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Africani? No, l’Homo Sapiens era in Europa già 210mila anni fa 
di Ninni Raimondi
 
Arretra di almeno 160 mila anni la presenza dell’Homo Sapiens nel continente europeo. Lo suggerisce un articolo firmato da Katerina Harvati, della Eberhard Karls Universität di Tubinga, in Germania, e altri studiosi su “Nature”: secondo la Harvati uno dei due crani scoperti negli anni Settanta del XX secolo nella cava di Apidima, in Grecia meridionale, sarebbe databile a circa 210 mila anni fa. Il cranio ha i tratti dell’Homo Sapiens. Questa scoperta porta ad arretrare di 160 mila anni almeno la presenza del Sapiens in Europa. Finora, infatti, i reperti attribuiti alla nostra specie erano tutti datati fra i 40 e i 50 mila anni fa. La conclusione degli autori è che una delle migrazioni di esseri umani anatomicamente moderni dall’Africa verso il Medio Oriente si sia verificata in un’epoca del Pleistocene medio (tra 781.000 a 261.000 anni fa) abbastanza remota da permettere la colonizzazione del sito greco prima di 210.000 anni fa. 
 
Tuttavia questa scoperta mette in dubbio la “seconda Out of Africa”, dando nuovi argomenti alle teorie alternative.  
Attualmente infatti la più accreditata tesi sull’origine dell’uomo suggerisce che la nostra specie abbia avuto origine in Africa centro-orientale fra i 5 e i 6 milioni d’anni fa (vi sono anche teorie alternative, ma godono di pochissime e molto controverse evidenze fossili). Dopo i 2 milioni d’anni fa una specie di Homo, l’Erectus o Ergaster, passato a una dieta carnivora e decisamente evoluto rispetto agli altri ominini suoi rivali, inizia a emigrare fuori dall’Africa, colonizzando l’intero Vecchio Mondo. Questa sarebbe la cosiddetta “prima Out of Africa”. Molti paleontologi hanno poi immaginato una seconda migrazione dall’Africa (o anche più ondate), condotta dall’Homo Sapiens, che avrebbe portato l’uomo anatomicamente moderno a conquistare il mondo intero. Questa “seconda Out of Africa” (OoA II) viene ampiamente privilegiata dai media mainstream anche perché consente facili volgarizzazioni e si presta a essere distorta ideologicamente per “dimostrare” che “siamo tutti africani” o che “siamo tutti migranti”. 
 
Un altro DNA 
In realtà questa seconda ondata migratoria è messa in discussione da una lunga serie di scoperte archeologiche e genetiche che negli ultimi 10 anni hanno cambiato i postulati da cui la OoA II partiva.  
In particolare, sono state scoperte evidenze fossili della presenza dell’Homo Sapiens fuori dalla tradizionale “culla dell’umanità”, la zona che va dall’Etiopia al Sudafrica, nonché il fatto che le principali razze del Vecchio Mondo siano separate fra loro dalla presenza di DNA proveniente da incroci con specie umane non Sapiens. In particolare, gli europei avrebbero DNA neanderthaliano nel sangue, gli asiatici neandertaliano, denisoviano e di un’altra specie ancora non ben identificata, le popolazioni austronesiane un forte contributo denisoviano e quelle subsahariane invece mancano completamente di questi apporti, ma ne hanno da parte di specie pre-Sapiens. La datazione di questi incroci fra specie primitive di Homo suggerisce infatti che la separazione fra “africani” (ovvero negroidi e capoidi) ed “eurasiatici” (ovvero caucasoidi e mongoloidi) sia avvenuta in un’era geologica precedente a quando si pensava di datare il cosiddetto OoA II. 
Vi è poi un secondo elemento poco considerato nelle volgarizzazioni delle teorie sulla genesi umana: più che di “continenti” è opportuno parlare di “biomi”  oppure di “ecozone”.  
Infatti la presenza in Nordafrica dei resti più antichi di Sapiens finora rinvenuti, nella grotta di Jebel Iroud, in Marocco (circa 310 mila anni fa) e quelli di Florisbad in Sudafrica (260 mila anni fa) non fanno tanto parte di uno stesso “continente” – l’Africa – bensì di due ecozone profondamente differenti e separate: quella Paleartica e quella Afrotropicale. Le ecozone non sono così facilmente permeabili da parte di migrazioni vegetali e animali, e a differenza dei tradizionali “continenti” rappresentano molto meglio le reali regioni delle terre emerse secondo criteri climatici e biologici. Insomma, è molto più probabile una parentela fra il Sapiens di Jebel Iroud e quello di Apidima (il primo in Africa, il secondo in Europa, secondo la nomenclatura dei continenti ma entrambi nell’ecozona Paleartica e nel bioma Mediterraneo) che fra quello di Jebel Iroud e quello di Florisbad (entrambi in “Africa” ma in realtà in due ecozone differenti e separati da molti biomi). 
 
Origini mediterranee? 
Al momento, dunque, la palma del Sapiens più antico ha spostato il suo centro di gravità: dall’Africa orientale al Mediterraneo, anche considerando le importanti scoperte effettuate da archeologi israeliani in diversi siti nella regione del Mediterraneo orientale. Se le teorie su un’unica origine del Sapiens fossero confermate, anche il Mediterraneo, considerato come un continuum delle sue sponde nord, sud ed est, unite più che divise dal mare, si candida a possibile culla ancestrale della nostra specie. Tuttavia alcuni ricercatori sono convinti che il Sapiens possa essere emerso separatamente in diverse regioni del Vecchio Mondo (Ipotesi Multiregionale). Questa tesi è molto popolare in Cina, dove l’idea di essere discendenti da “immigrati africani” non gode di grande simpatia. 
In entrambi i casi, la teoria tanto cara ai vari “lo dice la scienza” di un’origine “africana” dell’Homo Sapiens subisce un duro colpo.  
L’archeologia e la genetica aiuteranno nei prossimi anni a dipanare questa matassa.  
In particolare la scoperta di giacimenti fossiliferi in Eurasia – finora sempre molto povera rispetto all’Africa subsahariana, anche a causa del maggiore sfruttamento dei territori da parte delle attività antropiche nelle nostre regioni, dove si sono sviluppate civiltà agricole-urbane – promette di riscrivere le prime pagine dell’avventura umana. 
Licenza Creative Commons  23 Luglio 2019
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