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Variazione dei voti assoluti, un 
Variazione dei voti assoluti, un’altra chiave di lettura 
di Ninni Raimondi
 
Prendendo a riferimento i voti “pre riparto” delle elezioni politiche del 2018, il Partito Democratico avrebbe in realtà guadagnato circa 150 mila preferenze. Ecco perché. 
Le elezioni Europee sono appena concluse, e già dalle prime ore di lunedì abbiamo assistito alle analisi sui flussi di voto:  
 
Quale partito è avanzato?  
Quale ha perso voti?  
Quali segmenti dell’elettorato si sono spostati da una forza politica all’altra? 
 
In particolare questo articolo vuole concentrare l’attenzione sul tema dei voti assoluti ricevuti dai partiti e del confronto con il passato.  
Non esiste infatti un modo univoco per portare un’analisi di questo tipo.  
Noi stessi, durante la nottata elettorale, abbiamo basato la nostra card sui dati rilasciati dal Ministero dell’Interno, che evidenziano, se raffrontati con quelli delle ultime elezioni politiche, una diminuzione dei voti assoluti per il Partito Democratico. 
Utilizzando un altro approccio, però, possono emergere altre chiavi di lettura.  
 
La legge elettorale per le elezioni politiche italiane, il così detto Rosatellum, ha infatti nel suo sistema di calcolo ed attribuzione dei voti alle liste alcune peculiarità. Proprio sulle nostre pagine spiegammo, a suo tempo, come grazie al sistema misto di voto uninominale e proporzionale fosse possibile per un elettore votare unicamente per il candidato del proprio collegio, senza esprimere una preferenza di lista. 
Quando si fanno raffronti e valutazioni post voto tra il 2018 e il 2019, i voti al solo candidato di partiti non coalizzati alle scorse politiche, come ad esempio il Movimento 5 Stelle, possono essere ragionevolmente sommati senza particolari problemi (è difatti ragionevole pensare che un elettore che ha indicato il voto per il candidato del Movimento 5 Stelle intendesse implicitamente votare anche per il Movimento 5 Stelle stesso). 
Più articolata appare la situazione per i candidati di coalizioni di partiti: nello scenario del 2018, il centrodestra composto da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia, e il centrosinsitra composto da Partito Democratico, +Europa, Civica Popolare e Italia Europa Insieme. 
 
Il Rosatellum prevede che i voti espressi al solo candidato siano ripartiti in maniera proporzionale rispetto alle coalizioni, quindi, per esempio, se in un collegio un candidato sostenuto da due partiti prende 100 voti che non hanno un’indicazione di lista, e un partito prende il 60% dei voti espressi per le liste della coalizione, a quel partito verranno assegnati 60 voti in più, mentre all’altro 40. 
Coerentemente con queste indicazioni, il sito del ministero dell’Interno, segnalando per le Politiche 2018 il numero di voti raccolti dai vari partiti, in merito alle elezioni politiche ha automaticamente assegnato in base a questo principio i voti in più alle singole liste coalizzate.  
Di conseguenza, i voti delle singole liste coalizzate indicati nel sito del ministero sono di più di quelli effettivamente ricevuti. 
Normalmente questo dato è considerato trascurabile, per via del numero relativamente basso di voti di questo tipo (escludendo il voto degli italiani all’estero e la Valle d’Aosta, gli elettori di centrodestra che non hanno espresso una preferenza sono stati 261.904, mentre quelli di centrosinistra 332.587), ma, almeno in alcuni casi, questo dato può essere degno di attenzione. 
 
Europee, i candidati promossi e quelli bocciati: tutti i numeri dei signori delle preferenze 
Tutto quello che c’è da sapere sui candidati italiani eletti in Europa, e i misteri legati a preferenze, pluri-candidature e seggi “congelati”… 
Uno degli aspetti più affascinanti delle Europee è che si tratta di elezioni di portata essenzialmente nazionale in cui è possibile esprimere preferenze per i candidati, come per le elezioni locali. Si tratta infatti di una possibilità che gli elettori hanno tipicamente in occasione delle elezioni comunali (sempre) e di quelle regionali (in quasi tutte le Regioni). 
 
