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Alla scuola italiana di casablan
 
Alla scuola italiana di casablanca un esempio di vera integrazione 
di Ninni Raimondi
 
Il 14 settembre scorso, presso la Scuola Italiana di Casablanca «E. Mattei», un picchetto di Nave Durand de la Penne della Marina Militare Italiana, in sosta presso il porto marocchino, ha reso gli onori delle armi ai caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, ricordati da un cippo posto nel cortile della Scuola sul quale campeggia la scritta «non animum mutant qui trans mare currunt». 
Gli studenti delle medie, del liceo e dell’istituto tecnico di questa nostra Scuola in terra straniera, in larga maggioranza marocchini, inquadrati come un reparto militare hanno assistito in rigoroso silenzio non disdegnando di intonare l’inno d’Italia, il canto che, appunto in quanto inno nazionale, dovrebbe essere caro ad ogni italiano (indipendentemente dalle pur fondate polemiche sulla sua origine). 
Nel guardarli mi sono commosso e incazzato allo stesso tempo. Commosso perché da dei giovani tra gli 11 e i 18 anni non ti aspetti una simile partecipazione caratterizzata da disciplina e senso dell’onore; incazzato perché questi sono in maggioranza marocchini (molti rientrati nel loro paese dopo aver lavorato nel nostro), ai quali non è richiesto l’amor di patria per la nostra Nazione che non è la loro, eppure, alle prime note del nostro inno è venuto loro spontaneo accennare una posizione di «attenti» e in molti hanno intonato «Fratelli d’Italia», proprio come se fossero italiani per il solo fatto di essere stati in Italia alcuni anni e di frequentare una Scuola, quella italiana di Casablanca, intestata al grande Enrico Mattei, che, evidentemente, ha saputo trasmettere la sana italianità, quella del nostro giobertiano primato sociale E CIVILE … questa è l’integrazione! 
 
I lucciconi agli occhi hanno cominciato a farsi consistenti e stavo concentrandomi per evitare che diventassero lacrime che solcano le guance, quando il dolce sentimento di amor patrio si è inceppato tramutandosi in incazzatura: mi è venuta in mente la meschina immagine di Roberto Fico, terza carica dello Stato, che ascolta l’inno d’Italia con le mani in saccoccia, la giacca sbottonata e un’aria scanzonata quasi a dire «ma sì, mo me tocca anche questa pantomima». 
 
Fico!  
Terza carica di questo Stato bistrattato da una masnada di ignoranti, quel centinaio di studenti, in maggioranza marocchini, intonando l’inno d’Italia, vi ha spernacchiato per quei cialtroni che siete. 
Licenza Creative Commons  28 Settembre 2018
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