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Due parole
Diciamocelo in due parole ... 
di Ninni Raimondi
 
Le manie di protagonismo di Federica Angeli e la malsana ossessione per il suo murale 
Ve li immaginate Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che, nel pieno della battaglia contro Cosa nostra, trovano il tempo di mandare migliaia di messaggi in cui implorano ai loro amici, di firmare una petizione per far disegnare il proprio volto su un muro della stazione di Palermo? Ve lo immaginate Peppino Impastato che, tra una minaccia e l’altra di Tano Badalamenti, si mette a contare e a pubblicare ogni giorno gli aggiornamenti numerici sulle firme in favore di un suo murale, paragonando la cifra agli abitanti dei comuni italiani? Tipo “avanti amici, siamo a 22 mila firme, tante quanti gli abitanti di Isernia, presto la mia faccia tornerà sulla parete di una scuola di Cinisi”. 
L’egocentrismo spaventoso di Federica Angeli 
Io sono sicuro che non ve li immaginate.  
 
E questo dà la misura della serietà delle “battaglie” di Federica Angeli. La giornalista di Repubblica oggi festeggia in maniera smodata, con un post dai toni trionfalistici e decine di “retweet” in suo favore, la notizia dello stanziamento dei fondi necessari da parte della Regione Lazio per il ripristino del suo volto sul “murale della legalità” a Ostia. Da quando il 18 luglio scorso il suo volto era sparito dal muro della stazione Lido Nord (per decisione della giunta M5S arrivata dopo le proteste di Luca Marsella di CasaPound), per la Angeli il ripristino del suo volto tra quello degli “eroi della legalità” è diventato una ossessione. Se non ci credete fatevi un giro sulla sua pagina Facebook per constatare come la quasi totalità dei post faccia riferimento alla “battaglia” per schiaffare nuovamente il suo faccione sul muro di Ostia. 
Federica Angeli ha così lanciato una petizione su Change.org iniziando a stalkerizzare chiunque. Pubblichiamo qui la richiesta inoltrata a Chiara Giannini, dove la Angeli implora di firmare la petizione.  
 
Poi il 24 luglio arriva la notizia che la presidente pentastellata del X Municipio, Giuliana Di Pillo, ha dato il via libera per lo stanziamento dei fondi necessari a realizzare il volto della Angeli su un nuovo muro. La cronista di Repubblica esulta e scrive “abbiamo vinto!”, alla fine a lei basta che venga celebrata in qualche modo la sua figura. Il giorno successivo però, il curatore del murale le fa notare che sarebbe meglio che il suo volto fosse ripristinato sul muro originale. E così la Angeli ci ripensa, mette nel cassetto i canti di vittoria e prosegue nella battaglia che cambierà le sorti dell’Italia: mettere il suo faccione sulla stazione della metro di Ostia. 
Dal 25 luglio in poi la Angeli sui suoi social aggiorna quasi quotidianamente sull’andamento della petizione, contando ossessivamente i numeri e paragonandoli ad alcune città italiane: “siamo a 23 mila firme come gli abitanti di Monsummano Terme”, “ora 28 mila come gli abitanti di Novi Ligure”, “altre 250 firme e siamo agli abitanti di Cernusco Sul Naviglio” e via avanti con Lucera, Fermo, Riccione etc. Non è uno scherzo, inseriamo qui le foto dell’improbabile conteggio. 
 
I post sulla petizione proseguono per tutto il mese di agosto, con un’accelerazione negli ultimi giorni in cui inizia il conto alla rovescia social in attesa dell’11 settembre, giorno fatidico in cui la Regione Lazio avrebbe stanziato i fondi.  
Fino all’esultanza di oggi dove scrive, sempre con sobrietà e impersonalità, “uno schiaffo alla Ponzio Di Pillo Pilato del 5S che aveva bloccato tutto. E uno a Spada pound”.  
E così l’eroina dell’antimafia dei nostri giorni sembra vincere la sua battaglia più importante, quella per la celebrazione di se stessa.  
Questi sono i tempi che ci troviamo a vivere. Sarebbe interessante chiedere il parere di un medico, per capire se un protagonismo così smodato, ossessivo, con esplosioni di rabbia preoccupanti, possa rappresentare una qualche patologia.  
 
