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Reddito di cittadinanza?
 
Reddito di cittadinanza? 
di Ninni Raimondi
 
 
Il reddito di cittadinanza è stato il più efficace cavallo di battaglia usato per la campagna elettorale delle elezioni del 4 marzo da parte del Movimento 5 Stelle. 
Per gli standard europei, una famiglia formata da padre, madre ed un solo figlio, con uno stipendio di circa 1100 euro al mese, è una famiglia che vive sotto la soglia di povertà. I pentastellati vorrebbero intervenire proprio su questo punto, con la proposta contenuta nel DDL 1148.ì 
Ad un singolo individuo senza reddito verrebbero garantiti 780 euro al mese; se diversamente avesse un reddito inferiore a tale soglia, gli spetterebbe la differenza per raggiungere la suddetta cifra. 
Al crescere del numero dei componenti della famiglia scatterebbe un aumento proporzionale dell’importo: per una coppia si va da un minimo di 1.014 euro a un massimo di 1.170; per una coppia con un figlio da 1.248 a 1.560 euro; con due figli si potrebbe arrivare alla somma di 1950 euro. Per coppie di pensionati che percepiscono un reddito al di sotto dei 400 euro, si arriverebbe invece solamente a 370 euro a coppia. 
 
All’interno della proposta grillina sono contenuti anche una serie di requisiti il cui soddisfacimento è necessario ai fini della percezione del reddito di cittadinanza: l’iscrizione presso centri per l’impiego, dichiarandosi disponibili a eventuali offerte di lavoro, l’impegno nella ricerca lavorativa “per almeno 2 ore al giorno”, un minimo di 8 ore settimanali di disponibilità per progetti comunali, la frequentazione di corsi di formazione e, infine, l’obbligo di accettare una tra le prime 3 offerte di lavoro che saranno ricevute. L’assenza di questi requisiti comporterebbe la perdita o l’impossibilità di ricevere tale reddito. 
La copertura per questa manovra ammonta intorno ai 20 miliardi di euro, che nell’ottica del Movimento 5 Stelle dovrebbero essere recuperati da una riduzione delle detrazioni IRPEF, dal divieto di cumulo pensionistico, dall’aumento della tassazione di banche ed assicurazioni, dal fondo sostegno povertà e da altre misure, tra cui ricordiamo la tassazione del gioco d’azzardo, la riduzione dell’indennità parlamentare, la soppressione di alcuni “enti inutili”, il taglio delle auto blu, del finanziamento ai partiti e di quello per l’editoria. Sono previsti inoltre, per recuperare ulteriori somme, l’eliminazione dei contributi statali per le intercettazioni, l’abolizione e riduzione delle “pensioni d’oro”, l’aumento delle tasse per le concessionarie delle autostrade e l’aumento dei costi per le trivellazioni. 
Formalmente, di fatto, la proposta del M5S NON è un reddito di cittadinanza, che sarebbe propriamente reddito che viene elargito a tutti, indipendentemente dalla loro condizione economica e senza obblighi di nessun genere. Di fatto è un reddito minimo garantito, non universale e condizionato ad alcuni elementi, come la ricerca di un lavoro e la frequenza di corsi di formazione. 
Esiste però un problema morale alla base di questa misura? Una proposta del genere potrebbe, secondo molti, disincentivare l’individuo nella scalata verso la propria realizzazione personale, in quanto è proprio il lavoro che permette la realizzazione individuale. Questa manovra, seppur partendo da una probabile buona fede e dall’idea di porre un freno al livello di povertà dilagante, rischierebbe di portare il cittadino alla totale alienazione, da un lato, ed all’accomodamento, dall’altro, bloccando in questo modo tutto il processo economico che si basa proprio sul lavoro, progressivamente sostituito dall’assistenzialismo statale. 
 
La copertura per l’applicazione di tale manovra, come abbiamo già detto, ammonta intorno ai 20 miliardi di euro. Per coprire questa spesa, tra i vari tagli e riduzioni, probabili ed improbabili, troviamo tra le altre l’aumento delle tasse sulle banche ed assicurazioni, scelta della quale le conseguenze rischierebbero di ricadere sul cittadino. Per non parlare del taglio delle deduzioni IRPEF e dell’aumento delle tasse per le concessionarie autostradali, che si rifarebbero seduta stante mediante un aumento corrispondente delle tariffe al pubblico. 
Insomma, la strada, per quanto stia andando nella direzione di un governo Di Maio, sembra in salita e sarà un duro scoglio che potrebbe anche portare al naufragio della corazzata a 5 Stelle. 
 
I motivi a favore: 
Aumentare la stabilità e la sicurezza sociale 
Semplificare il welfare 
Rendere più redditizio il lavoro occasionale, o le proprie passioni 
Ridurre la povertà 
Aumentare la libertà delle persone, che potrebbero scegliere in maniera non condizionata la propria vita e il proprio lavoro 
Aumentare le possibilità di migliorare la propria condizione 
Dare maggiore forza in fase di contrattazione quando si ottiene una proposta di lavoro 
Più libertà nei tempi che si decide di dedicare al lavoro, e al metodo di lavoro 
Evitare di fare cose che non soddisfano il lavoratore 
Sostegno alla piccola imprenditorialità, al lavoro autonomo e creativo, che magari non generano grossi volumi di soldi ma che danno soddisfazione personale 
Ridurre l’esclusione sociale dando, a differenza dei sussidi, la possibilità di fare comunque attività lavorative o creative che reinseriscano nel contesto sociale 
 
I motivi contro: 
Essere troppo costoso per le casse dello stato 
Non essere adeguato a garantire più equità sociale degli strumenti offerti dal welfare 
Abolizione del welfare 
Spinge le persone a cercare lavori part-time, indebolendo il potere dei contratti collettivi dei dipendenti 
Porta ad un aumento delle tasse, e con più tasse si abbassa la propensione a creare impresa 
Divide la società tra coloro che possono vivere senza un lavoro e coloro che devono per forza farlo 
Non considerano i bisogni individuali se un certo reddito è da destinare a tutti 
Indebolisce la posizione delle donne sul mercato del lavoro, perché verrebbero indotte a rimanere a casa e prendersi cura dei figli 
 
Facciamo due conti adesso? 
Licenza Creative Commons  14  Marzo 2018