Questo Sito non ha fini di lucro, né periodicità di revisione. Le immagini, eventualmente tratte dal Web, sono di proprietà dei rispettivi Autori, quando indicato.  Proprietà letteraria riservata. Questo Sito non rappresenta una Testata Giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto non può essere considerato, in alcun modo, un Prodotto Editoriale ai sensi e per gli effetti della Legge n.62 del 7 Marzo 2001.
 
 
Scarica il PDF della situazione
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie.
 
 
 
 
Il punto della situazione
Il punto della situazione 
L'editoriale di Ninni Raimondi
 
 
 
          
 
Addio ai crocifissi sulle cime dei Pirenei: così i vandali uccidono la tradizione 
Il lento processo di de-cristianizzazione delle Europa arriva a toccare anche le cime dei Pirenei. Il Centro nazionale di addestramento commando (Cnec) francese ha preso qualche giorno fa la triste decisione di non erigere più nuove croci cristiane sulle vette dei Pirenei orientali. Il motivo? E’ per «non rinfocolare la polemica. Preferiamo optare per la pacificazione», come spiega in un comunicato. «Pacificazione» che a chi vi scrive sa tanto di resa incondizionata. Insomma, dopo l’ennesimo episodio di vandalismo, che ha colpito ancora una volta uno dei crocifissi eretti sulle cime delle montagne d’Oltralpe, la Francia ci rinuncia. Hanno vinto i vandali. «Queste persone non capiscono che queste croci sono un elemento della tradizione, che servono anche da riferimento per gli escursionisti, ma abbiamo deciso di non installarle più». 
 
Così il tenente colonnello Christophe Correa ha spiegato che non verrà più trasportata una nuova croce sulla vetta del Pic Carlit.  
L’anno scorso un gruppo di vandali è salito a 2.921 metri «con un flessibile nello zaino per distruggere la croce che misura 1 metro e 40 e pesa 40 chili». Chi si prende la briga di salire a quasi 3mila metri con un flessibile, se non qualcuno di profondamente nemico della tradizione cristiana e fortemente motivato a distruggere i nostri simboli? Dopo averla segata alla base hanno buttato la croce nell’orrido. I militari hanno subito recuperato il simbolo, facendo richiesta alle autorità per l’installazione di una nuova croce. 
I permessi c’erano ma, in accordo con il vescovo dei Pirenei orientali, è scattato l’alt per «evitare di giocare al gatto e al topo» con i laicisti.  
Mah, a noi sembra che il topo sia già stato preso. Da alcuni anni è in voga questo nuovo trend degli escursionisti che si lamentano per i crocifissi installati sulle cime del Pic Carlit e del Cambre d’Aze. Principi di laicità violati, lo chiamano.  
Attacco alle tradizioni europee, traduciamo. Rimane solo quella sulla vetta del Canigou, ma nessuno si azzarda a toccarla – è adornata di bandiere della catalogna. «Se qualcuno osasse rimuoverla, non potrebbe passare più di un giorno nel dipartimento». 
 
 
 
 
         
 
Il piagnisteo di un moralista: la magra figura di Gad Lerner a Pontida 
In data 19 dicembre 2018 gli diede della “merda umana” perché a suo dire dileggiava i migranti della Diciotti. Tre anni fa, il 6 gennaio del 2016, si rammaricò che Salvini non si trovasse in Corea del Nord dove era esplosa una bomba all’idrogeno. Ecco, chissà perché Gad Lerner sta sulle palle al popolo leghista che maltratta comodamente tacciandolo delle peggiori infamità, dal razzismo alle offese classiche come la sopra citata. Lerner lo ha fatto non solo dalle colonne dell’immancabile Repubblica, ma anche dalla cara Rai dove il comunista col Rolex ha condotto cinque puntate de “L’approdo”, il talk-flop (lo ha guardato, praticamente, tutto da solo, con degli share inesistenti) che si è occupato di Lega, di razzismo, di “prima gli italiani”, basandosi, più in generale, sul cazzeggio foderato di cachemire tipico dei signorotti come lui. Eggià, chissà per quale motivo Gad Lerner sta sulle palle al popolo di Pontida. 
 
