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Sono immigrati, non profughi
 
“Sono immigrati, non profughi”: quando era Prodi a chiudere i porti 
di Ninni Raimondi
 
In questi giorni stiamo assistendo alle reazioni scomposte di alcuni sindaci e certa stampa di sinistra alla decisione del neoministro dell’Interno Matteo Salvini di chiudere i porti alle Ong. Secondo il leader della Lega, il provvedimento sarebbe necessario per «fermare l’invasione» e per porre fine al traffico di esseri umani. La sinistra, invece, insiste come sempre su presunte motivazioni «umanitarie». Eppure, una decina di anni fa, i «compagni» rimasero muti di fronte al blocco navale imposto dall’allora presidente del Consiglio Romano Prodi contro gli immigrati albanesi. Esatto: lo stesso Prodi che al tempo guidava un governo di centrosinistra. Perciò, rinfreschiamo un po’ la memoria ai radical chic smemorati. 
Era il 1997, il tempo della cosiddetta «anarchia albanese», un periodo di grandi sconvolgimenti sociali e di instabilità politica della nazione schipetara. Tra crisi economica, caos e criminalità diffusa, molti cittadini albanesi decisero quindi di tentare la via del mare in direzione dell’Italia. Il nostro Paese si preparò dunque ad accogliere i profughi ma, ben presto, si mise in moto il business dell’accoglienza. Con scafisti che traghettavano a pagamento concittadini albanesi a bordo di pescherecci e natanti di fortuna. Di qui la decisione del governo Prodi di chiudere i porti e pattugliare il canale d’Otranto con la Marina Militare. I presunti profughi, d’allora in poi, furono respinti senza fare grandi distinzioni tra uomini, donne e bambini. Così dichiarò alla stampa il sottosegretario agli Interni Giannicola Sinisi: «Il fenomeno è mutato di nuovo: sulle nostre coste non stanno arrivando più profughi, gente spaventata, ma uomini e donne che vengono da zone dove la rivolta non è neppure arrivata. Cercano una vita migliore, un lavoro più redditizio, sono, insomma, immigrati». Il sottosegretario dell’Ulivo, per queste parole, oggi riceverebbe la scomunica collettiva e l’alta accusa di razzismo da parte dei vari Saviano, Boldrini, Bonino e compagnia cantante. 
 
Ma non si trattò solo di legittimi respingimenti – come spiegava a suo tempo anche Repubblica richiamandosi alla convenzione di Amburgo – e di sacrosanto discrimine tra veri profughi e «migranti economici». Prodi, infatti, si premurò anche di avviare dei colloqui con il premier albanese Bashkim Fino. L’obiettivo? Aiutare gli immigrati «a casa loro». Esatto: proprio quello che la sinistra di oggi non riesce più a concepire. Così dichiarò Fino al termine dell’incontro con Prodi: «Noi siamo d’accordo che l’Italia pattugli tutto l’Adriatico per fermare questo esodo, perché i problemi albanesi devono risolverli gli albanesi stessi in Albania». Amen. 
Licenza Creative Commons  14 Giugno 2018
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