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Le 5 buone ragioni per sentirsi
Le 5 buone ragioni per sentirsi fieri di essere europei 
di Ninni Raimondi
 
Potremmo parlare di filosofia, di storia o di storie per “ricordare” perché dovremmo essere fieri di essere europei, oggi più che mai. E ricordare, soprattutto, che essere europei non significa essere prodotti di mercato, cittadini, burocrati o semplici elettori ma, come disse Fernand Braudel, essere parte di “una civiltà” che “è una continuità che, quando cambia, anche molto profondamente come può implicare l’arrivo di una nuova religione, si incorpora in valori antichi che sopravvivono attraverso di essa e che restano la sua sostanza”. Le nostre città, le nostre chiese, le nostre piazze, tutte hanno un genius loci: lo spirito del luogo, la sacralità del suo significato e della sua funzione che va onorata e ricordata. Che costruisce la memoria e la innalza al sacro, il sacro che permette all’europeo di onorare il cosmo-Europa. Niente racconta, dunque, lo spirito di una nazione meglio dei suoi monumenti, naturali e dell’uomo. 
 
 
 
 
5) Capo Sounion (Grecia) 
Capo Sunio è un promontorio situato sulla punta meridionale dell’Attica.  
I resti di un tempio dedicato a Poseidone e di un tempio dedicato ad Atena osservano vigili il mare aperto a ogni ora del giorno, ma è al tramonto che il promontorio sembra prendere vita e iniziare a parlare.  
Il mare Egeo deve il suo nome a Capo Sunio. Egeo, re di Atene e padre di Teseo, attese a Capo Sounion l’arrivo del figlio andato a combattere contro il Minotauro sull’isola di Creta. La nave di Teseo sarebbe dovuta rientrare issando le vele bianche in caso di vittoria, nere in caso di sconfitta. Teseo uccise il Minotauro ma dimenticò di issare le vele bianche. Quando Egeo vide la nave e le sue vele nere, pensando che il figlio fosse morto, si uccise gettandosi nel mare che prese il suo nome. 
 
 
 
 
4) Palacio de Generalife (Spagna)  
Il Palacio de Generalife ha un nome arabo Jannat al-‘Arif, che significa Giardino dell’Architetto.  
La maestosa  residenza  fu il buen retiro estivo dei sultani Nasridi del Sultanato di Granada e, successivamente, la famiglia Durazzo (una delle maggiori famiglie genovesi, a loro volta discendenti di una famiglia albanese fuggita nel 1389 dalla città di Durazzo) ne assunse il marchesato: acquistarono così il titolo di marchesi di Generalife.  
Il palazzo ed i meravigliosi giardini furono costruiti durante il regno di Maometto III (1302-1309) e si trovano nel complesso de l’Alhambra, a Granada, in Andalucia. Alhambra in arabo è al-?amra’ (la Rossa, Arabo ???????). Il giardino di Generalife è uno dei più antichi giardini Mori sopravvissuti. Il cipresso che si trova in un patio del Generalife, secondo la leggenda fu testimone dell’amore di Morayma, regina mora di Granada con un cavaliere della tribù degli Abencerrajes. Morayma era sposa del re Boabdil. Scoperta la liaision, re Boabdil organizzò una falsa festa: era in realtà una trappola per decapitare 36 cavalieri della tribù musulmana e l’amante della regina. Le macchie di ossido di ferro sul fondo della fontana e nella Sala degli Abencerrajes dell’Alhambra si dice siano tracce del sangue dei cavalieri assassinati. 
 
