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6 Agosto 1945 
di Ninni Raimondi
 
Quando, in poco più di un istante, sparirono i corpi e rimasero le ombre... 
 
Il bombardamento atomico di Hiroshima fu un attacco nucleare operato, sul finire della seconda guerra mondiale, dagli Stati Uniti in Giappone, che segnò l'epilogo del conflitto.  
Il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8:15 l'aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica "Little Boy" sulla città giapponese di Hiroshima, (seguita tre giorni dopo dal lancio dell'ordigno "Fat Man" su Nagasaki).  
Il numero di vittime dirette è stimato in 200 000, quasi esclusivamente civili.  
Per la gravità dei danni diretti e indiretti causati dagli ordigni e per le implicazioni etiche comportate dall'utilizzo di un'arma di distruzione di massa, si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi. 
 
Il ruolo offensivo dei bombardamenti nella resa dell'Impero giapponese, così come gli effetti e le giustificazioni, sono stati oggetto di innumerevoli dibattiti.  
Negli Stati Uniti prevale la posizione secondo cui i bombardamenti atomici sarebbero potuti servire ad accorciare la seconda guerra mondiale di parecchi mesi, risparmiando le vite dei soldati (sia alleati, sia giapponesi) e dei civili, destinati a perire nelle operazioni di terra e d'aria nella prevista invasione del Giappone.  
In Giappone l'opinione pubblica tende invece a sostenere come i bombardamenti siano crimini di guerra perpetrati per accelerare il processo di resa del governo militare giapponese. 
Altri sostengono che essi non potessero essere giustificati solo da una vittoria sul fronte giapponese ormai vicino alla resa, ma che fossero una dimostrazione di potenza verso quello che si profilava come il nuovo nemico, ovvero l'Unione Sovietica. Altri ancora aggiungono alle motivazioni quella di testare la potenza dell'ordigno costato miliardi di dollari su una città e ciò spiegherebbe i due bombardamenti in cui si usarono le due tipologie di bomba prodotte. Universalmente condivisa è comunque la presa di coscienza della gravità dell'evento, che non è più stato replicato. 
 
Gli Stati Uniti, con l'assistenza militare e scientifica del Regno Unito e del Canada, erano già riusciti a costruire e provare una bomba atomica nel corso del Progetto Manhattan, un progetto scientifico-militare teso a costruire l'ordigno atomico prima che gli scienziati impegnati nel Programma nucleare tedesco riuscissero a completare i propri studi per dare a Hitler un'arma di distruzione di massa. Il primo test nucleare, nome in codice "Trinity", si svolse il 16 luglio 1945 ad Alamogordo, nel Nuovo Messico.  
Una bomba di prova, denominata "The Gadget" fu fatta esplodere con successo.  
Il lancio su Hiroshima fu, quindi, la seconda detonazione della storia delle armi nucleari. 
Il mese precedente al bombardamento la conquista di Okinawa, che aveva causato la morte di 150 000 civili e militari giapponesi e la perdita di circa 70 000 soldati americani, aveva offerto una base ideale per la conquista del Giappone, ma preoccupava i comandi Alleati, che temevano perdite tre o anche quattro volte superiori, dato l'acceso patriottismo dei soldati giapponesi, crescente a mano a mano che arretravano verso la madrepatria. 
Il presidente degli Stati Uniti d'America Harry Truman, che venne a conoscenza dell'esistenza del Progetto Manhattan solo dopo la morte di Franklin D. Roosevelt, decise di utilizzare la nuova bomba sul Giappone.  
Nelle sue intenzioni dichiarate il bombardamento doveva determinare una risoluzione rapida della guerra, infliggendo una distruzione totale e infondendo quindi nel governo giapponese il timore di ulteriore distruzione: questo sarebbe stato sufficiente per determinare la resa dell'Impero giapponese. 
Il 26 luglio 1945 Truman e gli altri capi di Stato Alleati stabilirono, nella dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa giapponese. Il giorno seguente i giornali giapponesi riportarono la dichiarazione, il cui testo venne diffuso anche radiofonicamente in tutto l'impero del Sol Levante, ma il governo militare la respinse.  
Il segreto della bomba atomica era ancora custodito e la sua esistenza non venne minimamente accennata nella dichiarazione. 
 
