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Magneti Marelli: La svendita
 
Magneti Marelli: l’inaccettabile svendita dell’alta tecnologia italiana 
di Ninni Raimondi
 
Magneti Marelli, una storica e grande azienda italiana che opera nei sistemi di alta tecnologia per il settore automotive, nell’era della transizione energetica e nel mercato più innovativo e promettente della cosiddetta green economy, da oggi non e’ più di proprietà italiana. Magneti Marelli è stata venduta da FCA  a Calsonic Kansel,  un concorrente giapponese, a sua volta controllato dal fondo americano KKR. Anche se bisognerebbe capire bene quanto FCA sia ancora e in che misura italiana. I mercati applaudono, i sindacati pure, i media esultano. Il governo tace e le politiche industriali restano esercizi retorici. La Strategia Energetica Nazionale del 2017 ha delineato le linee guida per la  transizione energetica italiana, ovvero la crescita costante della generazione elettrica da fonti rinnovabili e lo sviluppo della mobilità elettrica, ma in assenza di una politica industriale coerente con gli obiettivi di crescita, il grande ed epocale cambiamento verrà realizzato con tecnologie, impianti e componenti importanti, o fatti in Italia sino a quando i nuovi proprietari non decideranno di delocalizzare la produzione. D’altra parte, la storia un po’ insegna, il primo boom degli impianti rinnovabili è stato sovvenzionato dagli incentivi pubblici per realizzare impianti fotovoltaici e eolici fatti con pannelli solari e pale eoliche per niente italiani e molto global: tedeschi, americani, cinesi, spagnoli. E la storia un po’ purtroppo si ripete: chi produce le auto elettriche e le colonnine per la ricarica elettrica che si stanno installando in tutta Italia? 
La Magneti Marelli nasce 100 anni fa, nel 1919, dall’accordo  tra la FIAT e la Ercole Marelli, a Sesto San Giovanni, producendo magneti destinati all’aviazione e ai motori a scoppio per auto e moto. Magneti Martelli oggi è un fornitore globale di prodotti, soluzioni e sistemi ad alta tecnologia per il mondo automotive. La sede centrale è in Italia, a Corbetta (Milano). La società ha nel 2017 un fatturato di 8,2 miliardi di euro, circa 43mila addetti (di cui oltre 10mila in Italia), 85 unità produttive, 15 centri R&D, ed è presente in 20 Paesi.  Magneti Martelli fornisce tutti i maggiori produttori del settore automotive in Europa, Nord e Sud America e Asia  con  diverse aree di business: sistemi di illuminazione; quadri di bordo, infotainment & telematica; sistemi controllo motore benzina, diesel e multifuel; sistemi ibrido-elettrici e componenti, trasmissioni; sistemi sospensioni, ammortizzatori; sistemi di controllo dinamico del veicolo;  sistemi di scarico, convertitori catalitici, silenziatori;  sistemi elettronici ed elettromeccanici specifici per le competizioni con leadership tecnologica in Formula,  MotoGP e Superbike. 
 
FCA ha venduto Magneti Marelli a Calsonic Kansel, società del settore automotive nata in Giappone per un valore di 6,2 miliardi di euro, puntando, così scrivono nel comunicato  “a creare un leader indipendente della componentistica automotive. L’operazione rappresenta un’opportunità unica di combinare due business di successo per creare uno dei principali fornitori mondiali indipendenti di componenti automobilistici, con un fatturato complessivo di 15,2 miliardi di euro (1.975 miliardi di yen). L’integrazione è un passo decisivo verso l’ambizione strategica di entrambe le aziende di diventare un fornitore di primo piano, diversificato a livello globale. L’azienda combinata sarà meglio posizionata per servire i suoi clienti in tutto il mondo grazie alle sue più grandi dimensioni, alla sua forza finanziaria e alla natura altamente complementare delle loro linee di prodotti e della loro presenza geografica. La nuova entità opererà su quasi 200 impianti e centri di ricerca e sviluppo in Europa, Giappone, America e Asia-Pacifico”. E, come mercato comanda, il titolo Fca vola in avvio di scambi a Piazza Affari, segnando +6,55% a 14,35 euro in scia alla cessione. Le società “garantiscono”, nei vari comunicati, la volontà di mantenere le attività in Italia,  livelli occupazionali, e l’attuale sede a Corbetta, in provincia di Milano, creando uno dei dieci maggiori fornitori indipendenti nella componentistica per automotive al mondo. E così anche il sindacato sembra contento: per  il segretario generale Fim Cisl, Marco Bentivogli, la cessione rappresenta una “grande occasione di crescita” , ma vigilerà, e in una  nota  “l’operazione consente di crescere e raddoppiare l’economia di scala di Magneti Marelli fino a 15,2 mld di dollari. Per diversi anni, almeno cinque, manterrà la nuova società come fornitore e la sede a Corbetta (Milano), che resterà l’head quarter del Gruppo per l’Europa”. Per diversi anni, almeno cinque.. a buon punto intenditore. Non una spada di Damocle ma una Katana giapponese. 
 