L’inutile provocazione di Lerner 
Dopo essersi divertito a menare fendenti ai fianchi della Lega e del suo leader accostandoli vigliaccamente ai periodi truci della storia, egli arriccia il naso se a Pontida non riceve un caloroso benvenuto. Si tratta di razzismo? No, si tratta di trovarsi di fronte, finalmente, coloro che disprezzi e che malmeni con tutto il potere di cui disponi da fin troppi anni. E nessuno ha mai tentato di cucirgli la bocca o sequestrargli la penna. Anzi, nell’era del “nuovo fascismo” e del “pericolo sovranista”, Lerner si è pure aggiudicato cinque puntate in Rai generosamente offerte anche da quegli zoticoni leghisti. I quali, una volta che finalmente ti incrociano, esprimono la propria opinione consigliandoti di andare a cagare. Semplice e neanche troppo volgare. 
Una folta schiera di indignati a gettone, quelli che rimangono umani anche quando sognano, hanno vergato editoriali e fatto introduzioni di talk in cui si stracciano le vesti per la volgavità con cui è stato attaccato il compagno eroe. Che strano però, non c’è stato giorno in cui un comizio di Salvini non sia stato preso d’assalto dai perdigiorno che si insinuavano nella folla per dargli come di consuetudine del razzista, eppure le loro intromissioni finivano annoverate tra le iniziative della parte civile e responsabile dell’Italia. Quella che in qualche modo regge il peso della civiltà da migliorare (o devastare) e proteggere dai "bavbavi, bvutti, spovchi e fascistacci cviminali" che di anno in anno osano sfidarli ottenendo un vasto consenso popolare, il quale è immancabilmente superiore al loro. 
 
Moralisti e brutte figure 
Ma a loro il popolo fa schifo a meno che non sia addestrato come al circo a rispondere ai comandi: migranti? Accoglienza e solidarietà. Punto. Le loro iniziative sono state presentate come un’onda di vitalità che avrebbe travolto l’ignoranza di questo fascismo postumo, salvo poi ridursi al solito doppiopesismo incoerente che si sintetizza nella celebre frase del marchese del Grillo: io so’ io e voi nun siete un cazzo. 
Gad Lerner, più o meno, lo pensa sempre e il suo squallido tentativo era di raccattare insulti per poter chiudere il cerchio delle accuse al nemico che si è dimostrato anche violento. Il tutto si incastra perfettamente col suo profilo: quando Gad Lerner dovette decidere chi essere, optò per il genere operaista torinese molto benestante e sempre attaccato ai potenti di sinistra col portafogli a destra. Con Agnelli è andato in elicottero, con De Bendetti in vacanza e nel Monferrato acquistò una cascina nei pressi della tenuta di Inge Feltrinelli. Ha sempre avuto il tic elitario e la fissa nel dover apparire più insopportabile di tutti gli altri. 
 
Il brutto dei moralisti è che, oltre a cicaleggiare contro la tua immorale, vorrebbero pure importi la loro. Gad Lerner è di questa pasta, difatti rimane indigesto a tutti, tranne a chi ha il potere di imporre su di lui la propria morale.  
Ecco, a Pontida i leghisti non erano in grado di farlo e han fatto ciò che potevano: mandarlo a quel paese. 
 
Ecco la prova fotografica che inchioda la Lega: Lerner aggredito da facinorosi leghisti armati con armi da guerra mod. Portable Cellular in modalità selfie.  
Si vede chiaramente il terrore e lo sgomento dipinto sul volto dello sfortunato giornalista di Repubblica!  
 
Lerner sembri un buffone!
 
-o-o-o-o-o- 
 
 
 
         
 
La rosicata di Fiano rimasto senza poltrona 
La spartizione delle poltrone del governo giallofucsia, con l’ultimo assalto a quelle da viceministro e sottosegretario, non ha scontentato soltanto i dem toscani, rimasti fuori dai giochi, ma anche Emanuele Fiano, che per giorni era apparso in lizza per una poltrona al Viminale. L'”antifascista a tempo pieno” infatti non ha ottenuto nessun incarico e se n’è lamentato su Facebook, cogliendo l’occasione di voler rispondere a chi – a detta sua – gli chiedeva come mai non avesse rimediato neanche uno strapuntino. “Ho ricevuto centinaia di richieste di spiegazioni e di affetto per non essere stato scelto dal mio segretario Zingaretti a far parte del nuovo governo – scrive Fiano sul social -. Non posso rispondervi perché non lo so. Non conosco un motivo spiegabile né una ragione che io intuisca o che sia razionalmente concepibile“. Insomma, per l’esponente dem è stata un’amara sorpresa, neanche lontanamente ipotizzabile, la sua esclusione. 
 
