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I 5 libri per “ragazzi” che sono
 
I 5 libri per “ragazzi” che sono in realtà da uomini (veri) 
di Ninni Raimondi
 
Mentre si passeggia tra tavoli di ristoranti a cui sono seduti bambini ipnotizzati da schermi blu o si passa davanti a parchetti in cui i pre adolescenti sono già vestiti e conciati come trentenni, diventa difficile far tornare alla memoria il concetto che un tempo l’infanzia esisteva davvero e che, addirittura, esisteva un’intera letteratura dedicata solo ai ragazzi, alla loro crescita morale ed intellettuale.  
Spesso si tratta di grandi autori “piegati” alla letteratura per giovani, altre volte si parla di scrittori così intelligenti e talentuosi da aver elaborato dei libri talmente belli, seppur dedicati ad un pubblico infantile, che è un piacere leggerli e trarne ancora conclusioni quando l’età dell’innocenza è passata da molti lustri.  
Questa top five parla dei cinque libri che sotto le “mentite spoglie” della letteratura per ragazzi sono, in realtà, libri che possono ancora crescere uomini. 
 
5) “Peter Pan e Wendy” di James Matthew Barrie 
Si parla di “sindrome di Peter Pan” quando si parla di qualcuno che rifiuta di crescere. Eppure, i “bimbi sperduti”, la gang guidata dal Peter Pan sull'”Isola che non c’è” sono più coraggiosi della maggior parte degli adulti. Tanto per cominciare, rispetto alla resa disneyana del 1953, gli orfani che non vogliono crescere e i pirati guidati da Giacomo Uncino (ancor più terrificante e ancora più arguto nel libro rispetto, appunto, alla maschera tragicomica che ne è stata tratta nel cartoon) hanno dei veri e propri scontri  a sangue che lasciano indietro morti e feriti. E poi Peter è in fondo un egoista e non solo perché è stato abbandonato dalla madre: non esprime altro che i sentimenti degli adulti, che spesso sono “bassi”, senza alcuna censura. Il concetto di “abbandono” della famiglia da parte di Wendy e dei giovani fratelli Darling nel libro è significativamente espresso, spesso con frasi che hanno dell’ineluttabile. Peter Pan non parla solo di fantastiche avventure tra frate e sirene: parla di crescita, invita a gettarsi nelle avventure per distaccarsi dal proprio nido sicuro. Fino anche al rischio della vita. Sarà il personaggio di Peter, infatti, messo di fronte alla scelta di condurre una nuova impresa spericolata, a dire: “Morire sarà la più grande delle avventure”. 
 
4) “La guerra dei bottoni” di Louis Pergaud 
Quando questo libro fu scritto dall’autore francese il “gioco della guerra” era ancora il passatempo più bello. A Longeverne, il paese di campagna immaginario in cui è ambientato il libro, i ragazzi combattono a calci, pugni, bastoni e sassi contro i rivali di Velrans. Motivo del contendere i preziosi bottoni, che diventano bottino di guerra di ogni scontro. Siamo nella Francia rurale della fine dell’Ottocento: i vestiti sono pochi e un simile furto equivale alla massima umiliazione. Anche la pazienza delle madri e dei padri è poca, infatti spesso gli eroi di Longeverne si ritrovano a prenderle di santa ragione, o ad essere puniti con il lavoro nei campi. Ma la loro guerra “sotterranea” procede, tra escamotage bellici e gesta eroiche: qualcuno di loro riesce persino, nonostante la giovane età, a scorgere nel “nemico” dei pregi che mutano il semplice odio in rispetto. Gli adulti sono spesso solo simbolo di castighi, sembrano personaggi tutti dedicati ai bisogni materiali, che hanno dimenticato l’infanzia. Non a caso, la frase emblematica, pronunciata da uno dei guerrieri dei bottoni è riferita ai “vecchi”: “E dire che quando saremo grandi, diventeremo anche noi bestie come loro“. 
 