La scelta degli obiettivi 
La dislocazione 
Nel corso di una riunione tenutasi negli Stati Uniti a maggio 1945 vennero suggeriti, come obiettivi, le città di Kyoto, Hiroshima, Yokohama, Kokura e Nagasaki oppure gli arsenali militari. Nel corso della riunione si decise di non utilizzare la bomba atomica esclusivamente su un obiettivo militare per evitare di mancare l'obiettivo e quindi "sprecare" la bomba. Nella decisione finale dovevano difatti essere tenuti in maggior conto gli effetti psicologici che l'utilizzo della bomba atomica doveva avere sul governo giapponese. Inoltre era opinione diffusa che la nuova bomba dovesse avere un effetto sufficientemente spettacolare affinché fosse riconosciuta a livello mondiale. Alla fine la scelta cadde su Kyoto, noto centro intellettuale giapponese che proprio per questo dopo fu risparmiata e sostituita con Kokura, Nagasaki e Hiroshima, che ospitava un importante deposito dell'esercito. 
Il bombardamento sulle due città del Giappone non fu comunque la prima volta in cui gli Alleati bombardarono città delle potenze dell'Asse, né la prima volta in cui tali bombardamenti causarono numerose perdite civili. In Germania il sistematico bombardamento delle città tedesche causò centinaia di migliaia di vittime, che culminarono con il bombardamento di Dresda che causò la morte di 35 000 persone e la distruzione di una delle maggiori città d'arte tedesche. Stessa sorte toccò peraltro all'Italia, che vide pesantemente bombardati i maggiori centri industriali e portuali di tutta la penisola con enormi devastazioni e perdite umane. 
Il bombardamento di Tokyo del marzo del 1945 causò più di 100 000 vittime e danni enormi in termini urbani e architettonici. Nell'agosto del 1945 altre sessanta città giapponesi vennero pesantemente bombardate e tra le più colpite, oltre a Tokyo, fu senza dubbio Kobe. 
 
Hiroshima durante la guerra 
Nel 1945 Hiroshima era una città di grande importanza industriale e nei suoi pressi erano presenti alcune basi militari, come il quartier generale della Quinta Divisione e quello del maresciallo Shunroku Hata, secondo quartier generale dell'esercito a cui faceva capo l'intero sistema difensivo del Giappone meridionale.  
Hiroshima era una base minore, dedita al rifornimento e all'appoggio per le forze armate. La città era soprattutto un centro per le comunicazioni, per lo stoccaggio delle merci e un punto di smistamento delle truppe: per questo motivo fu deliberatamente tenuta fuori dalle rotte dei bombardieri, proprio per permettere lo studio degli effetti di una bomba atomica in un ambiente ideale. 
La priorità per lo sgancio della bomba fu infine data proprio a Hiroshima dopo la segnalazione che essa era l'unico tra gli obiettivi che non avesse al suo interno e nei dintorni campi per i prigionieri di guerra.  
Il centro della città ospitava una grande quantità di edifici di cemento armato e alcune strutture più leggere.  
In periferia l'area era congestionata da una miriade di piccole strutture di legno, usate come locali da lavoro, posizionate tra una casa e l'altra. Alcuni stabilimenti industriali si estendevano non lontano dal limite periferico della città.  
Le case erano di legno, con soffitti leggeri, e molti edifici industriali avevano a loro volta pareti a incastro di legno. 
 
La città nella sua interezza era potenzialmente ad altissimo rischio d'incendio.  
La popolazione di Hiroshima aveva raggiunto un picco di 381 000 abitanti prima della guerra, ma prima del bombardamento atomico la popolazione era rapidamente diminuita a causa di un'evacuazione generale ordinata dal governo giapponese, tanto che il 6 agosto si contavano circa 255 000 abitanti.  
Si calcola questa cifra sulla base dei dati mantenuti per l'approvvigionamento della popolazione (che era razionato) e le stime sugli operai e sui soldati presenti in città al momento del bombardamento sono, di fatto, molto poco accurate. 
 