Indice di preferenza 
Un primo risultato interessante dall’analisi di questi voti ci viene dal calcolo degli indici di preferenza.  
Per indice di preferenza intendiamo il rapporto tra voti di preferenza raccolti dai candidati di una lista e i voti totali andati alla lista stessa.  
L’indice di preferenza è interessante perché ci dice quanti sono, in media, gli elettori di un partito che non si limitano a barrare il simbolo della lista ma indicano anche una preferenza esplicita per almeno uno dei suoi candidati: si potrebbe anche definire come un rivelatore di quanta parte del risultato di un partito è attribuibile alla “forza” dei suoi candidati. 
 
FI e FdI i più trainati dalle preferenze, voto senza preferenze per M5S ed Europa Verde 
Tra le liste principali Fratelli d’Italia e Forza Italia sono quelle il cui indice di preferenza è più elevato.  
Possiamo ipotizzare che questo sia dovuto al fatto che si tratta di un voto molto “di appartenenza”, combinato al fatto che entrambi i partiti sono guidati da leader forti (Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni) che tendono a convogliare su di sé la gran parte dei voti di preferenza degli elettori delle rispettive liste.  
Al contrario, liste come Europa Verde e Movimento 5 Stelle sono liste destinatarie di un voto probabilmente più di opinione, basato sulle issues del partito e non sul richiamo dei candidati. 
 
Il mistero dei candidati “congelati” 
Passiamo ora a vedere quanti sono, e chi sono, i candidati italiani eletti in queste elezioni europee. Il grafico successivo ci mostra la ripartizione dei 76 seggi del Parlamento Europeo destinati all’Italia, per ciascun partito e in ognuna delle 5 circoscrizioni. Si noti che in un primo momento saranno solo 73 gli eurodeputati che il nostro Paese manderà a Strasburgo e a Bruxelles, in attesa che si concretizzi finalmente la Brexit – ossia l’uscita del Regno Unito dalla UE. 
 
Gli eletti nelle varie circoscrizioni  
A questo proposito, mentre è ben noto quali siano le circoscrizioni (Nord Est, Centro e Sud) e le liste (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) che vedranno uno dei propri seggi “congelati” fino a Brexit avvenuta, non è ancora del tutto chiaro quale lista si vedrà sospendere un seggio in quale circoscrizione: se per Fratellli d’Italia è certo che il seggio in questione sarà quello del Nord Est, per Forza Italia e la Lega la questione è aperta. Nella nota della Cassazione diffusa qualche giorno fa per spiegare la procedura si parlava di sospensione dei seggi ottenuti con il resto decimale più basso: visto che il secondo seggio di Forza Italia nella circoscrizione Centro risulta essere scattato per un decimale ancora più basso, è probabile che si tratti di quello congelato.  
Tuttavia, quel seggio non è scattato “direttamente” grazie ai decimali, bensì per il ricalcolo finale basato sui seggi deficitari ed eccedentari delle singole liste, e questo potrebbe cambiare le cose: se il secondo seggio di Forza Italia nel Centro non dovesse ricadere nella categoria dei seggi ottenuti grazie ai decimali, sarebbe il sesto seggio della Lega (sempre nel Centro) ad essere congelato, mentre per Forza Italia risulterebbe congelato il secondo seggio ottenuto nel Sud. 
 
I candidati più votati 
Come ho accennato, in queste elezioni il recordman assoluto di preferenze è stato Matteo Salvini. Il leader della Lega ha ottenuto oltre 2,3 milioni di preferenze: al secondo posto, molto staccati, troviamo i leader di Forza Italia e Fratelli d’Italia: Silvio Berlusconi, con poco più di 560 mila preferenze, e Giorgia Meloni, a quota 490 mila.  
A seguire, troviamo sei candidati del Partito Democratico, di cui quattro capolista nelle rispettive circoscrizioni: Carlo Calenda, Pietro Bartolo, Giuliano Pisapia, Simona Bonafè, Franco Roberti, David Sassoli. Chiude la top ten il candidato più votato del Movimento 5 Stelle, la ex “iena” Dino Giarrusso (117 mila preferenze). 
 
Attenzione, però: la classifica che ho appena dato è “drogata” dalle candidature multiple.  
La legge elettorale per le Europee, infatti, consente di presentarsi in più di una circoscrizione (financo in tutte) e alcuni candidati hanno sfruttato questa possibilità per portare più voti possibile alla propria lista.  
 