3) “Capitani coraggiosi” di Rudyard Kipling 
“Quando il capitano è coraggioso la morte non vi può toccare”: questa è la frase da cui l’autore inglese avrebbe tratto il titolo del suo romanzo il cui protagonista, un quindicenne viziato e ricco, si ritrova dopo un naufragio a rimanere solo su una nave di pescatori rudi e sbrigativi guidati da Disko Troop. Qui imparerà la durezza della vita dei marinai e le regole che gestiscono il mondo degli uomini. A poco a poco si farà grande in un mondo di dinamiche arcaiche e virili, fuori dal vivere “civile” e lontano dalla terraferma. I marinai saranno i suoi padri, quelli che lo faranno diventare uomo, insegnandogli a superare le difficoltà della vita sulla nave e la saggezza dei silenzi. E’ quello che banalmente potremmo definire un “romanzo di crescita”. D’altronde Kipling di opere di questo filone ne sapeva qualcosa, è in fondo l’autore del, forse più celebre, “Libro della giungla” e di “Kim”, storia di un orfano che cresce nel teatro della Grande guerra. Ma “Capitani coraggiosi” con i suoi canti marinari e l’ambientazione cruda e realistica rimane nella sua brevitas il più commovente. Il protagonista, Harvey, riabbraccerà la sua famiglia come un uomo. 
 
2) “I ragazzi della via Pàl” di Ferenc Molnar 
Ambientato a Budapest nel 1889 è forse uno dei libri più famosi per l’infanzia e come per “La guerra dei bottoni” i protagonisti di questo libro sono due bande antagoniste di bambini: quelli della via Pàl e quelli delle “Camicie rosse”. Entrambe sono capitanate da due ragazzi saggi, misurati e coraggiosi. Quelli della via Pàl hanno il loro capo in Boka mentre le “camicie rosse” lo hanno in Feri Ats. Tra furti di bandiere, battaglie e tradimenti i ragazzi dei due schieramenti conosceranno il coraggio, la condivisione, la giustizia. Molnar dipinge i “suoi” bambini come dei veri condottieri, degli eroi tragici: è impossibile non prendere sul serio il loro conflitto. Nei loro cuori ogni sconfitta vale la vita e il timore del dolore supera la paura: “La paura se ne andò, volò via, come succede di colpo anche ai veri soldati, nelle vere guerre“, scrive l’autore ungherese a proposito dei loro sentimenti di “battaglia”. Il piccolo Nemecsek da soldato semplice diventa capitano grazie all’estremo atto di eroismo. La fantasia dei bambini, anche quella guerriera, diventa realtà. 
 
1) “Il richiamo della foresta” di Jack London 
Il romanzo di London è storicamente considerato, insieme a “Zanna bianca” come un classico delle letture per ragazzi. Tuttavia, sebbene la componente avventurosa, le corse sui ghiacci, i vecchi indiani e la vita di frontiera alla ricerca dell’oro siano certamente elementi affascinanti per un ragazzo, London probabilmente lo intendeva come un romanzo di formazione sì ma non destinato al pubblico dell’infanzia. Il protagonista è Buck, un enorme cane incrocio tra un San Bernardo e un cane da pastore. Vive beato nella tenuta di un giudice in California quando, proprio a causa delle sue dimensioni eccezionali, viene rapito da due tangheri che lo portano nel profondo Nord per diventare un cane da slitta. Buck conoscerà la violenza, le lotte gerarchiche con i suoi simili e, soprattutto, incontrerà la foresta e i suoi abitanti: da cane domestico riconosce il richiamo ancestrale che la vita dei boschi ha su di lui. L’incontro con un umano, il primo gentile nei suoi confronti, lo renderà un cane fedele e combattivo, “piegato” alle leggi del rapporto tra uomo e cane. Quando anche questo ultimo legame si spezzerà, Buck andrà incontro alla sua natura.  
L'”espediente” stilistico di narrare la storia dal punto di vista del cane lo ha reso un personaggio in cui è possibile identificarsi ma in maniera “antisentimentale” in quanto l’animale non ha legami di affetto, concepisce solo i rapporti di forza e segue il suo istinto.  
Sebbene il protagonista non sia un bambino, la crescita che innegabilmente lascia indietro il calore della protezione e spinge verso la responsabilità e l’indipendenza appare ancora più inevitabile e meravigliosamente raccontata. E London, attraverso il cane Buck, richiama anche nell’uomo il suo istinto di ritorno alla propria natura, all’incontro con le voci dei propri antenati, alle dinamiche del branco. 
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