Tassa sul contante, Meloni: “No al regalo M5S-Pd alle banche” 
Siamo alle solite, torna la sinistra al governo e – con la scusa del contrasto all’evasione fiscale – rispunta fuori la tassa sul prelievo di contante, un classico regalo a quelle banche che in casa Pd (e ora a quanto pare anche per il M5S) sono di casa, per l’appunto. La proposta-assist di Confindustria manda in sollucchero il governo giallofucsia. Molto meno chi – come Confesercenti – teme l’ennesima stangata sui già magri consumi. E di sicuro non piace alla leader di Fratelli d’Italia: “Dopo la patrimoniale e la tassa sulle merendine ora arriva pure la tassa sui prelievi al bancomat: un regalo pù grande alle banche che lucrano sulle commissioni di ogni transazione elettronica non si poteva fare! Del Pd lo sapevamo, ma ora anche il M5S getta via la maschera e si dimostra un partito prono ai poteri finanziari. Contrasteremo con ogni mezzo in Parlamento queste tasse liberticide e faremo di tutto per mandare a casa gli sciuscià delle banche!”. Lo scrive su Facebook Giorgia Meloni. 
 
Visco: “Giusto evitare l’uso del contante ma tassa del 2% non serve” 
Fa paura poi quello che propone l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco. “La proposta di Confindustria su contanti non serve a molto. Se uno mette una tassa del 2% sul prelievo, queste vengono aggirate comodamente”. “Tuttavia – precisa l’ex titolare del Mef nei governi Prodi e D’Alema – evitare l’uso del contante è giusto, uno dei principali delitti del governo Renzi fu quello di alzare la soglia da mille a tremila euro. Il messaggio era chiarissimo: rendere più facile non solo l’evasione fiscale ma anche il riciclaggio”. Intervenuto ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus, l’economista di sinistra attacca il M5S: “Pensa al carcere per l’evasione? Ma neanche tanto, perché hanno fatto condoni per un anno. I ‘manettari’ non si ricordano che noi l’abbiamo avuta una legge del genere, che stabilì che era reato tutto. Quello che accadde è che le scrivanie dei giudici erano sommerse da decine di migliaia di denunce della Gdf e i giudici non ne portavano avanti neanche una”. 
 
Confesercenti: “Tassa su contanti sarebbe stangata per i consumi” 
“No alla tassa sui contanti che sarebbe una stangata sui consumi”. Ad affermarlo è Confesercenti, che in una nota commenta la proposta di Confindustria di disincentivare l’utilizzo del contante applicando una commissione del 2% sui prelievi sopra i 1.500 euro mensili. Tassare i prelievi “sarebbe una stangata da miliardi di euro sui consumatori, che concorrerebbe sicuramente a deprimere ancora di più la spesa delle famiglie, già in rallentamento.  
Ci chiediamo inoltre quale sarebbe l’impatto di una misura del genere sulla popolazione più anziana del nostro Paese“, è la critica dell’associazione di imprese. “Al bastone preferiremmo la carota: quella della tassa sui contanti non è la strada giusta, meglio incentivare l’utilizzo di carte di credito e bancomat, con agevolazioni per i consumatori e minori costi per le imprese”, conclude Confesercenti. 
 
Salvini accetta la sfida: “Pd-M5S insieme? In Umbria vinciamo noi” 
Matteo Salvini accetta la sfida lanciata da Dario Franceschini: se M5S e Pd vogliono allearsi alle Regionali,come proposto dal ministro dem, “lo facciano. Nel nome della poltrona non conoscono vergogna, lo facciano anche in Umbria, li sfido“. Così il leader della Lega, parlando con i giornalisti ad Orvieto. “Si sono denunciati, minacciati insultati fino a ieri – prosegue l’ex ministro dell’Interno – per cercare di salvare la poltrona si mettono insieme. Tanto in Umbria si vince, il 27 ottobre verrà ricordata come la festa della libertà dell’Umbria e degli umbri. Quindi possono inventarsi qualsiasi cosa, gli può andare bene a Roma per qualche tempo. In Umbria si cambia, la sinistra ne ha combinate troppe in Umbria, non sono minimamente preoccupato”, afferma convinto Salvini. 
 
“Non durano, si stanno scannando per 40 poltrone” 
Poi il leader della Lega attacca i due protagonisti dell’inciucio giallofucsia. M5S e Pd “dicono che arriveranno a fine legislatura nel nome dell’odio nei confronti della Lega, ma gli può andare bene solo per qualche tempo. Si stanno già scannando anche stamattina per quaranta poltrone da sottosegretari. Quindi – è il pronostico del leader del Carroccio – non penso potranno andare avanti a lungo solo legati dalle poltrone, perché sull’immigrazione hanno già cominciato a litigare, sulle tasse hanno già cominciato a litigare, sulle pensioni hanno già cominciato a litigare, sulle infrastrutture e sulle autostrade hanno già cominciato a litigare”. Infine Salvini rivendica il suo primato sulle altre formazioni politiche: “Ho visto che anche oggi gli ultimi sondaggi dicono che la Lega è di gran lunga il primo partito italiano. Noi lavoriamo per il bene dell’Italia, questi per la loro poltrona. Ma prima o poi a votare si va”. 
 
