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Catania, chiude l’azienda della
Catania, chiude l’azienda della plastica Dacca: 100 dipendenti senza lavoro 
di Ninni Raimondi
 
E’ la prima vittima del “plastic free”, la direttiva dell’Unione Europea che ha messo al bando i prodotti in plastica monouso a partire dal 2021.  
La storica azienda Dacca di Catania, celebre proprio per la produzione di piatti, bicchieri e posate di plastica, ha chiuso i battenti. Determinante è stato il fallimento della Roberto Abate Spa, ovvero il principale committente dell’azienda siciliana, unito al crollo dei consumi verificatosi negli ultimi sei mesi.  
Inutile dire che la pur inevitabile svolta Ue sulla plastica monouso, con la crescente sensibilizzazione a riguardo, è stato un altro fattore che ha pesato e non poco. 
 
“Purtroppo non possiamo fare altro che constatare la triste realtà: la Dacca, una delle fabbriche storiche del territorio catanese, chiuderà i battenti e i suoi cento lavoratori rimarranno senza lavoro”- ha affermato Antonio Santonocito, segretario regionale Snalv Confsal- “La ditta – ha spiegato il Santonocito– ha tutto pronto per portare i libri contabili in tribunale e chiudere la partita. Una scelta assurda che lascia a casa tanti lavoratori e che, se non evitata, poteva essere almeno rimandata. La nostra proposta di cassa integrazione straordinaria prevista nel decreto Genova è stata accolta dal ministero dello Sviluppo economico fino al 31 dicembre con la promessa aziendale di riconversione della produzione”. “Così non è andata – ha detto – e adesso ci tocca raccogliere i cocci con una sgradevole sensazione di amaro in bocca”. 
 
100 dipendenti senza lavoro 
E’ pure vero che l’inizio della crisi era iniziato ad agosto 2018, quando furono licenziati 31 lavoratori. Quest’anno però la situazione è precipitata e 100 dipendenti rimarranno senza lavoro.  
Dipendenti giustamente inferociti perché si aspettavano un riscatto della Dacca, che tra gennaio e febbraio aveva garantito un investimento che avrebbe evitato la chiusura. 
 
I sindacati stanno protestando però duramente, perché ritengono l’azienda catanese “la prima vittima di una politica che non è in grado, o peggio, non è interessata, a gestire e governare i processi di cambiamento, e che facendosi paladina di un ambientalismo di facciata soddisfa le sacrosante necessità di tutela ambientale, senza che ci sia una gestione dei processi di transizione verso produzioni eco-sostenibili”. 
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