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Amputarono braccio a capotreno c
Amputarono braccio a capotreno con machete, condannati tre salvadoregni 
di Ninni Raimondi
 
Mentre Milano è ancora scossa per l’uomo ucciso, fatto a pezzi e bruciato da due colombiani alla periferia Nord della città, arriva la notizia della conferma da parte della Cassazione delle condanne per i salvadoregni che nel 2015 aggredirono a colpi di machete due capitreno delle Ferrovie Trenord. 
 
Nessun ravvedimento 
Sono così diventate definitive le condanne a quattordici anni di reclusione per Jackson Lopez Trivino (25 anni) e a dieci anni per il quarantenne Andres Lopez Barraza.  
Un terzo immigrato, José Rosa Martinez, che sferrò materialmente i colpi, era stato condannato a dodici anni in Appello e non aveva presentato ricorso davanti alla Suprema Corte.  
Secondo i giudici i salvadoregni, che in secondo grado avevano già ottenuto uno sconto di pena, non meritano il riconoscimento di attenuanti, “ineccepibilmente negate per la gravità dell’azione delittuosa, delle modalità particolarmente efferate della sua realizzazione”, anche in ragione di “una condotta poco collaborativa e priva di alcun segnale di ravvedimento”. 
 
I fatti 
Ricordiamo cosa successe quella drammatica sera dell’11 giugno 2015 su un treno che viaggiava tre le stazioni di Milano Certosa e Villapizzone.  
Due dipendenti di Trenord, Carlo Di Napoli e Marcello Magagnin, si avvicinarono a un gruppo di sei persone chiedendo loro di esibire un regolare titolo di viaggio.  
Per tutta risposta furono brutalmente aggrediti, prima con calci e pugni, quindi con micidiali colpi di machete.  
Di Marco, che rischiò di morire dissanguato, ebbe un braccio semiamputato, mentre il collega Magagnin riportò serie ferite alla testa.  
Un atto di violenza inaudita e fuori da ogni immaginabile proporzione. 
 
Mara Salvatrucha 
Si scoprì poi che gli aggressori erano membri della temibile gang Mara Salvatrucha (MS-13 la sigla e firma) di cui ho avuto modo di dire raccontando l’ascesa delle bande latinoamericane che hanno messo preoccupanti radici in Italia, a Milano e Genova in misura più rilevante.  
La ferocia di queste gang, importate dal Centro America e dagli Stati Uniti dove pure sono cresciute, è un fatto conclamato.  
Che questa si possa sprigionare con tale facilità nelle nostre città è un’altra realtà con cui dobbiamo fare i conti.  
Parliamo di gente che ti fa a pezzi senza troppi problemi, altro che integrazione; si tratta di smembramento, di corpi, prima ancora che di identità. 
Licenza Creative Commons  3 Aprile 2019
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