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Legalizzazione della cannabis
Legalizzazione della cannabis: drogarsi non è un “diritto” 
di Ninni Raimondi
 
La vendita di cannabis light è un ossimoro, dato che la vulgata becerotta continua a raccontare che “tanto non fa niente”. E se non fa niente per quale motivo viene acquistata e fumata? Il principio attivo denominato delta-9-tetraidrocannabinolo, meglio conosciuto come THC, è presente in quantità inferiori rispetto alla cannabis venduta dagli spacciatori, ma il punto è che risulta comunque ed effettivamente presente nelle sostanze vendute da queste specie di coffee shop italiani.  
Nessuno, poi, può credere alla favola che basteranno questi negozi e questa tipologia di cannabis. È del tutto evidente che il cammino verso l’apertura dei veri negozi venditori di cannabis, in stile Amsterdam, parta da un approccio timido com’è in effetti questo. 
Una volta dato il via al commercio di sostanze stupefacenti, non esiste motivo per arrestarne il processo di divulgazione e vendita, soprattutto se viene pretesto il diritto a drogarsi, nuova frontiera dell’interventismo di Stato per il quale il Parlamento dovrebbe scolpire il nuovo diritto (si badi bene: non libertà) a fare uso delle sostanze peggiori.  
 
E più nocive sono e meglio è, secondo lo stupido ribellismo di coloro che vedono nello sballo una forma di protesta verso il mondo attuale. Una pianta è meglio fumarla che trasformarla in carta, direbbe Greta. Lo spessore è questo. 
 
L’impegno di Salvini 
Il ministro Salvini ha intravisto nei negozi che vendono cannabis light il cavallo di Troia che condurrebbe alla vendita della cannabis vera e propria. La questione della legalizzazione non è di poco conto in quanto non si sa cosa significhi legalizzare una sostanza dato che il codice penale non sanziona colui che si droga, e neanche il ministro dell’Interno ha mai colpevolizzato coloro che utilizzano gli stupefacenti.  
E quindi: lo Stato creerebbe un nuovo monopolio od ogni persona potrebbe coltivare un certo numero di piante in casa propria? Chissà! Drogarsi non è reato ma configura reato lo spaccio. Direte che è una contraddizione in termini: posso drogarmi ma nessuno può vendermi la droga. È esattamente così e non è detto che possa esser trovato un punto di equilibrio migliore dell’attuale, ossia di uno Stato che non fa la morale e dunque non ci impedisce di danneggiarci come meglio crediamo ma che, al contempo, vieta la vendita di sostanze nocive. 
Matteo Salvini ha incontrato negli ultimi giorni varie associazioni di recupero di tossicodipendenti che hanno evidenziato come l’utilizzo delle così dette droghe pesanti passi sempre e inevitabilmente dall’utilizzo di quelle cosi dette leggere. Mantenendoci quindi su un piano logico, risulta insensato predisporre negozi dove si può acquistare e consumare cannabis, light o no poco importa, essendo proprio questa il ponte che conduce al consumo di eroina e veleni vari.  
 
Più coerente, a questo punto, sarebbe l’apertura di negozi, interamente gestiti dallo Stato, ove al bancone forniscono sia lo spinello e sia la siringa. Fornire la prima ma non la seconda non ha senso dato che la linea su cui si muovono gli amanti della droga è, come detto poc’anzi, il “diritto a drogarsi”. La valutazione che stiamo qui facendo non si basa su motti strappalacrime come “viva la vita, abbasso la morte”, roba che fa venire voglia di drogarsi senza essersi mai drogati, ma su analisi di ipotesi reali com’è quella riguardante l’esplosione della spesa pubblica sanitaria. 
Abbiamo idea, in un contesto di droghe libere, di quanta assistenza ospedaliera in più servirebbe per soccorrere coloro che, data la facilità d’accesso, entrerebbero in contatto con quelle sostanze? Una soluzione potrebbe essere un’assicurazione all’americana: chi vuol drogarsi deve pagare un’assicurazione che gli copra le spese sanitarie derivanti dalla sua particolare attività ludica, poiché costui non può pretendere di pesare sulle spalle degli altri contribuenti.  
Ma pare un’ipotesi inverosimile. Non dimentichiamoci, poi, del genere di turismo che l’Italia attrarrebbe: orde di drogati in vacanza nel Belpaese per potersi strafare in santa pace. 
 
Le castronerie di Saviano 
C’è poi il genio, alla Roberto Saviano, che si batte per la legalizzazione delle droghe leggere perché così si combatterebbe la criminalità organizzata. D’altronde dal 2006, anno d’uscita di Gomorra, nessun governo è mai riuscito a elaborare una strategia così geniale per sconfiggere le mafie: c’era bisogno dell’intervento di Saviano. Ma si tratta della solita retorica progressista per la quale lui, e quelli pallosi come lui, sono sempre un passo avanti e dal futuro inviano suggerimenti. Peccato che lo spaccio delle droghe leggere rappresenti il 10% del mercato della droga, e dunque il restante 90 rimarrebbe nelle mani delle mafie.  
Motivo per cui la legalizzazione della cannabis risulterebbe inutile sotto anche questo punto di vista. E seguendo l’ipotesi di poco fa, ossia della legalizzazione di tutte le sostanze, è facilmente ipotizzabile una controffensiva della criminalità organizzata consistente nella creazione di un mercato parallelo in cui la droga costerebbe assai meno. E lo Stato si troverebbe nuovamente a combattere lo spaccio. 
 
Questo fa parte della retorica ribellistica del mondo progressista che, a corto di idee e proletariato, vorrebbe trasformare la tossicodipendenza in un diritto inalienabile del lavoratore che a fine giornata può pretendere la siringa o la striscia.  
 
Lo facessero fare ai loro figli senza rompere le palle ai nostri. 
Licenza Creative Commons  11 maggio 2019
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