Se per i casi di Salvini, Meloni e Berlusconi si comprende bene il motivo del loro essersi presentati ovunque (trattandosi di leader molto conosciuti e con una buona copertura mediatica su tutto il livello nazionale), più “misterioso” è il caso dei due pluri-candidati di +Europa, Silvja Manzi e Marco De Andreis, che in tutte le 5 circoscrizioni hanno raccolto in totale solo 15 mila e 2.000 voti rispettivamente.  
Una scelta più “naturale” sarebbe potuta essere la multi-candidatura di Emma Bonino, che nell’unica circoscrizione in cui si è presentata (Italia Centro) ha raccolto oltre 48 mila preferenze. 
 
Circoscrizione Italia Nord Occidentale 
Vediamo ora la situazione degli eletti circoscrizione per circoscrizione. Cominciamo dall’Italia Nord Occidentale (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia). 
Nella circoscrizione che mette in palio più seggi (20) tanti sono i volti nuovi della Lega, che elegge 9 europarlamentari: oltre a Salvini – che presumibilmente rinuncerà al seggio europeo per conservare il suo scranno al Senato – e ai tre rieletti Angelo Ciocca, Marco Zanni e Danilo Oscar Lancini, debuttano a Bruxelles il Consigliere regionale della Lombardia Silvia Sardone (ex Forza Italia), Gianna Gancia (moglie di Roberto Calderoli ed ex Presidente della Provincia di Cuneo), i vicesindaci di Busto Arsizio e Salò Isabella Tovaglieri e Stefania Zambelli, poi Alessandro Panza e Marco Campomenosi (quest’ultimo primo dei non eletti, che dovrebbe subentrare proprio a Salvini). 
Nel Partito Democratico, record di preferenze per il capolista ed ex Sindaco di Milano Giuliano Pisapia (269.657). Le altre due new entry sono l’economista Irene Tinagli e l’Assessore alla politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino, mentre mantengono il proprio seggio gli uscenti Patrizia Toia – al suo quarto mandato consecutivo – e Brando Benifei, al secondo.  
Non riescono invece a riconfermarsi in Europa i piemontesi Mercedes Bresso e Daniele Viotti. 
Anche il Movimento 5 Stelle otterrebbe due seggi nel Nord Ovest, e questi andrebbero alle uscenti riconfermate Eleonora Evi e Tiziana Beghin. Solo terza, quindi non eletta, la capolista Mariangela Danzì. 
Per Forza Italia, gli eletti sono Silvio Berlusconi e l’uscente Massimiliano Salini, ex Presidente della Provincia di Cremona.  
 
Tuttavia, nel caso in cui Berlusconi optasse per una delle altre circoscrizioni in cui è stato eletto (Sud o Isole), al leader degli azzurri subentrerebbe un’altra uscente, Lara Comi (di recente coinvolta nello scandalo per corruzione che coinvolge Forza Italia in Lombardia). 
Per Fratelli d’Italia, che ottiene due seggi, gli eletti sono i deputati Giorgia Meloni e Carlo Fidanza. Qualora uno dei due rinunciasse al seggio a Bruxelles per restare a Montecitorio (oppure la Meloni optasse per un’alltra circoscrizione), subentrerebbe il terzo più votato, Pietro Fiocchi; se rinunciassero entrambi, potrebbe subentrare anche l’uscente Stefano Maullu. 
 
Circoscrizione Italia Nord Orientale 
La Lega è il primo partito anche nel Nord Est (Veneto, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia), dove elegge 7 europarlamentari: dopo Matteo Salvini, nella lista dei più votati figurano l’uscente Mara Bizzotto, Toni Da Re, Paolo Borchia, Alessandra Basso, Elena Lizzi, Marco Dreosto e Rosanna Conte. 
Il Movimento 5 Stelle eleggerebbe l’uscente Marco Zullo e la capolista Sabrina Pignedoli. 
Sono 4 gli eurodeputati assegnati al Partito Democratico: si tratta di due uscenti (Paolo De Castro e Alessandra Moretti) e di due new entry (l’ex Ministro Carlo Calenda e la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elisabetta Gualmini).  
Non sono state rielette le europarlamentari uscenti Cécile Kyenge e Isabella De Monte. 
L’unico seggio di Fratelli d’Italia andrebbe a Giorgia Meloni, ma in caso di rinuncia le subentrerebbe Sergio Berlato.  
Questo seggio, però, è tra quelli “congelati” fino al completamento della Brexit.  
Fuori dai giochi Elisabetta Gardini e Remo Sernagiotto, eletti con Forza Italia nel 2014 e ricandidatisi a questa tornata con il partito di Giorgia Meloni, giunti rispettivamente solo terza e quinto nella classifica delle preferenze. 
Forza Italia, infine, non otterrebbe alcun eurodeputato, in virtù dell’accordo stretto con la SVP: la lista della minoranza germanofona dell’Alto Adige, infatti, ha rieletto l’uscente Herbert Dorfmann, dal momento che quest’ultimo ha superato, di gran lunga, la soglia minima di 50 mila preferenze che le liste rappresentative di minoranze linguistiche devono raggiungere al posto dello sbarramento del 4%. 
 
