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Politica e potere
 
Politica, potere e “apparato”: cosa ci insegna la vicenda della Diciotti 
di Ninni Raimondi
 
I primi mesi del governo gialloverde, polemiche di queste ore comprese, ci danno un bello spaccato di cosa sia realmente il potere: una rete, non una piramide, una sostanza vischiosa, non materia dura. L’opposizione politica all’esecutivo, quella ufficiale e plateale, è ben poca cosa, indignazione scomposta che si liquefa come neve al sole di fronte alla minima proposta di buon senso. Questo non significa che il governo abbia vita facile, anzi. 
Il caso della nave Diciotti è a tal riguardo eloquente, perché la sacrosanta decisione del ministro dell’Interno (non di un tizio che sproloquia al bar, ma dell’uomo che ha in mano la sicurezza di questa nazione) viene contrastata da due pezzi di quello che se fossimo in America chiameremmo “deep state“, ma visto che siamo in Italia chiameremo “l’apparato“: la magistratura e il mondo militare.  
O, meglio, dei pezzi dell’una e dell’altra, a fronte di migliaia di magistrati e di militari che svolgono onestamente il proprio lavoro al servizio dello Stato e della nazione. 
Resta non di meno vergognoso (ma anche altamente istruttivo) il fatto che la difesa dei confini dello Stato debba scontrarsi con l’ostruzionismo o l’aperta ostilità di altri pezzi dello Stato.  
Che dire, per esempio, delle continue esternazioni di ammiragli in servizio che si permettono di insultare il governo in carica da cui, in teoria, dovrebbero prendere ordini? Ma queste sono solo le punte dell’iceberg. L’apparato è profondo e ramificato. A volte fa resistenza per ideologia, altre volte semplicemente per protervia corporativa. Pensiamo a tutta la rete tessuta per anni (legittimamente, per carità) da Minniti al Viminale, per esempio. Che tipo di libertà può avere Salvini, se scende ogni giorno in campo con una squadra che gioca un’altra partita? E chissà che gli aspetti più anarcoidi e informali della comunicazione salviniana non nascano anche dalla necessità di svincolarsi da questa gabbia. Ma di esempi se ne potrebbero fate tantissimi: gran parte del nostro mondo diplomatico, quasi tutte le burocrazie ministeriali etc. 
 
Qualche appassionato di storia si ricorderà che, a un certo punto, Benito Mussolini si mise in testa di governare con i soli direttori generali dei ministeri: con la scusa della guerra mandò i ministri al fronte e mise alle sue dipendenze direttamente gli uomini ombra, con i tecnici, quelli che realmente tengono in mano le leve del potere.  
Una sorta di tecnocrazia a forte guida politica, che in realtà aveva proprio l’intenzione di stanare la tecnocrazia implicita, nascosta.  
Durò poco, ma l’esperimento testimonia di come anche un governo con poteri smisurati, rispetto agli esecutivi odierni dovette fare i conti con il problema (e gli esiti del regime e della guerra testimoniano che forse quella battaglia non fu vinta neanche allora).  
Figurarsi come può andare oggi, con un governo che, peraltro, alcuni nemici nei posti chiave se li è messi da solo: pensiamo ad alcuni ministri importanti, per esempio.  
O a uomini di punta dei due partiti di governo apertamente legati a oligarchie, anche straniere. 
Il cammino dei gialloverdi, insomma, è in salita.  
Ma la cosa ci consegna alcune lezioni precise per il futuro:  
 
A) La democrazia, come strumento di cambiamento, è sopravvalutata. Una volta “arrivati al potere” (cioè, in realtà, al governo, che non è affatto la stessa cosa) non si è ancora neanche lontanamente vicini a poter “cambiare le cose”;  
B) Qualsiasi partito o movimento che ambisca a governare una nazione in senso diverso da quello indicato dalle oligarchie deve dotarsi di propri quadri tecnici e burocratici, per non affidarsi, ove possibile, agli uomini dell’apparato;  
C) Il modo migliore per sfidare il potere è aver già costituito un contropotere, in particolar modo in ambito finanziario e metapolitico, in modo da avere le risorse per non dipendere dal sistema che si vuole cambiare.  
 
Chi di dovere prenda nota, se il cambiamento che ha in testa non vuole essere una burla. 
Licenza Creative Commons  14 Settembre  2018
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