Questo Sito non ha fini di lucro, né periodicità di revisione. Le immagini, eventualmente tratte dal Web, sono di proprietà dei rispettivi Autori, quando indicato.  Proprietà letteraria riservata. Questo Sito non rappresenta una Testata Giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto non può essere considerato, in alcun modo, un Prodotto Editoriale ai sensi e per gli effetti della Legge n.62 del 7 Marzo 2001.
 
 
Scarica il PDF della situazione
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
 
I furbetti del cartellino
 
I furbetti del cartellino restano impuniti. I licenziati sono meno di 4 su 100 
di Ninni Raimondi
 
L’assenteismo dell’esercito dei furbetti del cartellino è una piaga del pubblico impiego e del sistema-Italia. Da anni, i governi che si sono avvicendati hanno cercato di affrontare questo malcostume congenito del lavoro statale. Da ultima ma non meno importante, il ministro per la Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, con il suo ddl Concretezza, ha annunciato rilevazioni biometriche e videosorveglianza per stanare i fannulloni. 
Ma qual è la reale portata del fenomeno? E soprattutto: si fa abbastanza per contrastarlo? Secondo quanto emerge dai dati pubblicati dalla Stampa no, visto che i “licenziati per motivi disciplinari sarebbero meno di 4 su 100”. 
Il focus, che si basa sulla rielaborazione dei dati grezzi raccolti dall’Ispettorato della funzione pubblica e sugli interventi di qualificati specialisti, certifica che il numero dei licenziati per motivi disciplinari sul totale dei dipendenti pubblici è davvero marginale: uno ogni 10mila nel 2017 (0,009%). Mentre la percentuale dei procedimenti disciplinari che si chiudono con l’allontanamento del lavoratore è stata del 3,77% nello scorso anno. 
 
Secondo lo staff della Bongiorno, “metà dei lavoratori è incline a farsi gli affari propri“, quindi gli assenteisti sarebbero circa il 50% del totale. 
Un dato ovviamente non condiviso dai sindacati. “Mi attengo ai dossier, dai quali deduciamo che l’assenteismo non è una piaga così diffusa e men che meno eclatante”; ha detto Florindo Oliverio, responsabile nazionale della contrattazione enti pubblici per la Cgil. 
In ogni caso i furbetti, una volta pizzicati, se la passerebbero liscia in quanto “la maggior parte dei procedimenti terminano con provvedimenti soft o archiviazione”. 
Andando ad analizzare i dati, poi, emerge che nei Comuni si licenzia meno che all’Università: nel primo caso la percentuale è meno del 2% dal 2013 a oggi, mentre nel secondo la media è del 7,5%. Secondo Luca Failla, giuslavorista e fondatore dello studio Lab/Law di Milano, “i licenziamenti nel pubblico sono bassi perché la sensibilità di un manager pubblico in materia è inferiore a quella di un privato”. E conclude: “Ministeri, atenei, municipi se hanno sospetti si rivolgono a carabinieri e alle Procure. Ma poi il processo impaluda i tempi e offre alibi ai funzionari inerti”. 
Per rendere l’idea, basta un caso eclatante, quello della “retata di Sanremo” del 2015, che ha portato sotto inchiesta 200 dipendenti su 470. Ebbene, a distanza di tre anni sono stati 32 i licenziati in via definitiva, 23 dei quali hanno fatto ricorso, e uno è stato addirittura reintegrato. 
 
Insomma, d’accordo stanare i furbetti, ma poi questi statali vanno anche puniti. Anche perché l’assenteismo – complice l’eccessiva sindacalizzazione dei rapporti di lavoro tra Stato e dipendente pubblico – a tutt’oggi sembra essere quasi favorito da quella sensazione di impunità che serpeggia tra gli statali, viste le scarse misure disciplinari. 
Licenza Creative Commons  27 Novembre  2018
2013
2014
2015
2016
2017
2018