In 200 per 42 poltrone: il “concorsone” M5S-Pd per i sottosegretari 
La carica dei 200 per le 42 poltrone rimaste da assegnare nel governo giallofucsia: neanche fosse un concorso pubblico. A tanto ammonta il numero di chi, tra le fila dem e pentastellate, scalpita per un posto nell’esecutivo. Oggi che si riunirà il primo Consiglio dei ministri post-fiducia, appare difficile che M5S e Pd riescano a venire a capo della spartizione dei posti da viceministro e sottosegretario, così come aveva chiesto il premier Giuseppe Conte. Dal Pd fanno scaricabarile: “Noi ci siamo, il problema è del M5S: è esploso”. Ieri però non sono andati a buon fine i contatti tra Luigi Di Maio e Vincenzo Spadafora del M5S con i dem Dario Franceschini e Andrea Orlando. Non è stato raggiunto un accordo per portare un elenco di nomi più o meno completo a Conte in tempo per il Cdm convocato alle 15. Anche i “compagni” di LeU (che aspirano a un paio di poltrone) sono pessimisti: “Noi vorremmo accelerare ma gli altri vogliono più tempo”. La questione è dirimente: senza i sottosegretari il lavoro del governo non può ancora iniziare. Ecco perché dal Colle arriva l’auspicio (che suona come una richiesta) che il governo sia a pieni ranghi e a pieno regime quanto prima. 
 
Braccio di ferro sul ministero dello Sviluppo 
I nodi da sciogliere non sono pochi. E’ in corso un braccio di ferro tra M5s e Pd su due deleghe “di peso” del ministero dello Sviluppo: Telecomunicazioni ed Energia, che nel vecchio governo aveva tenuto l’accumulatore di poltrone Di Maio. Per le Tlc i dem vorrebbero Antonello Giacomelli (già sottosegretario alle Tlc con Renzi e Gentiloni e che potrebbe anche guidare l’Agcom) e per l’Energia l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Lazio Gian Paolo Manzella. Dal canto loro, però, i 5 Stelle reclamano per sé entrambe le deleghe: all’Energia vorrebbero l’ex europarlamentare ambientalista Dario Tamburrano, le Tlc invece dovrebbe tenerle Patuanelli. Sulle deleghe della presidenza del Consiglio – anche se non v’è nulla di ufficiale – il braccio di ferro sarebbe tra 5 Stelle e Conte. Il premier sembra comunque determinato a tenere la delega ai Servizi, mentre il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro, molto vicino a Di Maio, dovrebbe ottenere le Riforme. 
 
Il totonomi del M5S 
Il M5S dovrebbe avere tra i 22 e i 23 sottosegretari, ma i pentastellati litigano ancora. Come per le poltrone al ministero degli Esteri: i contendenti sarebbero Di Stefano, Del Re, Lucidi e Pacifico. Il braccio di ferro per l’Economia dovrebbe risolversi con la nomina di Laura Castelli e Stefano Buffagni. L’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che nei giorni scorsi ha espresso rabbia e rancore per essere stata defenestrata, potrebbe diventare viceministro agli Interni e Barbara Lezzi sarebbe disposta a tornare da sottosegretario nel ministero che guidava, quello per il Sud. 
 
Il totonomi del Pd 
Nel Pd – a cui dovrebbero andare 17-18 poltrone – il criterio generale sarebbe quello di dare le ultime poltrone da assegnare ai “trombati” alle Politiche o far fare carriera agli assessori. In tal senso girava il nome di Beppe Fioroni (ma avrebbe rifiutato) e assessori (si cita dalla Regione Lazio anche Lorenza Bonaccorsi). La squadra sarebbe chiusa, ma i renziani, che avrebbero in tutto quattro nomi (due a Renzi, due a Base riformista) stanno alzando la posta. Potrebbe tornare al governo Maurizio Martina, da viceministro, e anche Debora Serracchiani.  
Per il Mef si citano Antonio Misiani e Luigi Marattin o Pier Paolo Baretta. E ancora: Marina Sereni, Bruno Astorre, Simona Malpezzi, Anna Ascani, Chiara Braga, Patrizia Prestipino allo Sport. Per LeU è in pole Rossella Muroni, ma i “compagni” chiedono almeno un altro sottosegretario. 
 
