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Mediterranea: Missione flop
 
Mediterranea: nuova missione, nuovo flop. Ancora zero immigrati salvati dai centri sociali 
di Ninni Raimondi
 
Seconda missione per lo “scalcagnato” carrozzone composto da centri sociali e umanitarismo vario. Il primo novembre, il rimorchiatore Mare Jonio della piattaforma Mediterranea riparte dal porto di Palermo in direzione zona “ricerca e salvataggio” della Libia, dopo un tour di crowfunding che ha visto come portavoce principale Michela Murgia, nota per aver ideato il grottesco “fascistometro”. 
Cosa non si fa per fare un po’ di promozione al proprio libro appena pubblicato, con 75 anni di ritardo. 
A bordo di Mare Jonio, oltre ai soliti antagonisti con velleità da salvatori, il capitano della ONG spagnola Proactiva Open Arms, Riccardo Gatti, una rappresentanza della ONG tedesca Sea Watch, il deputato Erasmo Palazzotto con un invidiabile record di assenze in Parlamento (75,64%) e gli immancabili giornalisti di Avvenire e Repubblica. 
 
“Buon vento” ha augurato da brava Matria la Murgia, il giorno della partenza. La iattura perfetta che preannuncia una tempesta perfetta. 
Purtroppo gli esperti marittimi della Mare Jonio non avevano consultato le previsioni meteorologiche prima della partenza dall’Italia. Mai sfidare Poseidone. 
Per evitare che il vetusto rimorchiatore finisse sul fondo del Mediterraneo, la combriccola si rifugia a Lampedusa. 
Per ingannare il tempo, il giornalista Nello Scavo di Avvenire ha scritto un’inchiesta sui servizi igienici costruiti e mai entrati in funzione sul molo dove vengono sbarcati i migranti. L’ispiratore della costruzione è stato il medico protagonista di Fuocammare, Pietro Bartolo, che ha denunciato l’ennesimo spreco italiano. 
Dopo due giorni di fermo obbligato, Mare Jonio riprende la rotta verso la Libia, spegnendo tempestivamente il transponder appena lasciate le acque lampedusane.  
Come ormai prassi verificata, i trafficanti si sono precipitati al lavoro stipando, sui soliti barconi, centinaia di migranti. Dalle coste di Zuwara, sono partiti quasi contemporaneamente quattro gommoni, tre salvati dalla Guardia Costiera Libica e uno dalle autorità di Malta. 
Scoppia la tragedia a bordo della nave dei centri sociali.  
Gli umanitari tornano nuovamente a ipotizzare un complotto organizzato contro la loro missione di salvataggio migranti, non spiegandosi come sia possibile che nessun “prezioso carico di esseri umani” (citazione Roberto Saviano) sia stato ancora recuperato. 
 
Il 7 novembre, Fabio Tonacci di Repubblica titola “I salvataggi fantasma che non arrivano alla Mare Jonio”, nel quale afferma che nessun allarme distress (barca alla deriva) è stato diramato dai Centri di Coordinamento Marittimi attraverso i canonici canali radio. Sconvolta dalle 469 possibilità sfumate (numero totale dei migranti salvati dai libici e dai maltesi il 6 novembre), la ciurma vira mestamente e fa rotta, con le stive vuote, verso Lampedusa (il tracciamento è stato possibile con i dati satellitari). 
Gli inconvenienti tuttavia non si concludono con l’arrivo in porto. 
Nello Scavo, nel suo articolo “Nuove stragi in mare, blackout sulle chiamate di soccorso” svela un importante particolare riguardo al modus operandi della missione Mediterranea: “Ieri nel corso della navigazione Mediterranea ha avuto notizie non ufficiali circa la presenza di due barconi salpati dalle coste libiche di Zuara”. Da chi ricevono “pizzini ufficiosi” gli umanitari? Chi li avverte della partenza dei barconi dalle coste libiche? 
 
Domande alle quali Scavo ha preferito non rispondere chiaramente, giustificando che a bordo della nave erano presenti parlamentari italiani e chiedendo se fosse reato “avere fonti non ufficiali nei servizi segreti”. Un’altra domanda ha trovato finalmente una risposta, dopo anni di menzogne divulgate dalle ONG che hanno traghettato migliaia di immigrati irregolari in Italia. 
Le navi umanitarie spengono volutamente il transponder in zona SAR libica. 
Ad ammetterlo candidamente Nello scavo, chiedendosi se fosse illegale. 
 
Sì, sedicenti umanitari che avete fatto il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese, spegnere il trasponder è illegale e altresì pericoloso per la sicurezza della navigazione. 
“Il transponder deve essere sempre mantenuto acceso per le unità di grandi dimensioni, sia in fase di manovra che all’ancora, interfacciandosi con i centri costieri di monitoraggio del traffico. Il sistema di tracciamento può essere disattivato a discrezione del comandante in caso di pericolo imminente o di minaccia per la sicurezza, come in ambienti con alto tasso di pirateria. Lo spegnimento deve essere comunque registrato nel diario di bordo, poiché la disattivazione AIS rende impossibile il tracciamento della nave, specialmente in grandi specchi d’acqua”. 
Quindi chi volutamente disattiva il trasponder è in zone ad alto tasso di pirateria, o è lui stesso il pirata. 
Licenza Creative Commons  9 Novembre  2018
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