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Nessun limite alla spesa pubblic
Nessun limite alla spesa pubblica e piena occupazione: alla scoperta della MMT 
di Ninni Raimondi
 
Mai come in questo periodo le politiche economiche e monetarie sono entrate a far parte più o meno direttamente delle nostre vite. Ogni giorno sui media si parla di spread, di inflazione, di lettere e procedure di infrazione. Negli ultimi 10 anni possiamo dire che i governi e le banche centrali nei paesi occidentali, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, hanno cercato di rispondere alla crisi economica con una teoria classica, espansiva sui tassi di interesse che sono stati più volte abbassati, attenta all’inflazione e con una particolare predilezione al rigore di bilancio. Negli ultimi anni è stata sviluppata una nuova idea chiamata la Teoria Monetaria Moderna (d’ora in poi MMT, dall’inglese Modern Monetary Theory) che sebbene sia stata resa popolare dall’astro nascente della sinistra americana Alexandria Ocasio Cortez che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia in campo economico, viene vista con favore anche da molti movimenti europei che si schierano apertamente contro le politiche di rigore imposte dall’Unione Europea. 
 
Gli elementi fondamentali della MMT 
E’ una teoria che possiamo considerare eterodossa e post-keynesiana, che affonda le sue radici all’inizio del secolo scorso nel Cartalismo di Knapp e Innes, ovvero il concetto che la moneta (e la sua creazione) serva agli Stati per indirizzare l’economia, e non sia un mero strumento di pagamento. Uno dei principi basilari della MMT risiede nella convinzione che siano le tasse ad indirizzare la moneta.  
Uno Stato prima crea la moneta contabile (il dollaro o la lira ad esempio) e poi impone delle tasse che potranno essere pagate esclusivamente con la stessa moneta. La necessità di pagare le tasse porterà la gente a lavorare in cambio di un salario denominato in quella specifica valuta, spingendo quindi la domanda e assicurandone il valore nel tempo. 
Ma nonostante i governi debbano imporre le tasse, la MMT afferma che essi non debbano farlo per finanziare la spesa pubblica, bensì per conseguire un duplice obiettivo. Agire come “margine di manovra” per la spesa dei governi, impedendo alla stessa di generare inflazione da un lato, ed essere utilizzate per scopi redistributivi attraverso l’imposizione progressiva sui redditi dall’altro.  
Se l’importo delle imposte raccolte è inferiore alla somma che un governo spende, la differenza deve essere “presa in prestito” attraverso l’emissione di titoli di Stato. 
Altra idea fondamentale della MMT è che la politica economica e monetaria di un paese debba avere come obiettivi la piena occupazione ed un accettabile tasso di inflazione. La recessione viene spiegata (in maniera molto keynesiana) da una carenza di domanda interna che può essere combattuta attraverso la spesa pubblica e la creazione di liquidità.  
Se l’inflazione aumenta in maniera eccessiva, lo stato interviene con la tassazione, togliendo in questo modo denaro dalla circolazione. 
Condizione necessaria per l’attuazione della MMT è che lo Stato stampi moneta, ovvero sia prestatore di ultima istanza. I paesi che possono emettere moneta saranno liberi da vincoli di bilancio, se lo vorranno potranno incrementare la spesa pubblica praticamente senza limiti. Certamente la teoria funziona meglio quando non vi è un eccessivo debito emesso in valuta estera e quando il tasso di cambio della valuta è flessibile e non prefissato, ad esempio paesi come gli Stati Uniti e il Giappone sarebbero candidati ideali per l’attuazione di queste politiche. 
 
Il fallimento delle politiche monetarie tradizionali 
Nei paesi più avanzati negli ultimi anni si è risposto alla grande crisi economica con misure di politica monetaria come il Quantitative Easing, attuato dalla banca centrale americana e da quella europea, ovvero con l’acquisto da parte della Fed e della Bce di grandi quantità di titoli di stato o istituzionali, per abbassare i tassi di interesse di lungo periodo e far in modo che i capitali confluissero così su azioni e obbligazioni emesse da aziende private. 
Se questa tipologia di interventi ha aiutato sicuramente a far crescere i mercati azionari che hanno inanellato record su record, è anche vero che ha aumentato in maniera sostanziale la disparità di ricchezza tra le classi più ricche e quelle più deboli. La vera sfida della MMT è quella di far si che la crescita economica porti ad un miglioramento generale delle condizioni di vita e non ad un divario sempre maggiore tra poveri e benestanti, per fare questo si pone l’obiettivo della piena occupazione. 
Il principio chiave è quello del “datore di lavoro di ultima istanza”, accettando il fatto che il capitalismo lasciato a se stesso non impiegherà mai tutti coloro che sono disposti a lavorare, i governi dovrebbero offrire lavoro a tutti quelli in grado di lavorare ma impossibilitati a trovare un impiego. 
 
MMT: le critiche 
Riassumendo quindi, la Teoria Monetaria Moderna si basa su pochi semplici concetti: gli Stati possono creare moneta a loro piacimento, il valore intrinseco della moneta è dato dalla tassazione, gli Stati che controllano le loro banche centrali e non prestano in valuta estera non possono fallire, e le tasse non servono a finanziare la spesa pubblica. 
 
Ma questa teoria non è certo esente da critiche. 
Alcuni economisti sostengono che in realtà gli Stati abbiano dei precisi limiti di spesa fissati dall’inflazione, e che quindi non sia possibile aumentare a piacimento la spesa pubblica mascherandosi dietro la creazione di moneta. Secondo la teoria classica vi è l’assoluto bisogno di avere banche centrali indipendenti che possano tenere sotto controllo l’inflazione in modo da garantire la stabilità e dare maggiori garanzie ai detentori del debito pubblico, pur assumendosi il rischio di creare una quota anche importante di disoccupazione sistemica. 
Un’altra critica importante alla MMT è l’accusa di ignorare completamente le aspettative che influenzano i comportamenti delle persone. Se ad esempio i risparmiatori avessero la certezza che il governo sia pronto a spendere senza alcun limite per raggiungere le sue priorità indipendentemente dalla situazione economica, si creerebbe una aspettativa molto forte sull’aumento dei prezzi, ed è molto facile che si innesti una corsa a comprare beni durevoli prima che diventino troppo cari o ancora che si aumenti la richiesta di valuta estera al fine di mantenere un certo potere di acquisto ottenendo un duplice effetto, un aumento significativo dell’inflazione ed un crollo del valore della moneta stessa. 
Ed infine i critici più feroci affermano che la MMT, mancando di studi formali sistematici non sia in grado di verificare le proprie ipotesi in maniera rigorosa, perdendo quindi valore dal punto di vista accademico. 
 
Conclusioni 
Una frase scritta da John Maynard Keynes nel 1936 appare oggi attualissima: «I difetti più evidenti della società economica nella quale viviamo sono l’incapacità a provvedere un’occupazione piena e la distribuzione arbitraria e iniqua delle ricchezze e dei redditi».  Non sappiamo se la Teoria Monetaria Moderna possa essere una valida risposta che vada a correggere le evidenti storture della moderna società capitalista, ma sicuramente non possiamo che accogliere favorevolmente qualsiasi contributo che possa stimolare il dibattito e creare nuove idee e nuove politiche economiche che abbiano per una volta come obiettivo il bene della gente comune. 
Licenza Creative Commons  10 Giugno 2019
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