Ocean Viking, adesso arriva anche l’Anpi: “Fateli sbarcare” 
Prosegue l’attesa nel Mediterraneo della Ocean Vikings, la nave di Sos Mediterraneé e Msf che da giorni è in attesa di un porto sicuro per lo sbarco degli 82 immigrati ancora a bordo. Il numero dei passeggeri recuperati in due missioni al largo delle coste libiche è diminuito di due unità – si tratta di una donna incinta di nove mesi e il marito – fatte sbarcare a Malta per motivi medici. Rifiutata l’offerta di Tripoli come punto di attracco, la nave è in attesa di uno sblocco della situazione in casa nostra. 
 
Il Pd sfodera le zanne 
Intanto, la sinistra non ha perso tempo e da giorni sta vampirizzando il caso, chiedendo a gran voce l’inversione di rotta del governo sul tema degli sbarchi, con il segretario dem Nicola Zingaretti che ha dichiarato “La Ocean Viking deve entrare, senza se e senza ma, in un porto italiano” e Matteo Orfini a ribadire che “il primo atto del nuovo governo è chiudere i porti, chiedo di correggere subito questo errore”. Adesso arrivano anche i vecchietti dell’Anpi a voler mettere becco sulla questione. 
 
Arrivano i partigiani 
In una nota della segreteria nazionale, l’associazione spiega che “la Ocean Viking continua a navigare nel Mediterraneo col suo carico di naufraghi chiedendo finora senza successo di attraccare in un porto italiano. Non si tratta di decidere quale politica per l’immigrazione. Si tratta di salvare immediatamente 84 esseri umani. Non c’è un minuto da perdere“. Anche i “partigiani” si appellano al premier Conte: “Il presidente del Consiglio ha parlato di primato della persona e dei suoi diritti inviolabili. Siamo pienamente d’accordo. Si facciano sbarcare subito i naufraghi voltando definitivamente la pagina del recente passato“. 
 
Conte prende tempo 
Ma il nuovo esecutivo non ha ancora trovato una quadra sulle politiche dell’accoglienza.  
Da Bruxelles Conte temporeggia: “C’è grande disponibilità a trovare un accordo, anche se temporaneo, poi lo perfezioneremo ma dobbiamo uscire dai casi emergenziali affidati alla sola Italia. Qui – spiega il premier – abbiamo la massima disponibilità ma sicuramente l’Italia vuole che anche in questo meccanismo temporaneo ci sia sostanziale condivisione e ripartizione”, ha dichiarato al termine degli incontri con Ursula von der Leyen e Donald Tusk.  
 
Franceschini: “Subito alleanza Pd-M5S alle Regionali per battere la destra” 
Obiettivo: fermare la destra. Come? Riproponendo la formula giallofucsia alle elezioni. A dirlo è proprio quel ministro dei Beni culturali che, il primo giorno che è tornato sulla poltrona che già ebbe con Renzi e Gentiloni premier, ha dichiarato “ripartiamo dall’antifascismo”. “Se lavoreremo bene, potremo presentarci insieme già alle regionali. E’ difficile, ma dobbiamo provarci. Per battere questa destra, ne vale la pena“, così Dario Franceschini, in un’intervista a Repubblica lancia il suo progetto di sinistra-centro per battere la destra-centro. Una alleanza “politica ed elettorale. Che parta dalle prossime elezioni regionali, passi per le Comunali e arrivi alle Politiche“. 
 
“Se c’è la volontà politica, possiamo presentarci insieme già in Umbria” 
Per Franceschini si deve tentare già dalle Regionali in Umbria: “Lì le elezioni sono molto vicine, ma se c’è la volontà poitica si può fare tutto. Per Emilia e Calabria, poi, c’è tempo. In ogni caso, la sfida è questa“. “So che è difficile ma se governiamo bene, evitando la logica del ‘contratto’, cercando sempre la sintesi allora questa squadra può diventare il seme di una futura alleanza. Per battere la destra, vale la pena provarci”, ribadisce il ministro dem. La sintesi – va da sé – è il collante anti destra. Niente di nuovo, quindi: sono decenni che la sinistra crea accordi elettorali spesso fin troppo eterogenei per battere l’avversario (salvo poi litigare al governo e sfasciare tutto). 
A tal proposito, Franceschini – anche in riferimento alle diverse anime del Pd – ammette: “So che ci sono posizioni diverse da noi e nei 5 Stelle. Io parlo di una alleanza tra tutto il centrosinistra e l’M5S“. Insomma, l’antifona – per i suoi e per i pentastellati – è chiara: mettiamo da parte le divisioni interne e battiamo la destra, come abbiamo fatto con Prodi. E infine (r)assicura tutti: “Per noi non sarà una mutazione genetica.  
 
Da questa esperienza i dem potranno uscire rafforzati nella loro identità“.  
Anche perché, con la solita identità – e soprattutto da soli – alle elezioni i dem non possono battere nessuno. 
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