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Il nuovo femminismo? È un preocc
Il nuovo femminismo? È un preoccupante delirio 
di Ninni Raimondi
 
La colpa non è certo di Simone de Beauvoir e del suo Secondo sesso.  
Quel testo non l’ha praticamente letto nessuno. Troppo corposo.  
Ma, del resto, un libro quasi mai muta le sorti del mondo. Forse un tempo era diverso. Magari per i ragazzi del ’68, più naif e dai facili entusiasmi, era diverso. Ma quelli erano gli albori del femminismo. Le masse, di questi tempi, vengono influenzate da ben altro. 
 
Femminismo e Sex and The City 
Volendo rintracciare l’origine, lo spartiacque nazionalpopolare del nuovo femminismo, bisognerebbe risalire alla fine degli anni ‘90 e alla temibile serie televisiva Sex and The City, giunta in Italia grazie alla nostra notoria fascinazione per il take away culturale. 
La rovina inizia con quelle quattro sciacquette, i loro maledetti abiti griffati, e la rubrica settimanale per destabilizzate mentali di Carrie Bradshaw.  
Sei stagioni e Dio solo sa quanti episodi per dimostrare che le donne possono essere stronze, egoiste, consumiste, capitaliste e avvezze alla ginnastica sessuale quanto l’uomo, se non peggio. 
I discorsi che il gruppetto di femminucce meno erotico della storia delle televisione ha portato avanti, indisturbato, sugli uomini sono quanto di più disumano possa esserci.  
Più che di erotismo, nel loro caso si dovrebbe parlare della valutazione di quarti di manzo da parte di un macellaio col gusto per il truculento e la ferocia. Persino nei momenti in cui, per bilanciare lo squallore, si è cercato di spruzzare un po’ di sentimento qua e là nelle puntate, il risultato è stato mortificante. 
L’amore, quel sentimento che, come dice Houellebecq, è da intendersi “come innocenza e come capacità di illusione, come attitudine a sintetizzare la totalità dell’altro sesso in un unico essere amato”, viene svilito senza alcuna pietà, ridotto al parossismo di un ridicolo scambio di sguardi con sbirciatina alla macchina del potenziale partner parcheggiata fuori dal locale. Persino in un bordello è probabile che, fra quell’umanità stremata e martirizzata dalla solitudine, si sviluppi maggiore vicinanza umana. 
 
Delirio contemporaneo 
Eppure, è proprio vero che al peggio non c’è mai fine. Rispetto agli odierni deliri che si possono leggere anche su una pagina Facebook quale quella di Abbatto i muri, Carrie & company risultano ingenue e morigerate quanto una casalinga degli anni ’50 durante l’amore coniugale. Basta andare a leggere per farsi un’idea. 
Una che grida al “anche questa è violenza”, a mezzo di un hashtag, perché, avendo delle tette belle sostanziose, qualche buontempone, fin dalle scuole medie, l’ha soprannominata “Poppea”. L’altra che scrive – tutte, stranamente, con lo stesso stile – di quello che fissandole eccessivamente il culo l’ha fatta sentire violentata. La follia è, fuor di dubbio, assicurata. 
L’ultima mirabile – si fa per dire – battaglia delle femministe, poi, concerne la guerra alle pubblicità sessiste.  
In tal senso, a essersi distinte sono quelle di Non una di meno – ma, del resto, qual è la differenza tra l’uno e l’altro gruppo? Le poveracce hanno preso di mira un’azienda venditrice di materassi che ha avuto, a loro modo di vedere, l’ardire di mettere una modella distesa, in mutande e maglietta, con la scritta “vieni a provarmi”. Con il loro solito modo di fare ricattatorio, da terroriste del web, hanno invitato a boicottare gli acquisti dalla ditta in questione. 
Sorvolando sul fatto che certo nessuna si è lamentata per la tassazione e soprusi fiscali a cui l’azienda è come tutti sottoposta, appare chiaro unicamente che le svalvolate hanno poche cose a cui pensare durante il giorno, oltre a essere affette da un moralismo peggiore di quello di una beghina di paese. 
 
È ben strano, poi, che queste femministe italiane abbiano tanto da indignarsi per una modella, praticamente vestita da orsolina considerati i tempi, e un doppio senso da scuola professionale superiore. Come se per strada non si vedessero in bella esposizione culi, tette, e labbra (piccole e grandi, sia chiaro) messe sapientemente in evidenza da abiti che le passeggiatrici rifiuterebbero per pudore. 
Inutile menzionare i profili Instagram delle ragazze di oggi, facilmente confondibili con un ideale catalogo di escort per arrapati all’ultimo stadio.  
Ma in tutto ciò il problema resta lui, il portatore sano di pene, questa miserabile creatura che oserebbe chiedere piacere e comprensione, la possibilità di un calore umano oramai perduto. L’uomo del nostro tempo deve pagare dazio per le colpe di chi nei secoli ha esercitato violenza e soprusi sul genere femminile – argomentazione speculare a quella secondo cui noi dovremmo qualcosa agli islamici per via delle Crociate. 
Cosa resta, dunque, in conclusione di questa battaglia finale tra i generi ordita dal femminismo? Una gattara che guarda compiaciuta Sex and The City e stringe disperatamente i suoi animali domestici, nella solitudine atomizzata di un monolocale, chiamandoli con inquietante dolcezza “amore della mamma”.  
 
Un uomo avvilito, sminuito, moralmente offeso, che accoglie placido sui sedili della sua utilitaria una prostituta di colore. Se non altro, questa lo illude, accecata dall’idea di guadagnarsi venti euro, con quel saluto che lui non è più abituato a sentire: “Ciao, amore”. 
Benvenuti nel mondo della parità assoluta, dove non sarete mai Carrie Bradshaw o Mr. Big, ma solo dei poveri idioti liberi e incapaci di provare qualunque sentimento o passione forte, per non offendere con lo sguardo un’altra anima sola. 
Licenza Creative Commons  10 Giugno 2019
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