Circoscrizione Italia Centrale 
Exploit della Lega nel Centro Italia (Toscana, Umbria, Lazio, Marche): dietro Salvini, gli eletti sono il Sindaco di Cascina Susanna Ceccardi, Antonio Maria Rinaldi, l’ex Senatrice Cinzia Bonfrisco, Simona Renata Baldassarre, Luisa Regimenti e – anche qui subentrando al Ministro dell’Interno – Matteo Adinolfi, consigliere comunale a Latina. 
Per il Partito Democratico, che ottiene 4 seggi, si riconfermano gli uscenti Simona Bonafè e David Sassoli. Arriva invece a Bruxelles per la prima volta il Vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio.  
Al secondo posto figura il medico Pietro Bartolo, peraltro unico pluri-candidato dei democratici: nel caso in cui dovesse optare per l’altra circoscrizione in cui è stata eletto (Isole), gli subentrerebbe l’uscente Roberto Gualtieri. Non è stato invece rieletto Nicola Danti, solo sesto nella classifica delle preferenze. 
Il Movimento 5 Stelle si aggiudica anche qui due seggi: uno va all’uscente Fabio Massimo Castaldo, mentre l’altro alla capolista Daniela Rondinelli.  
Non risultano eletti il Sindaco uscente di Livorno Filippo Nogarin, così come gli eurodeputati uscenti Laura Agea e Dario Tamburrano. 
Il seggio assegnato a Fratelli d’Italia – che sorpassa FI in questa Circoscrizione – andrebbe anche qui a Giorgia Meloni, a cui potrebbe subentrare il Sindaco di Terracina Nicola Procaccini. 
Il Presidente uscente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, si aggiudica uno dei due scranni assegnati a Forza Italia, mentre l’altro è assegnato al Sindaco di Fondi Salvatore De Meo. 
Ricordo che in questa circoscrizione un seggio di Forza Italia (De Meo) o della Lega (Adinolfi) sarebbe tra quelli congelati fino al completamento della Brexit. 
 
Circoscrizione Italia Meridionale 
Il partito più votato al Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) è il Movimento 5 Stelle, che elegge 6 europarlamentari: si tratta di 4 uscenti (Laura Ferrara, Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato e Isabella Adinolfi), della capolista Chiara Maria Gemma e di Mario Furore. 
Per la Lega, gli eletti dietro Matteo Salvini sono Massimo Casanova, Andrea Caroppo, Lucia Vuolo, Valentino Grant e Vincenzo Sofo (quest’ultimo solo nella altamente probabile ipotesi in cui il Vicepremier rinunci al seggio europeo). 
Gli eurodeputati eletti dal Partito Democratico sono invece il capolista Franco Roberti e gli uscenti Giosi Ferrandino, Andrea Cozzolino e Pina Picierno. Non vengono invece riconfermati gli uscenti Elena Gentile, Massimo Paolucci e Nicola Caputo. 
Forza Italia elegge invece l’uscente Aldo Patriciello e il capolista Silvio Berlusconi. Nel caso però in cui quest’ultimo opti per una delle altre circoscrizioni, gli subentrerebbe un altro uscente, Fulvio Martusciello. Non vengono invece rieletti Barbara Matera e Lorenzo Cesa. 
Il seggio di Fratelli d’Italia, infine, andrebbe a Giorgia Meloni. In caso di rinuncia di quest’ultima, però, risulterebbe rieletto Raffaele Fitto, ex Presidente della Regione Puglia. 
 
