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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
 
Siria, l’Italia s’è desta
 
Siria, l’Italia s’è desta e (forse) riaprirà l’ambasciata 
di Ninni Raimondi
 
“Stiamo lavorando per valutare se e in che tempi sia necessario” riaprire l’ambasciata in Siria.  
Così il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, a margine del suo intervento all’Accademia dei Lincei, ha ufficialmente aperto uno spiraglio a lungo atteso e sul nostro giornale auspicato.  
Il governo italiano dunque inizia a muoversi seriamente in politica estera. Di per sé si tratta già di una novità, perché tolti alcuni incontri bilaterali e le consuete strette di mano tra premier, finora il piano delle relazioni internazionali sembrava fosse relegato a un di più tutto sommato trascurabile. La necessità di riattivare la sede diplomatica in Siria, tecnicamente mai chiusa ma di fatto inattiva e senza ambasciatore dal 2012, è invece quantomai evidente soprattutto adesso che gran parte della Repubblica araba è tornata a godere di stabilità politica. 
“Naturalmente è molto importante che la situazione in Siria vada verso prospettive più normali.  
Non c’è stata un’accelerazione in questo senso”, ha specificato Moavero a riguardo. In realtà però l’accelerazione c’è stata eccome, se non altro perché finalmente il governo italiano, come ammesso dal ministro degli Esteri, sta lavorando a questa possibilità. Certo, potremmo ancora una volta notare (come spesso abbiamo fatto sul Primato) che l’Italia non avrebbe mai dovuto lasciare la postazione in Siria, se non altro in virtù dei nostri interessi e della storica amicizia che ci lega alla nazione governata da Assad. Prima dello scoppio della guerra non a caso eravamo il primo partner europeo della Repubblica araba, con 70mila italiani che lavorano in loco. 
Adesso dovremmo ricominciare da capo, cercando di riacquistare quella credibilità perduta in questi anni.  
Non è un lavoro da poco, ma è comunque fondamentale e da avviare al più presto. A prescindere dalle critiche, che non tarderanno, da parte dei soliti strateghi del pacifismo. “Avere ambasciate nei Paesi per noi resta una priorità importante”, ha detto giustamente Moavero. “Il punto essenziale è che, essendoci stata una guerra terribile e la situazione è ancora instabile, noi dobbiamo procedere verso una situazione più normalizzata in maniera da riaprire pienamente la nostra sede diplomatica”, ha poi sottolineato il ministro degli Esteri. Per questo, secondo Moavero, “l’Italia riflette sull’opportunità di riaprire ambasciate in generale là dove sono state fisicamente chiuse, su un piano ad ampio raggio. La riflessione sul quadro specifico siriano è totalmente dipendente dall’evoluzione della situazione in questo Paese”. 
 
Ecco, la situazione in Siria è già propizia, non c’è alcun motivo per tergiversare e non ci sono ragioni valide per continuare ad allinearci a chi gode dell’instabilità in Medio Oriente, se non perdere per l’ennesima volta l’occasione di avere una voce in capitolo e farci “soffiare” da altri il ruolo che ci spetta.  
Il caso libico dovrebbe insegnare. 
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