di appartenenza e di consapevolezza di sé si accompagna, quasi come contrappeso, una innata indocilità: diremmo che nell’animo tradizionale dimora la consapevolezza che il fuoco può essere antico anche quando le fiamme sono giovani.  
Da ciò derivano i grandi gesti di rifiuto – spesso anche ritualizzati, mitizzati – che nelle società antiche hanno consentito di espellere come un corpo estraneo il tiranno e il demagogo. 
Nelle società tradizionali, inoltre, la fedeltà è un dovere, ma è altrettanto certamente anche un diritto: il diritto di obbedire senza perdere onore e dignità, riconoscendo che la società debba conformarsi ad un centro ordinatore e ruotare attorno ad esso in cerchi ordinati e consimili. 
Niente busti di cartapesta, niente “zitto e obbedisci” o varianti sul tema, quindi.  
 
Il popolo tradizionale è un Popolo di Signori, un Herrenvolk consapevole e compatto perché formato da cellule vive e combattenti. 
Ed essere un Popolo di Signori, va detto, è estremamente difficile: la coscienza collettiva non deve cedere al sonno, né permettere l’affermazione di princìpi pigramente autoritari.  
 
Le dittature del XX secolo – senza eccezioni – ci dimostrano che, ad oggi, la sfida è stata persa. 
Quante bandierine sventolanti, quanti “salve, Vittoria”, quante divise di ordinanza.  
Tutto si è sciolto come neve al sole terminato l’incantesimo e le masse sono tornate ad essere ciò che sono: informi bestie in cerca di padrone, di tranquillità e di bastonate sulla schiena.  
E quanto grandi, invece, sono gli esempi di coloro che pure nella disfatta hanno saputo mantenersi fedeli a se stessi e non crollare: qualcosa di incredibile! 
La vera sfida dell’uomo tradizionalmente orientato, quindi, si pone nel domani: costruire un Popolo di Signori che sappia superare la fine degli individui e dei capi e che sappia perpetuare se stesso.  
 
Senza busti di gesso, senza accendini con motti sgrammaticati: dentro di sé, prima che nelle strade. 
Licenza Creative Commons  30 Gennaio 2018