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La lezione dei Parentalia
La lezione dei Parentalia. Onorare i defunti anche all’epoca dei social network 
di Ninni Raimondi
 
Si com’a Pola presso del Carnaro, ch’Italia chiude e i suoi termini bagna”: nel canto IX del Paradiso, Dante ci descrive i confini della Patria. I semicolti che tentano di mistificare finanche l’Eneide, certamente tenteranno di speculare sulle parole di Dante. Non vogliamo, in questi sacri momenti scendere vertiginosamente di livello e occuparci di vergognose dichiarazioni ed empietà da vigliacchi. Dovremmo seguire anzi, per restare in tema, il consiglio che Virgilio proferì a Dante: “Non ti curar di loro ma guarda e passa”, nel guardare però possiamo trarne beneficio, comprendere cioè ciò che noi siamo attraverso il contrasto. 
Il contrasto tra la palude del Pathos, di chi arriva a riconoscere solo le ombre, di chi per sentirsi vivo deve attivare costantemente il defibrillatore emozionale che ormai non rilascia che scariche di livore, di odio, di rancore. Noi opponiamo l’Ethos alla loro palude patetica. Noi ricordiamo i nostri martiri, nostri non in quanto politicamente schierati con noi, come vorrebbero farci credere i cialtroni della sinistra, ma nostri in quanto italiani e fieri di esserlo e per questo, solo per questo, condannati ieri e oggi dagli anti-italiani. L’Ethos che in origine significava “il posto da vivere”. Il posto da vivere per noi con il ricordo dei nostri martiri è l’Italia in tutta la sua interezza. 
L’appartenenza per le genti dalmate e giuliane alla patria Italia sta non certo nel riconoscersi come figli di Annibale ma come figli di Scipione, nella sua complessità è una risposta molto semplice: i neopartigiani oggi come allora hanno tradito Roma per allearsi con Cartagine. 
 
Un rito antichissimo 
Ma proprio nel mese di Febbraio nell’antica Roma vi erano delle Festività in cui si ricordavano i defunti: i Parentalia. Tutti questi riti si facevano risalire addirittura ad Enea, che per primo li aveva insegnati, facendosi carico di onorare l’animo e il ricordo del padre Anchise. Si iniziava dal 13 febbraio, giorno segnato in rosso sul calendario: si ricordavano infatti i 300 appartenenti alla gens Fabia, caduti nella guerra contro gli etruschi (fortunatamente questa stirpe fatale per il destino di Roma non si estinse completamente, grazie ad un rampollo maschio sopravvissuto). 
Ognuno nella sua casa può onorare i propri defunti, ad esempio offrendogli doni (come fiori) o semplicemente dedicandogli un pensiero. Ma sopratutto, nello spirito del mese di febbraio, che era fondamentalmente dedicato alle purificazioni (l’etimo di febbraio si può intendere da februare, cioè purificare), ci si può dedicare a delle pulizie approfondite e consapevoli di sé (ad esempio con docce fredde) e degli ambienti dove si vive (si consiglia l’utilizzo di acqua e sale). Contemporaneamente ci si prepara e si propizia l’arrivo della primavera, cioè il rinnovamento della stagione (e di noi stessi). Può aiutare a sviluppare maggiore sensibilità del particolare momento che si sta vivendo il gettare qualcosa di vecchio. 
 
Nel mondo dei pollicioni e degli smile di facebook, che semplificano la vita e riassumono le emozioni basiche, è importante approfondire, non rimanere ad una vita superficiale e sterile.  
Ricordiamo i nostri martiri, i nostri defunti, con compostezza e raccoglimento.  
Ma nello stesso tempo prepariamoci a far rifiorire la nostra civiltà.  
 
Siamo italiani, i nostri avi sono stati gli antichi romani, non dimentichiamolo mai, siamone degni eredi. 
Licenza Creative Commons  19 Febbraio 2019
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