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Antifascismo violento
 
Antifascismo violento: non è soltanto colpa della prof 
di Ninni Raimondi
 
 
Antifascismo violento: paga solo la prof fuori di testa, non chi ha soffiato sul fuoco 
Alla fine, per questa assurda ondata di isteria antifascista, pagherà solo lei: Lavinia Flavia Cassaro, la prof anti-CasaPound che, visibilmente alterata, augurava la morte alle forze dell’ordine. L’insegnante sarebbe indagata per istigazione a delinquere, minacce e oltraggio a pubblico ufficiale, oltre a essere già stata sospesa in via cautelativa dall’istituto comprensivo Leonardo da Vinci di Torino, dove insegna. Il procedimento disciplinare potrebbe sfociare nel licenziamento, “in considerazione della gravità della condotta tenuta dalla docente che, seppure non avvenuta all’interno dell’istituzione scolastica, contrasta in maniera evidente con i doveri inerenti la funzione educativa”, spiega l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte. 
 
Qualsiasi tipo di solidarietà e compassione nei confronti di un soggetto del genere, quale ne sia la sorte, sarebbe decisamente fuori luogo. E tuttavia, è impossibile non coglierne il destino di vittima sacrificale grazie a cui un’intera classe dirigente si può ora lavare la coscienza. Cosa urlava, la Cassaro, ai poliziotti che tentavano di tenere a bada l’agitata mobilitazione antifascista contro il comizio di CasaPound? Che dovevano morire. E perché? Perché “difendevano i fascisti”. Ovviamente l’accusa è pretestuosa: le forze dell’ordine non stavano difendendo alcunché, c’era una manifestazione elettorale e una contro-manifestazione, si trattava solo di far sì che i componenti delle due compagini non entrassero in contatto, anche se la volontà che ciò accadesse veniva da una sola parte. Cosa avrebbe dovuto fare la polizia? Mettersi a fare in strada una valutazione sul grado di “costituzionalità” dei due eventi e concedere poi ai manifestanti più “democratici” la facoltà di assaltare gli altri? 
Secondo la Cassaro sì.  
Ma, attenzione, non è stato l’abuso di birra Moretti a mettere in testa alla docente questa idea bislacca. Come abbiamo spiegato altrove, la convinzione che il linciaggio del prossimo sia una prassi legittimata dalla Costituzione e perfettamente legale in base all’ordinamento italiano, oltre che meritoria dal punto di vista etico, è sostenuta oggi da intellettuali e politici anche non esattamente estremisti o marginali. Ed è stata l’intera politica italiana, per affermazione o per omissione, a imporre in questa campagna elettorale la centralità dell’antifascismo, accettando e avallando anche le sue espressioni violente. Se un comune può stilare un regolamento che limita i diritti politici di forze che si presentano alle elezioni, perché Lavinia Flavia Cassaro non si deve sentire libera di reclamare la legittimità di un assalto alle loro iniziative? E se davvero c’è la “marea nera”, il “pericolo nero”, il “rigurgito fascista”, la “minaccia eversiva”, come hanno titolato fior di giornaloni borghesi, come possiamo star qui a sindacare il bon ton di una professoressa che si immagina partigiana? 
 
È del resto surreale che l’input per il suo possibile licenziamento sia arrivato da Renzi, in televisione, quando il partito dell’ex premier è stato quello che più ha speculato sull’antifascismo escludente al fine di ricostruirsi una verginità politica a sinistra.  
È in questo clima creato ad arte per un indecente e pericoloso calcolo elettorale che sono maturate le aggressioni, le sprangate, gli incaprettamenti, gli assalti alle forze dell’ordine, alle sedi altrui, le inchieste giornalistiche degne del peggior giornalismo prezzolato degli anni ’70. In questo teatrino, Lavinia Flavia Cassaro è solo una comparsa che ha avuto la sfortuna della ribalta mediatica, ma è chi ha scritto il copione che dovrebbe pagare. Senza cavarsela con il sacrificio di un personaggetto insignificante come la prof fuori di testa. 
Licenza Creative Commons  2 Marzo  2018
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