Hiroshima 
Ricostruzione post-bellica di "Little Boy". 
La scelta della data del 6 agosto si basò sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell'attacco il tempo era variabile. Per la scelta fu deciso di far decollare, prima della missione vera e propria, un B-29 senza armamento, il cui compito era quello di indicare al comando la situazione del tempo sopra le città scelte per lo sgancio. L'obiettivo inizialmente designato per il bombardamento atomico era Kokura, ma a causa delle nubi estremamente fitte che sovrastavano la città si decise di cambiare bersaglio.  
Quando gli altri B-29 stavano già volando ricevettero la risposta affermativa per bombardare Hiroshima.  
Tutti i dettagli, la pianificazione precisa della tabella di volo, la bomba a gravità e l'armamento della bomba con i suoi 60 kg di U235 (uranio 235), vennero studiati nei minimi particolari e tutto si svolse così come era stato stabilito a tavolino. 
 
Hiroshima dopo il bombardamento 
Circa un'ora prima del bombardamento la rete radar giapponese lanciò un allarme immediato, rilevando l'avvicinamento di un gran numero di velivoli americani diretti nella zona meridionale del Giappone. L'allarme venne diffuso anche attraverso trasmissioni radio in moltissime città nipponiche e fra queste anche Hiroshima. Gli aerei si avvicinarono alle coste dell'arcipelago giapponese ad una quota molto elevata. 
Poco prima delle 08:00 la stazione radar di Hiroshima stabilì che il numero di velivoli entrati nello spazio aereo giapponese era basso, probabilmente non più di tre, perciò l'allarme aereo venne ridimensionato (il comando militare giapponese infatti aveva deciso, per risparmiare il carburante, di non far alzare in volo i propri aerei per le formazioni aeree americane di piccole dimensioni).  I tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay, The Great Artiste e un altro aereo, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè "male necessario" (l'unica funzione di questo aereo fu quella di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell'impiego dell'arma atomica). 
Il normale allarme aereo non venne azionato, dato che veniva normalmente attivato solo all'approssimarsi dei bombardieri.  
Alle 08:14 e 45 secondi l'Enola Gay sganciò "Little Boy" sul centro di Hiroshima, il sensore altimetrico era tarato per effettuare lo scoppio alla quota di 600 m dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera.  
 
Immediatamente dopo lo sgancio l'aereo fece un'inversione di 178°, prendendo velocità con una picchiata di circa 500 m e perdendo quota, allontanandosi alla massima velocità possibile data dai quattro motori a elica.  
L'esplosione si verificò a 580 m dal suolo, con uno scoppio equivalente a sedici chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 90 000 e le 1100 000 persone.  
Circa il 90% degli edifici venne completamente raso al suolo e tutti i cinquantuno templi della città vennero completamente distrutti dalla forza dell'esplosione. 
 
Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe, che allora si trovava in missione in Giappone presso la comunità cattolica della città e che portò aiuto ai sopravvissuti.  
 
Riguardo al bombardamento atomico egli scrisse: 
«Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un'esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c'era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un'enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l'effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l'un l'altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l'unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L'esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell'aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l'uno all'altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore.» 
 