Nessuno dei due cugini Mussolini in corsa ottiene il seggio a Bruxelles: Alessandra Mussolini, eurodeputata uscente per Forza Italia, non è stata eletta in nessuna delle due circoscrizioni in cui era candidata (Centro e Sud), mentre Caio Giulio Cesare Mussolini è solo quinto nella lista di Fratelli d’Italia della Circoscrizione Sud. 
Anche qui un seggio, ancora da stabilire se di Forza Italia (Patriciello oppure, se Berlusconi opta per un’altra circoscrizione, Martusciello) o della Lega (Sofo), è sospeso fino al completamento della Brexit. 
 
Circoscrizione Italia Insulare 
Nelle due Isole (Sicilia e Sardegna) il primo partito è il Movimento 5 Stelle, che elegge Dino Giarrusso e l’uscente Ignazio Corrao, mentre resta senza seggio la capolista Alessandra Todde. 
Due scranni spettano anche alla Lega: si tratta di Annalisa Tardino e, in caso di rinuncia da parte di Matteo Salvini, di Francesca Donato. 
Il Partito Democratico, invece, elegge Caterina Chinnici (già europarlamentare nella legislatura europea uscente) e Pietro Bartolo; tuttavia, nel caso in cui quest’ultimo opti per la circoscrizione Italia Centrale, dovrebbe subentrargli il Sindaco di Nuoro Andrea Soddu. Resta fuori dai giochi l’uscente Michela Giuffrida. 
Per Forza Italia e Fratelli d’Italia sarebbero eletti, rispettivamente, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni o, in loro sostituzione, Giuseppe Milazzo e Raffaele Stancanelli. Dal momento che anche a sua volta Stancanelli è membro del Parlamento, qualora optasse per conservare il seggio italiano gli subentrerebbe, a Bruxelles, il Sindaco di Avola Luca Cannata. Per Forza Italia, non è stato rieletto l’uscente Salvatore Cicu. 
La Sardegna, pertanto, potrebbe non avere nessun europarlamentare qualora Bartolo opti per la Circoscrizione Italia Insulare. 
 
Il “movimento liquido”, una forma politica fallimentare 
La recente nascita del movimento dei “gilet gialli” in Francia ha generato, com’era prevedibile, un analogo e omonimo movimento anche nel nostro Paese. E, se si va a osservarne il programma, qualche punto condivisibile c’è anche: l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea prima di tutto. Tuttavia, analizzando con maggiore attenzione tale programma, qualche perplessità salta fuori, e le critiche che si possono muovere a riguardo sono tutte riconducibili alla natura di improvvisazione e spontaneità di questo movimento. 
Innanzitutto, il solito riferimento alla democrazia diretta, da loro ribattezzata “sovranità diretta” (come se non stessimo parlando della stessa cosa…) giusto per distinguersi dal Movimento 5 Stelle che ha sollevato presso il pubblico il tema di quella da loro chiamata, ma mai ben descritta, “democrazia partecipata”. 
 
Il primo punto del programma dei gilet gialli italiani ha lo stesso identico difetto della partecipazione nel M5S: la “sovranità diretta” non viene tecnicamente definita, non è chiaro cosa il popolo debba direttamente decidere e cosa no, con quali strumenti, quali sarebbero le competenze della democrazia diretta popolare e quali no, quale dovrebbe essere il ruolo del Parlamento in un ambito istituzionale del genere, quali articoli della Costituzione dovrebbero essere cambiati per realizzarla e come. Non si richiede un trattato di diritto costituzionale in merito, ma non avere neppure un accenno tecnico è piuttosto grave, e visti i precedenti sembra un proposito destinato a fare la fine della “democrazia partecipata” del M5S, relegata a piattaforme telematiche interne al movimento, non disponibili alla cittadinanza e dall’utilizzo piuttosto fumoso (vedasi la loro vecchia piattaforma “Lex”). 
Poi, anche i punti relativi all’abbandono di euro ed Europa sono buttati lì su un programma di riforme generiche, senza alcun dettaglio sul come dovrebbe realizzarsi un processo del genere. Non ci vuole né un economista né un esperto di diritto per intuire che uscire dall’Unione Europea non sarebbe semplice, e non sarebbe per nulla banale gestirne il “giorno dopo”. 
 