 
 
 
3) Foresta di Paimpont, ovvero Foresta di Broceliande (Francia) 
Paimpont è una foresta di latifoglie, querce e faggi: venne devastato da diversi incendi specialmente nel 1976, anno di grande siccità. Paimpont è il frammento più grande di una foresta più antica che occupava l’Argoat, regione interna della Bretagna.  
Veniva chiamata “foresta di Brécélien”: l’antica origine  fece propendere numerosi autori a identificarla con la “foresta di Brocéliande” a sua volta legata alle leggende della Tavola rotonda. La foresta si ritrova anche in numerose saghe del cosiddetto Ciclo bretone, in particolare in quelle narrate da  Chrétien de Troyes: ancor oggi gli abitanti del luogo sostengono che l’albero in cui si suppone che la Dama del Lago abbia imprigionato Merlino sia tuttora vivo e presente.  
Nella foresta sono racchiusi altri luoghi legati alla leggenda: la Valle senza Ritorno, la tomba di Merlino, la fonte della giovinezza, e l’Hotié de Vivianne (il castello della Dama del Lago). Le leggende arturiane nella tradizione bretone sono fortemente radicate: il nome Lancelot (Lancillotto) significa “vagabondo” in bretone. La valle senza ritorno non si chiama così a caso: ivi Vivianne imprigionava i mariti infedeli che si erano avventurati in questo luogo. 
 
 
 
 
2) Bastei (Germania) 
Bastei è una formazione rocciosa: alta 194 metri domina il fiume Elba nei pressi delle montagne di sabbia dell’Elba della Germania. Le rocce frastagliate del Bastei sono state formate dall’erosione dell’acqua più di un milione di anni fa e sono situate ad un’altitudine di 305 metri sul livello del mare.  
Zona conosciuta per l’arrampicata e l’escursionismo, si estende oltre i confini tedeschi verso la Svizzera boema. Nel 1824 venne costruito un ponte di legno per unire alcune delle rocce per i turisti. Nel 1851 venne sostituito dall’attuale Basteibrücke in pietra. Bastei ha ispirato molti artisti famosi: uno su tutti Caspar David Friedrich che dipinse Felsenschlucht. 
Il nome stesso di Bastei (“bastione”) indica l’inclusione delle ripide rocce torreggianti nel vecchio anello difensivo attorno al castello di Neurathen. 
 
 
 
 
1) La Sacra di San Michele (Italia) 
La Sacra di San Michele ovvero l’Abbazia di San Michele della Chiusa, chiamata Sagra di San Michele nella parlata locale, è un complesso architettonico arroccato sulla vetta del monte Pirchiriano, all’imbocco della val di Susa. E’ la prima tappa in territorio italiano lungo la via Francigena. Già in epoca romana fu qui presente un presidio militare, vedetta presso la via Cozia verso le Gallie.  
Rimane una lapide in memoria di una delle famiglie romane che vi abitarono. La data di costruzione del complesso viene identificata tra il 983-987: le fonti più certe parlano del tempo di san Giovanni Vincenzo, arcivescovo di Ravenna qui ritiratosi a una vita eremitica.  
Secondo la leggenda, l’ex arcivescovo ebbe la visione dello stesso Arcangelo Michele, che ordinò di erigere tale santuario. Gli stessi angeli avrebbero consacrato la cappella: di notte fu vista dalla popolazione come “avvolta” da un grande fuoco.  
A metà dell’XI secolo, la struttura fu affidata ai Benedettini, che ne svilupparono il significato spiritual: davano qui asilo ai pellegrini e protezione alle popolazioni della zona. La foresteria, staccata dal monastero, accoglieva numerosi pellegrini che percorrevano la via Francigena passante per il Moncenisio.  
Nel 1803, Pio VII sciolse il Collegio dei Canonici della Sacra su pressione di Napoleone: lo stesso pontefice ristabilì il Collegio dopo il suo ritorno dalla prigionia francese. Nel 1980 Umberto Eco si ispirò parzialmente a questa abbazia benedettina per ambientare il suo più celebre romanzo, Il nome della rosa.  
Il 24 gennaio 2018, a causa di un cortocircuito, una parte del tetto del monastero si è incendiata. 
Licenza Creative Commons  8 Giugno 2019
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