Reazione giapponese al primo bombardamento 
Le ustioni presenti su questa vittima somigliano alle trame del kimono; le aree più chiare del tessuto hanno riflesso l'intensa luce della bomba, provocando minor danno. 
L'operatore di controllo di Tokyo della Società radiotelevisiva giapponese si rese conto che la stazione di Hiroshima non era più in onda; tentò di ristabilire il programma usando un'altra linea telefonica, ma anche questo tentativo fallì. Circa venti minuti più tardi il centro telegrafico ferroviario di Tokyo si accorse che la linea telegrafica principale aveva smesso di funzionare subito a nord di Hiroshima.  
Da alcune piccole fermate ferroviarie entro 16 km dalla città giunsero notizie ufficiose e confuse di una terribile esplosione a Hiroshima. Tutte queste notizie furono trasmesse ai quartier generali del Comando generale giapponese. 
Le basi militari cercarono ripetutamente di mettersi in contatto con la stazione di Controllo dell'esercito di Hiroshima.  
L'assoluto silenzio da quella città sconcertò gli uomini dei quartier generali; sapevano che non c'era stata nessuna potente incursione nemica e che a Hiroshima al momento non c'era nessun ragguardevole deposito di esplosivi.  
Un giovane ufficiale del Comando generale giapponese fu incaricato di volare immediatamente a Hiroshima, atterrare, rilevare i danni e quindi tornare a Tokyo con informazioni attendibili per il comando.  
Nei quartier generali c'era la sensazione diffusa che non fosse accaduto nulla di serio, che si stesse esagerando la portata di un problema di dimensioni limitate. 
 
L'ufficiale del comando andò all'aeroporto e decollò in direzione sud-ovest. Dopo circa tre ore di volo, quando mancavano ancora circa 160 km a Hiroshima, l'ufficiale e il suo copilota videro una grande nuvola di fumo provocata dalla bomba. Nel chiaro pomeriggio stavano bruciando le macerie di Hiroshima. Il loro aereo raggiunse presto la città, attorno alla quale volavano increduli. Una grande cicatrice sul terreno ancora ardente e coperta da una spessa nuvola di fumo era tutto ciò che era rimasto. Atterrarono a sud della città e l'ufficiale del comando, dopo aver comunicato con Tokyo, cominciò immediatamente a organizzare le operazioni di soccorso.[21] 
Nella capitale nipponica le prime informazioni di ciò che aveva realmente causato il disastro vennero dall'annuncio pubblico della Casa Bianca a Washington, sedici ore dopo l'attacco nucleare a Hiroshima.  
L'avvelenamento da radiazione e le necrosi provocarono malattie e morti successive al bombardamento per circa il 20% di coloro che erano sopravvissuti all'esplosione iniziale.  
Alla fine del 1945 ulteriori migliaia di persone morirono per via dell'avvelenamento da radiazioni, portando il totale di persone uccise a Hiroshima nel 1945 a circa 200 000. 
Da allora molte migliaia di persone morirono per cause legate alle radiazioni: questa cifra include tutti coloro che si trovavano in città al momento dell'esplosione o che furono successivamente esposti al fallout ed erano morti prima di tale censimento. 
 
Sopravvivenza di alcune strutture 
Il Monumento della Pace oggi. 
Alcuni degli edifici in cemento armato a Hiroshima erano costruiti in modo molto resistente per via del pericolo di terremoto in Giappone e le ossature di questi edifici non crollarono, sebbene si trovassero molto vicino al centro della zona danneggiata della città.  
Al momento della detonazione in aria della bomba atomica l'esplosione si riversò verso il basso più che lateralmente, il che favorì maggiormente la sopravvivenza della sala della prefettura per la promozione industriale, ora comunemente conosciuta come Genbaku o "Cupola della bomba-A", progettata e realizzata dall'architetto ceco Jan Letzel, che si trovava a pochi metri da ground zero (le sue rovine furono chiamate Memoriale della pace di Hiroshima e vennero rese un sito Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1996, nonostante le obiezioni degli Stati Uniti e della Cina). 
 
Eventi tra il 7 e il 9 agosto 
Dopo il primo bombardamento il presidente Truman annunciò:  
«Se non accettano adesso le nostre condizioni, si possono aspettare una pioggia di distruzione dall'alto, come mai se ne sono viste su questa terra».  
 