I signori Gilet Gialli sono consapevoli del fatto che, qualora l’Italia dovesse uscire dalla UE, si troverebbe il giorno dopo l’ostilità dei paesi che invece hanno fatto la scelta di rimanerci, nell’Europa liberista, inclusi i maggiori destinatari delle nostre esportazioni? Sono coscienti del fatto che già il giorno successivo l’Italia dovrebbe battere moneta sovrana, essendosi già dotata di un software per emetterla e gestendo il cambio con l’Euro che nel frattempo continuerebbe ad esistere? Hanno un piano economico per il dopo-Italexit? Hanno un piano energetico nazionale (ci sarebbe una domanda propedeutica: sanno che cosa è un piano energetico?) Hanno un piano di approvigionamento delle materie prime? Si sono dotati di un piano agricolo? 
Ma il punto dolente del movimento in questione arriva leggendo alcuni punti più avanti del loro programma: abolizione della fattura elettronica e dell’obbligo vaccinale. Ora, indipendentemente dal giudizio che si può avere sui temi in questione (positivo o negativo, non è importante ai fini di questo ragionamento), un programma che mette sullo stesso piano una riforma costituzionale rivoluzionaria come la “sovranità diretta”, una riforma epocale come l’uscita dalla UE e una leggina di nicchia come la fatturazione elettronica è la dimostrazione plateale dell’incompetenza e del pressapochismo di chi ha scritto una scaletta del genere. Sarebbe come se un giovane ventenne, fra i propositi per il proprio futuro, scrivesse di volersi laureare in ingegneria, attivare un mutuo per l’acquisto di un appartamento e comprare un paio di jeans nuovi. Un conto è scriverlo per fare dell’ironia, un conto è redigere sul serio un progetto del genere. Nel secondo caso il ragazzo ha poche speranze di sopravvivere. L’impressione è che, purtroppo, i Gilet Gialli Italia fossero sinceri nello scrivere una fesseria di tali proporzioni. 
 
La “prova del nove” la si incontra nell’ultimo punto del loro programma: nazionalizzare banche e assicurazioni. Nobile e condivisibile intento, ma messo lì a fianco della fatturazione elettronica fa tremare i polsi dalla paura perché, se pensi di gestire la nazionalizzazione delle banche italiane con la stessa sicumera con cui stili un DDL su come far fatturare i liberi professionisti, i casi sono due: o rinuncerai a farlo non appena ti trovi di fronte all’evidenza di cosa comporta davvero in termini pratici (manovrare miliardi in titoli di debito, gestire gli scambi interbancari con gli istituti esteri, ecc…) oppure porti l’Italia allo sfascio economico totale, per la grassa felicità dei globalisti che non aspettavano altro che un dilettante come te per fornire al popolo la dimostrazione pratica delle loro tesi. Sempre in tema di precedenti storici, il M5S, che nei primi anni della propria esistenza parlava di uscire dall’euro e di nazionalizzare le banche, ha scelto la prima strada, ossia quella di lasciare le cose come stavano. 
 
Occorre ribadire la comprensione per tanti cittadini giustamente arrabbiati, giustamente consapevoli dei disastri provocati da globalismo e dall’europeismo, ed è comunque un passo in avanti la presa di coscienza riguardo alle frottole che il sistema liberista mondiale ha cercato di inculcarci per decenni interi. Ma è venuto il momento di capire che movimenti spontaei, liquidi e improvvisati non possono ottenere nessuno dei propositi – ancora una volta: condivisibili – che sostengono di voler perseguire. 
L’esempio del M5S che si è trasformato in un partito de facto con un programma di governo assolutamente europeista, e di altri movimenti di cittadini che hanno avuto vita breve e scarsa fortuna, come l’ormai quasi estinto Movimento dei Forconi, dovrebbe avercelo insegnato. 
 
Per riuscire a ricavare riforme tanto radicali occorre una struttura organizzata sul territorio, con competenze tecniche articolate e preferibilmente con esperienza amministrativa sul territorio. In parole povere: un partito. Fa poca presa sul pubblico, questa parola, ultimamente.  
Ma senza organizzazione non si ottiene nulla.  
 
Essere arrivati nel 2019 e non averlo compreso è un po’ grave. 
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