I commenti dei protagonisti sembrano relativi a una fusione, ma è una cessione. FCA vende la Magneti Marelli al competitor Calsonic Kanser, azienda giapponese con sede a Saitama in Giappone. Che è un produttore globale di una linea completa di componenti automotive specializzato in sistemi per il controllo termico, sistemi di scarico, interni ed elettronica con un fatturato di 7,6 miliardi di euro, 22.678 dipendenti, presente con 30  stabilimenti produttivi e 9 centri di sviluppo in 15 Paesi. Calsonic Kanser, e’ il nuovo proprietario; consiglio di amministrazione e management risponderanno alla proprietà giapponese, prenderanno le decisioni strategiche e operative coerenti agli interessi del nuovo azionista. Da qui a breve, la formalizzazione tecnica dell’accordo e’ prevista nel 2019, esattamente a un secolo dalla nascita della Magneti Marelli, FCA sarà solo un cliente. Un vero grande peccato che in un settore così importante come quello dell’automotive,  l’Italia perda il controllo di un attore certamente tecnologico e strategico, che forse avrebbe potuto catalizzare le tante capacità di innovazione e sviluppo. Soprattutto adesso che il mercato delle auto elettriche sembra, dopo tanti anni di limbo, dare segnali di forte sviluppo. Nel mondo, negli ultimi sei anni, le vendite di auto elettriche sono passate da 122 mila (2012) alle attese 1,6 milioni (2018). Entro 20 anni si punta ad avere 600 milioni di vetture elettriche in circolazione in tutto il mondo. Baic, azienda pubblica cinese, punta a produrre entro il 2025 il 100% di auto solo elettriche, Volkswagen e Mercedes puntano a un quinto o a un quarto della produzione entro il 2025. Tesla Model 3 negli Usa è già diventata la premium compatta più venduta, e le sue vendite superano quelle di tutte le concorrenti sommate. Uno dei limiti alla crescita del mercato, forse il più importante, è dato dalle batterie, sia per le loro performance che per la loro disponibilità. Mancano batterie per soddisfare la domanda di auto elettriche a livello mondiale. E il capitale della Magneti Marelli, la più storica e rappresentativa impresa nazionale del settore, passa in mano giapponese, meglio dire nippoamericana, in una fase del mercato in piena espansione: entro  il prossimo decennio il valore della domanda  di batterie per auto elettriche  è stimato intorno ai 250 miliardi di euro. 
 
L’idea di creare un polo nazionale sembrava probabilmente troppo poco global, forse ricordava i tempi della ricostruzione industriale. Ma anche la più moderna possibilità di creare una Gigafactory italiana avrebbe richiesto troppo impegno pubblico. Eppure in questo mercato attuale e soprattutto del futuro, con  pochi produttori soprattutto orientali, Tesla con le Gigafactory 1 e 2 mira ad arrivare a 60 gWh l’anno entro la fine del 2018, la cinese CATL punta ad arrivare a 50 gWh annuali entro il 2020, la tedesca Daimler dopo aver annunciato nel 2016 l’apertura di una fabbrica da 540 milioni di dollari in Germania è intenzionata a investire  altri 740 milioni per un nuovo impianto in Cina. E la svedese   Northvolt, guidata da due ex dirigenti Tesla, progetta di produrre in Scandinavia batterie per una capacità totale di 32 gWh entro il 2023, grazie ad un investimento della Banca Europea per gli Investimenti  da 52,5 milioni di euro. La Northvolt sarà la Gigafactory europea, una grande fabbrica svedese di batterie che nei prossimi anni competerà con cinesi, americani, giapponesi nell’approvvigionamento di materie prime, nelle innovazioni di prodotto e di processo per la creazione di batterie per auto elettriche e nella filiera del nuovo settore automotive. Non mi sembra che ci sia molto da applaudire per la vendita della Magneti Marelli. Se non si costruirà rapidamente una politica industriale italiana, c’è un destino nazionale da grande acquirente.  
Pensiamo a un futuro da grandi produttori. 
Licenza Creative Commons  23 Ottobre  2018
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