L'8 agosto furono lanciati volantini e furono dati avvertimenti al Giappone da Radio Saipan (la zona di Nagasaki non ricevette volantini di avvertimento fino al 10 agosto, nonostante questa campagna informativa continuasse dall'inizio del mese). 
Un minuto dopo la mezzanotte del 9 agosto, ora di Tokyo, l'Armata Rossa lanciò un'offensiva verso la Manciuria con oltre 1.500.000 uomini, 26.137 cannoni, 5.556 mezzi corazzati e 5.000 aeroplani.  
Quattro ore dopo il governo di Tokyo venne formalmente informato che l'Unione Sovietica aveva rotto il patto di neutralità e dichiarato guerra all'Impero giapponese secondo gli accordi intercorsi con gli Alleati per aprire il nuovo fronte entro tre mesi dalla fine della guerra in Europa. 
Gli ufficiali anziani dell'esercito imperiale giapponese inizialmente sottovalutarono la portata dell'attacco sovietico, ma ben presto decisero di imporre la legge marziale, di concerto con il ministro della guerra Anami, per arrestare chiunque avesse tentato di firmare una pace. 
Il 7 agosto Yoshio Nishina (che sarebbe poi morto di cancro nel 1951) e altri fisici atomici furono mandati a Hiroshima a constatare i danni ed effettivamente testimoniarono che la città era stata distrutta dal bombardamento nucleare; tuttavia l'esercito giapponese, tra cui l'ammiraglio Soemu Toyoda, stimò che non più di una o due bombe supplementari potevano essere sganciate, concludendo che dopo "ci sarebbe più distruzione, ma la guerra potrebbe andare avanti". 
 
Favorevoli all'impiego dell'arma atomica 
I sostenitori del bombardamento, sebbene ammettano che la classe dirigente civile in Giappone mandasse con cautela e discrezione comunicati diplomatici fin dal gennaio 1945, successivamente all'invasione di Luzon nelle Filippine, fanno notare come gli ufficiali militari giapponesi fossero unanimemente contrari a qualsiasi negoziazione prima dell'utilizzo della bomba atomica. 
Mentre alcuni membri della classe dirigente civile utilizzarono canali diplomatici segreti per dare vita a una negoziazione di pace, non potendo da soli negoziare una resa o addirittura un cessate il fuoco, il Giappone, in quanto monarchia costituzionale, sarebbe potuto intervenire in un accordo di pace solo con il consenso unanime del governo giapponese, il quale era dominato dai militari dell'esercito imperiale e della marina imperiale, tutti inizialmente contrari a qualsiasi accordo di pace. 
Si sviluppò così uno stallo di tipo politico tra i capi giapponesi militari e quelli civili, che vedeva i militari sempre più determinati a combattere, nonostante i costi e le scarse probabilità di vittoria. In molti continuarono a credere che il Giappone potesse negoziare termini di resa maggiormente favorevoli continuando a infliggere numerose perdite alle forze nemiche, così da portare a termine la guerra senza un'occupazione del Giappone o un cambiamento di governo. 
Lo storico Victor Davis Hanson evidenzia l'aumentata resistenza giapponese, benché futile in retrospettiva dato che era sempre più chiaro che l'esito della guerra non poteva essere rovesciato dalle potenze dell'Asse. La battaglia di Okinawa mostrò questa determinazione nel combattere a tutti i costi. Più di 120 000 giapponesi e 18 000 statunitensi vennero uccisi nella più sanguinosa battaglia del teatro del Pacifico, solo otto settimane prima della resa del Giappone. In realtà ci furono più morti nella battaglia di Okinawa che nei primi istanti seguenti lo scoppio delle due bombe atomiche. Quando l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone l'8 agosto 1945 e portò avanti l'operazione Tempesta d'Agosto, l'esercito imperiale giapponese ordinò alle sue mal equipaggiate e indebolite forze in Manciuria di combattere fino all'ultimo uomo. Il maggiore generale Masakazu Amanu, capo delle operazioni al quartier generale imperiale, dichiarò che era assolutamente convinto che le opere difensive, incominciate all'inizio del 1944, potessero respingere qualsiasi invasione Alleata delle isole giapponesi con perdite minime. 
 
