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Si può parlare di “femminismo di
Si può parlare di “femminismo di destra”? 
di Ninni Raimondi
 
Come periodicamente si presentano sempre nuovi deliri femministi, come l’estremizzazione del MeToo, il no alla depilazione e il no al make up, altrettanto periodicamente ci si chiede se sia corretto o meno parlare di “femminismo di destra” e se lo è, in quale misura. 
Infatti, nell’immaginario collettivo il femminismo è storicamente e strettamente collegato alla sinistra, in quanto essa ha cercato di scardinare le donne dai ruoli di moglie, mamma, domestica; ha proposto le quote rosa; si è battuta, almeno all’inizio, per un ruolo della donna nel mondo del lavoro. 
Tuttavia, le donne a destra esistono e soprattutto, resistono al vento contemporaneo che le vorrebbe tutte ai vertici di aziende quotate in borsa o in Parlamento o a distribuire discutibili inviti a feste con spogliarellisti per la festa dell’otto marzo o, ancora, a gridare sguaiatamente in una piazza generici slogan contro il patriarcato, armate di capelli blu e gambe pelose. 
 
A destra le donne non rivendicano un ruolo in opposizione a quello dell’uomo, ma un ruolo ad esso complementare, nel rispetto della diversità dei ruoli e del genere.  
Peraltro, fermi restando i successi ottenuti dai movimenti femministi dell’Ottocento e del primo Novecento, in tema di diritto al voto, diritto allo studio, diritto al lavoro e alla rispettiva retribuzione anche per le donne.  
La complementarietà, di conseguenza, si presta ad una visione di donna che è sì votata ai figli e alla famiglia, ma è anche votata, allo stesso tempo, alla Patria e quindi, alla politica e al lavoro: un modello di donna, dunque, che non toglie tempo alla famiglia per dedicarsi solo ed esclusivamente a sterili successi lavorativi, ma che, al contrario, è in grado di conciliare la vita lavorativa con quella privata.  
Due perfetti esempi di ciò sono Emmanuela Florino, portavoce politico di CasaPound Napoli, che riesce a conciliare le manifestazioni con la vita familiare, portando suo figlio con sé e Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia, che, sebbene incinta, nel 2016 corse comunque per il Campidoglio. 
Ancora, a destra le donne si dicono contrarie alle “quote rosa” nelle liste elettorali e alla legge Golfo-Mosca, la quale obbliga i consigli di amministrazione delle aziende quotate e pubbliche ad avere una rappresentanza femminile pari almeno ad un quinto.  
In primo luogo, vi è un discorso inerente alla meritocrazia: una poltrona in Parlamento o nel consiglio di amministrazione di un’azienda devono essere meritati.  
 
In secondo luogo, vi è, al contrario di ciò che apparentemente sembra, un problema di discriminazione al contrario: in questo modo si dice alle donne che, poiché da sole non sono in grado di conquistarsi determinati ruoli, arriva una legge in loro soccorso ad offrirglieli.  
In terzo luogo, esiste un discorso che si ricollega alla sfera privata: infatti, nel fare politica o nel ricoprire incarichi dirigenziali le relazioni contano poco, la sfera affettiva viene sacrificata e il privato è archiviato.  
Questo rende la carriera pubblica, per una donna, non inaccessibile, ma sicuramente non interessante.  
Dunque, la maggior parte delle donne possono, legittimamente, non essere interessate a ricoprire determinati incarichi. 
 
In questa ottica, l’uomo, inteso come essere di sesso maschile, non è visto come un soggetto necessariamente violento, misogino, che vuole rubare alla donna il suo spazio vitale, che vuole relegarla solo al ruolo di angelo del focolare: al contrario, l’uomo, come suddetto, è in una posizione di complementarietà.  
Quindi, la sua non eguaglianza alla donna è sua caratteristica fondamentale. 
È dunque corretto parlare di “femminismo di destra” per identificare quelle donne che non si allineano a queste correnti isteriche ed intrise di politicamente corretto?  
 
Non propriamente.  
Sarebbe, infatti, più corretto parlare semplicemente di “questione femminile”, la quale si pone nettamente in contrasto con le assurdità e gli isterismi del progressismo e del femminismo contemporaneo. 
Licenza Creative Commons  8 Febbraio 2019
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