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Salvini e l’incarico pieno
 
Salvini e l’incarico pieno per frenare il Colle 
di Ninni Raimondi
 
Il segretario della Lega prova in tutti i modi a sbarrare la strada a governi tecnici o governissimi 
Probabilmente Matteo Salvini e il suo braccio destro Giancarlo Giorgetti avevano già messo in conto che all’ennesima proposta leghista di un governo di centrodestra e Cinque Stelle, Luigi Di Maio li avrebbe liquidati con una sequela di bordate in cui il capo grillino butta là anche presunte “fideiussioni” al Carroccio.  
Di Maio accusa la Lega di “bloccare l’Italia per i suoi guai finanziari”.  
Salvini sbotta: “Basta con insulti e sciocchezze.  
Voglio dare un governo agli italiani, se i grillini preferiscono litigare lo faremo da soli. Incarico a noi o elezioni.  
No a governi tecnici.  
Siamo disposti anche a un governo di tutti ma per cambiare la legge elettorale aggiungendo una riga (al Rosatellum) con un premio alla lista o alla coalizione”.  
E quindi, visto che non si può ritornare daccapo come nel gioco dell’oca, il capo leghista chiede stavolta non più un “un preincarico”, come aveva fatto all’inizio della giornata, ma “un incarico” vero e proprio ( se si tratta di lui o Giorgetti si vedrà) che suona per quel governo di centrodestra di minoranza che Silvio Berlusconi aveva lanciato fin dall’inizio. E tra “preincarico” e “incarico”, distinguo non sottile, c’è di mezzo il governo del Presidente. 
La Lega, dopo aver fatto la nuova mossa verso i Cinque Stelle, per dimostrare tutta la sua disponibilità e accreditarsi sempre di più nei confronti del Colle, sa bene che dopo un preincarico se questo fallisce ci potrebbe essere il governo del Presidente.  
E quindi Salvini prova l’ultima carta e sembra usare la parola “incarico” vero e proprio per sbarrare la strada a “governi tecnici o governissimi”. 
FI con il portavoce dei gruppi Giorgio Mulè plaude: “Magari un incarico a Salvini, tornare alle urne con questa legge elettorale è da irresponsabili”. 
 
Quello del leader del Carroccio suona come un gioco al rilancio indirizzato verso il Quirinale che non sarebbe mai stato molto entusiasta di fronte all’ipotesi di un governo di centrodestra che va a fare scouting in parlamento.  
Ma anche Salvini dice che lui non vuol dar vita a un governo “appeso ai voti degli Scilipoti”.  
E preceduto da Giorgetti adombra un esecutivo intanto per non far scattare le clausole di salvaguardia che farebbero scattare l’aumento dell’Iva e parla di governo per cambiare le regole del voto.  
Una proposta di riforma elettorale con il premio di maggioranza l’aveva fatta per prima la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.  
Salvini ribadisce anche il suo veto al Pd. Ma non smentisce neppure di essersi scambiato sms con Matteo Renzi, con il quale del resto lui e Giorgetti avevano già molto parlato ai tempi del Rosatellum, di cui la Lega fu subito soddisfatta perché rimetteva in campo i collegi. 
E la proposta dell’ex premier per un tavolo su regole elettorali e riforme istituzionali fatta domenica scorsa viene vista anche come il risultato del concorso di un lavorio che avrebbe visto in prima fila il braccio destro del Cav Gianni Letta.  
Con l’obiettivo di mettere su una sorta di “Nazareno rovesciato”, con il centrodestra stavolta nella parte del più forte, perché al governo, che almeno sulle regole e quindi sulla legge elettorale potrebbe contare in parlamento su una decisiva astensione dei renziani.  
La stessa formula “Nazareno” seppur “rovesciato” è chiaro che fa venire l’orticaria a Salvini, ma ci sono già esponenti del Pd, come il renziano vicepresidente della Camera Ettore Rosato che dicono che sulle “regole in parlamento si può ragionare”. Purché, sottolinea Rosato, “comprendendo anche le riforme istituzionali si dia stabilità al Paese”. 
Ma molto dipende dalla direzione del Pd di oggi. Ed è chiaro che la Lega difficilmente potrebbe dire di no a un esecutivo “politico di scopo”, come lo chiamano dentro Fi, che rimetta mano alla legge elettorale e magari faccia anche qualche provvedimento per abbassare l’Irpef, che ottenga l’astensione dei renziani. 
 
Ma in tutto questo bisognerà vedere se al capo dello Stato andrà bene un altro tentativo sulla modifica delle regole del voto, tema già di per sé molto divisivo.  
E’ chiaro che chiedendo l’incarico a questo punto per un premier leghista o indicato dalla Lega, anche se questo venisse sfiduciato in parlamento Salvini ci guadagnerebbe sul fatto di avere comunque alla guida dell’esecutivo un premier riconducibile a lui che potrebbe esercitare una sua influenza sulla nuova legge elettorale e poi andare al voto. Se Berlusconi di fatto non aveva escluso fin dall’inizio un governo del Presidente, pur battendo sempre su quella che resta la prima opzione e cioè il governo di minoranza del centrodestra, la Lega, intenta a capitalizzare quanto prima i suoi successi elettorali, è nettamente contraria a “governissimi” che ne diluirebbero la forza propulsiva. E l’apertura che sembrava aver fatto una ventina di giorni fa Giorgetti sembra piuttosto come una mossa tattica per accreditare sempre più il Carroccio con il Colle come “forza responsabile”. 
 
Licenza Creative Commons  3 Maggio 2018
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