I giapponesi non si sarebbero arresi facilmente a causa della loro forte tradizione di orgoglio e onore: molti seguivano il codice dei samurai e avrebbero combattuto fino alla morte del loro ultimo uomo. Dopo essersi convinta che la distruzione di Hiroshima fu causata da un'arma nucleare, la classe dirigente civile ottenne maggior forza per la sua opinione secondo cui il Giappone doveva riconoscere la sconfitta e accettare i termini della dichiarazione di Potsdam. Dopo la distruzione di Nagasaki l'imperatore Hirohito in persona dovette intervenire per porre fine all'impasse nel gabinetto. 
Secondo alcuni storici giapponesi, i capi civili che caldeggiavano la resa videro nei bombardamenti atomici la loro salvezza. L'esercito si rifiutava incrollabilmente di arrendersi, così come i militari del gabinetto di guerra (siccome il gabinetto funzionava per consenso unanime, anche un solo contrario poteva impedire l'accettazione della dichiarazione). La fazione per la pace prese quindi i bombardamenti come nuovo argomento per imporre la resa. Koichi Kido, uno dei più stretti consiglieri dell'imperatore Hirohito, dichiarò: «Noi del partito della pace fummo aiutati dalla bomba atomica nel nostro tentativo di porre fine alla guerra». Hisatsune Sakomizu, il capo segretario di gabinetto nel 1945, definì i bombardamenti «un'opportunità d'oro data dal cielo al Giappone per porre fine alla guerra». Secondo questi e altri storici, la classe dirigente civile pro pace fu in grado di usare la distruzione di Hiroshima e Nagasaki per convincere i militari che nessuna quantità di coraggio, abilità e combattimento impavido poteva aiutare il Giappone contro il potere delle armi atomiche. Akio Morita, fondatore della Sony e ufficiale della marina giapponese durante la guerra, conclude anch'egli che fu la bomba atomica e non i bombardamenti convenzionali dei B-29 a convincere l'esercito giapponese ad accettare la pace. 
I sostenitori dei bombardamenti fanno inoltre notare che l'attesa della resa giapponese non era un'opzione priva di costi: a causa della guerra i non combattenti morivano in tutta l'Asia a un ritmo di circa 200 000 al mese. I bombardamenti incendiari avevano ucciso più di 100 000 persone in Giappone dal febbraio 1945, direttamente o indirettamente, e quel massiccio bombardamento convenzionale sarebbe proseguito prima di un'invasione. Il blocco sottomarino e le operazioni di minamento dell'operazione Starvation avevano sensibilmente ridotto le importazioni giapponesi. Un'operazione complementare contro le ferrovie giapponesi stava per prendere il via, isolando le città dell'Honshu meridionale dal cibo che cresceva in altre parti del Giappone. Questo, combinato con il ritardo nei rifornimenti di assistenza degli Alleati, avrebbe potuto risultare in un maggior numero di vittime per il Giappone, a causa di carestia e malnutrizione, rispetto a quello che si ebbe con gli attacchi. «Immediatamente dopo la sconfitta, alcuni stimarono che 10 milioni di persone erano probabilmente destinate a morire di fame», notò lo storico Daikichi Irokawa. Nel frattempo, in aggiunta agli attacchi sovietici, vennero programmate delle offensive per settembre nella Cina meridionale e in Malesia. 
 
Padre John A. Siemes, professore di filosofia moderna all'Università Cattolica di Tokyo e testimone dell'attacco atomico su Hiroshima, scrisse: 
«Abbiamo discusso tra noi l'etica dell'uso della bomba. Alcuni la considerano nella stessa categoria dei gas venefici ed erano contrari all'uso sulla popolazione civile. Altri erano dell'opinione che nella guerra totale, come era portata avanti dal Giappone, non c'era differenza tra civili e soldati, e che la bomba stessa fu una forza effettiva che tendeva a porre fine allo spargimento di sangue, avvertendo il Giappone di arrendersi ed evitando quindi la distruzione totale. Mi sembra logico che colui che sostiene la guerra totale in principio non possa lamentarsi della guerra contro i civili.» 
 
