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I sindacati attaccano il reddito
 
I sindacati attaccano il reddito di cittadinanza: “Scatena guerra tra poveri” 
di Ninni Raimondi
 
I sindacati criticano il reddito di cittadinanza: può scatenare una “vera e propria guerra tra poveri“. 
Cgil, Cisl e Uil, intervenute in audizione sul cosiddetto “decretone”, hanno denunciato “la concorrenza” che rischia di crearsi tra nuovi e vecchi precari dell’Anpal (cioè tra i cosiddetti navigator e i lavoratori storici), ma anche “l’effetto spiazzamento” degli utenti dei centri per l’impiego non beneficiari del reddito che potrebbero passare in secondo piano. 
I sindacati ritengono inoltre “molto grave” la sospensione per tre anni dell’assegno di ricollocazione per i disoccupati ordinari. 
Secondo Cgil, Cisl e Uil, poi, il sussidio fortemente voluto dal M5S ha “una molteplicità eccessiva di obiettivi, in particolare nasce con il duplice scopo di contrastare la povertà e garantire il diritto al lavoro.  
Sebbene questi due obiettivi possano risultare complementari, gli strumenti per raggiungerli, guardiamo agli altri Paesi, non sono univoci, quindi riteniamo che una sola misura non sia in grado di ottenere efficacemente entrambi gli obiettivi”. 
Avendo un carattere “ibrido” tra contrasto alla povertà e misure di politiche attive, il reddito, secondo i sindacati, “coniuga in modo improprio la povertà come criterio di accesso e le politiche attive come interventi previsti”. 
 
Bocciato il requisito per gli stranieri 
“Il requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due consecutivi, è per noi inaccettabile per il profilo di incostituzionalità“.  
Nella memoria che le tre sigle hanno presentato alla commissione Lavoro al Senato, si critica il fatto che il requisito sia “troppo vincolante nei confronti dei cittadini stranieri, iniquo verso l’intera platea di soggetti in condizione di bisogno, a partire dai senza dimora, ed escludente per i possibili ‘emigrati di ritorno‘”, cioè gli italiani che decidono di rientrare dall’estero dopo diversi anni con residenza fuori dai confini nazionali. 
I sindacati ritengono “necessario prevedere che i requisiti non entrino in contrasto con le normative comunitarie che regolano le prestazioni di simile natura”. 
La scala di equivalenza costruita per il reddito, si legge ancora, è “assai ridotta anche rispetto a quella dell’Isee“, e risulta “penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose in particolare se con minori, dato che per questi ultimi il parametro della scala di equivalenza è particolarmente ridotto”. 
I sindacati, quindi, chiedono di riportare “la scala di equivalenza al livello dell’Isee, prevedendo apposite maggiorazioni in caso di presenza di disabili nel nucleo beneficiario”. Inoltre, “chiediamo la determinazione di un importo aggiuntivo a copertura dei costi dell’abitare – si legge nella memoria – poiché il massimale piuttosto contenuto penalizza nuovamente le famiglie numerose con minori”. 
 
Le critiche a quota 100 
Ma i tre sindacati confederati hanno criticato anche la riforma delle pensioni. Secondo loro, quota 100 “non sarà in grado di rispondere in modo omogeneo alle esigenze espresse da molte lavoratrici e lavoratori” perché “costituisce una opportunità per lavoratori con carriere continue e strutturate, ma sarà meno accessibile per i lavoratori del Centro Sud e del tutto insufficiente per le donne, per i lavoratori con carriere discontinue o occupati in particolari settori occupazionali caratterizzati da discontinuità lavorativa, come il settore agricolo o quello dell’edilizia, nei quali raramente un lavoratore raggiunge i 38 anni di contribuzione”. 
“In particolare – hanno spiegato i sindacati – per le lavoratrici è necessario prevedere che il requisito contributivo riconosca la maternità e il lavoro di cura.  
Inoltre, la reintroduzione del meccanismo delle finestre è penalizzante.  
In particolare penalizza e discrimina i lavoratori del settore pubblico, poichè per loro la finestra di accesso alla pensione è di 6 mesi”. 
Licenza Creative Commons  5 Febbraio 2019
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