Oppositori all'impiego dell'arma atomica 
Il cenotafio del Parco della Pace di Hiroshima reca iscritta una frase: «Riposate in pace, perché questo sbaglio non sarà ripetuto» e questa costruzione, naturale nella lingua giapponese, intendeva commemorare le vittime di Hiroshima senza politicizzare la questione. 
Il Progetto Manhattan era stato originariamente concepito per contrastare il programma atomico della Germania nazista e con la sconfitta tedesca diversi scienziati che lavoravano al progetto sentirono che gli Stati Uniti non dovevano essere i primi a usare una tale arma. Due dei principali critici del bombardamento furono Albert Einstein e Leó Szilárd, che assieme avevano spronato la prima ricerca sulla bomba nel 1939 con una lettera scritta a quattro mani indirizzata al presidente Franklin D. Roosevelt, per poi cambiare idea una volta saputo dell'effettivo potere distruttivo della bomba (inizialmente Einstein sottovalutò questa capacità). Szilard, che in seguito avrebbe giocato un ruolo importante nel Progetto Manhattan, sostenne: 
«Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati.» 
 
Nei giorni precedenti molti scienziati (incluso il fisico nucleare statunitense Edward Teller) sostennero che il potere distruttivo della bomba poteva essere dimostrato senza fare vittime, per esempio sganciando la bomba in una zona non abitata del Giappone come "avvertimento" nei confronti del governo giapponese. Questa soluzione però non ottenne favori perché avrebbe comportato il consumo a vuoto di una bomba (erano costose e richiedevano tempi lunghi per la loro costruzione) e non vi erano certezze che un tale test avrebbe invece informato i giapponesi del pericolo spingendoli ad allertarsi ancora di più per cercare di intercettare un'eventuale missione di attacco atomico. 
I bombardamenti, assieme ad altri attacchi ai civili, si potevano ritenere violazioni della Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907, che erano state ratificate dal Senato degli Stati Uniti nel 1902 e nel 1908.  
La Convenzione dell'Aja del 1907 concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, vigente all'epoca, recitava all'articolo 25:  
"È vietato attaccare o bombardare, con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o edifizi che non siano difesi". 
 
L'esistenza di resoconti storici che indicano che la decisione di usare le bombe atomiche venne presa allo scopo di provocare una resa anticipata del Giappone tramite l'uso di un potere impressionante, unita all'osservazione che le bombe vennero usate di proposito su obiettivi che includevano dei civili, ha fatto sì che alcuni commentatori osservassero che l'evento fu un atto di terrorismo di Stato. Lo storico Robert Newman, che è a favore della decisione di sganciare le bombe, prese l'accusa di terrorismo di Stato abbastanza seriamente da replicare che la pratica del terrorismo è giustificata in alcuni casi. 
Alcuni hanno sostenuto che i giapponesi erano già sostanzialmente sconfitti e quindi l'uso delle bombe non era necessario. Il generale Dwight Eisenhower consigliò così il segretario alla guerra Henry Stimson nel luglio del 1945. L'ufficiale più alto in grado nel teatro del Pacifico, il generale Douglas MacArthur, non venne consultato in anticipo, ma disse in seguito che sentiva che non ci fosse giustificazione militare per i bombardamenti.  
La stessa opinione venne espressa dall'ammiraglio di flotta William Leahy (capo di Stato maggiore del presidente), dal generale Carl Spaatz (comandante delle forze aeree strategiche statunitensi nel Pacifico), dal brigadiere generale Carter Clarke (ufficiale dei servizi segreti militari che preparò i telegrammi giapponesi intercettati per gli ufficiali statunitensi); dall'ammiraglio Ernest King (capo delle operazioni navali statunitensi) e dall'ammiraglio di flotta Chester Nimitz (comandante in capo della flotta del Pacifico). 
 
Eisenhower scrisse nelle sue memorie The White House Years: 
«Nel 1945 il segretario alla guerra Stimson, visitando il mio quartier generale in Germania, mi informò che il nostro governo stava preparandosi a sganciare una bomba atomica sul Giappone. Io fui uno di quelli che sentirono che c'erano diverse ragioni cogenti per mettere in discussione la saggezza di un tale atto. Durante la sua esposizione dei fatti rilevanti fui conscio di un sentimento di depressione e così gli espressi i miei tristi dubbi, prima sulla base della mia convinzione che il Giappone era già sconfitto e che sganciare la bomba era completamente non necessario; e in secondo luogo perché pensavo che il nostro Paese dovesse evitare di sconvolgere l'opinione pubblica mondiale con l'uso di un'arma il cui impiego era, pensavo, non più obbligatorio come misura per salvare vite americane.» 
 
L'indagine degli Stati Uniti sul bombardamento strategico, dopo aver intervistato centinaia di civili e militari giapponesi dopo la resa del Giappone, riportò: 
«Basata su investigazioni dettagliate di tutti i fatti, e supportata dalla testimonianza dei leader giapponesi sopravvissuti coinvolti, è opinione dell'indagine che certamente prima del 31 dicembre 1945, e con tutta probabilità prima del 1º novembre 1945, il Giappone si sarebbe arreso anche se le bombe atomiche non fossero state sganciate, anche se la Russia non fosse entrata in guerra e anche se nessuna invasione fosse stata pianificata o contemplata.» 
 
Poiché nessuna invasione statunitense era imminente, si è sostenuto che gli Stati Uniti non avevano niente da perdere nell'aspettare diversi giorni per vedere se la guerra poteva essere cessata senza l'uso della bomba atomica.  
Per come si svolsero i fatti la decisione di arrendersi del Giappone venne presa prima che la portata dell'attacco sovietico alla Manciuria, all'isola di Sachalin e alle isole Curili fosse nota, ma se la guerra fosse continuata i sovietici sarebbero stati in grado di invadere Hokkaido ben prima dell'invasione alleata. Altre fonti giapponesi hanno affermato che gli stessi bombardamenti atomici non furono la ragione principale della capitolazione. 
Essi sostengono invece che furono le rapide e devastanti vittorie sovietiche sul continente nella settimana seguente la dichiarazione di guerra che spinsero al messaggio di resa del Giappone il 15 agosto 1945.  
Diverse organizzazioni hanno criticato i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki su basi morali. Per citare un esempio, un rapporto del 1946 del Concilio Nazionale delle Chiese intitolato Guerra atomica e fede cristiana include il seguente passaggio: 
«In quanto cristiani americani, siamo profondamente pentiti per l'irresponsabile uso già fatto della bomba atomica. Abbiamo concordato che, qualunque sia il giudizio che si può avere della guerra in principio, i bombardamenti a sorpresa di Hiroshima e Nagasaki sono moralmente indifendibili.» 
 
Il primo atto della guerra fredda 
È opinione diffusa che i bombardamenti atomici non mirassero solo a una pronta resa del Giappone, ma costituissero anche un monito all'alleato sovietico.  
La resa del Giappone prima del concordato intervento sovietico in Estremo Oriente non solo avrebbe evitato la creazione di diverse zone d'occupazione, come era avvenuto in Germania, ma avrebbe inoltre privato l'Unione Sovietica di pegni territoriali da far valere al tavolo della pace.  
Si è trattato inoltre di un'ostentazione spettacolare di una nuova potenza distruttrice (permessa dall'uso congiunto dell'aviazione e dell'arma nucleare) non posseduta dall'Unione Sovietica, potenza essenzialmente terrestre che sarebbe stata molto vulnerabile ai bombardamenti strategici.  
Lo scopo era quindi bilanciare lo strapotere sovietico terrestre (ottenuto grazie alla decisiva vittoria contro il Terzo Reich) con la minaccia di una ritorsione spaventosa contro la quale non apparivano possibili difese. In tale logica va inquadrato il laconico accenno di Truman a Stalin, durante la conferenza di Potsdam, riguardo a una nuova arma e al fatto che l'incursione su Hiroshima avvenne prima dello spirare del termine concordato per l'intervento sovietico in Estremo Oriente. 
 
Riposate in pace, eroi dell'Umanità. 
Noi continueremo a disperarci e a costruire i nostri alibi impossibili. 
 
Io non dimentico! 
 
Licenza Creative Commons   6 Agosto 2019
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