“Si vede che ci sono mie caratteristiche che disturbano” 
“Posso solo dire che non c’era nessun obbligo né nessun contratto che ci assicurasse nessun posto. Forse ci siamo semplicemente convinti, parlo per me, che molti anni di lavoro e di competenza, oltre che di relazioni, e di passione civile su di un tema, come in generale per il mio gruppo e per il mio partito, avrebbero indotto chi doveva decidere a scegliere in base a questo tipo di criteri”, spiega l’esponente dem. “Non è stato così, non è la prima volta, amen. Si vede che il mio destino non è quello o che ci sono mie caratteristiche che disturbano“. Un passaggio, quest’ultimo, poco chiaro sebbene evidentemente allusivo. 
 
“Spero che in futuro si scelga in base alle competenze” 
Poi Fiano si contraddice da solo: “Piagnucolare adesso rispetto a quello che succede in Italia e nel mondo sarebbe una vergogna“. Un’affermazione che cozza con il “pianto” finora speso per la sua inspiegabile e irrazionale esclusione dalla squadra di governo.  
Infine ci tiene a precisare che nel totonomi dell’ultimo assalto alla poltrona non ci si era messso da solo: “Non avevo dato io il mio nome ai giornali, avevo già imparato a non credere ai giornali su queste cose.  
Si saranno sbagliati tutti i giornali. Saluterò con un sorriso il giorno in cui le classi dirigenti saranno scelte anche in base alle competenze. E che parleremo di politica senza bilancino“. 
Parole dure di un uomo deluso dalle decisioni del suo partito.  
Che ricordano quelle dell’ex ministro Elisabetta Trenta, pentastellata esclusa dal Conte bis, che era arrivata, in uno scatto di ira, a minacciare di dire cose scomode per tutti. Ebbene, la Trenta rivendicava un ruolo nel governo per aver combattuto Salvini. Dal canto suo, è possibile che anche Fiano se lo aspettasse per il suo impegno profuso contro il leader della Lega.  
E in effetti, nei giorni del totoministri, a tutti era sembrata una nemesi, il suo nome al ministero dell’Interno. 
 
 
 
         
 
Bertinotti accusa Salvini : “È un surfista senza onda” 
Fausto Bertinotti ritorna dal silenzio pneumatico a cui ci aveva abituati per partecipare come ospite a vari talk show senza capo né coda per commentare le recenti evoluzioni politiche. 
 
“Salvini? Surfista senza onda”  
Manco a dirlo, oggetto della sua critica é Matteo Salvini che sarebbe colpevole di eccessiva presunzione. “L’errore di Salvini è un errore capitale. Questi leader di questo tempo che si affermano sulla mozione di emozioni spesso si rivelano molto poveri politicamente” dice il comunista vestito di cachemire.  
(Mi piacerebbe presentargli due o tre comunisti cubani: glielo farebbero vedere loro il comunismo in cachemire) 
“Sono come dei surfisti: stanno bene sulla cresta dell’onda, ma se devono guadagnarsi un percorso autonomo, come surfista senza onda cade“. L’ex presidente della Camera sembra voler accusare uno, Salvini, per “colpirne cento”, parlando in generale di “questi leader”.  
Ma chi sono gli altri?  
Che sia una velata (velatissima) stoccata anche agli esponenti più in vista del Partito Democratico? 
 
Ma Bertinotti accusa anche il Pd 
D’altronde quando ancora si era agli albori del “grande inciucio” Pd – M5S, Bertinotti fu molto critico nei confronti dei rappresentanti della sinistra italiana accusandoli di essere malati si “governismo”: “Così facendo il centrosinistra ripensa l’ancien régime, ritorna a quel sistema politico che ha determinato il vuoto che ha portato al governo dei populisti: le stesse movenze, le stesse relazioni tra partiti, lo stesso governismo, l’ansia di andare al governo, come se non fosse stata proprio la governabilità a provocare l’attuale crisi».  
Secondo Bertinotti, dunque, il Pd sarebbe mosso unicamente dall’ossessione per il potere: “Se chi vuole contrastare Salvini – incalza Bertinotti – ha paura delle urne e di misurarsi con la propria inadeguatezza, allora è evidente che quelle forze devono attuare una rivoluzione al loro interno, devono cambiare». 
 
 
 
         
 
Papa Francesco: “Alcuni politici meritano di essere insultati” 
Papa Francesco, nell’omelia della messa celebrata nella domus Santa Marta in Vaticano dopo la pausa estiva esorta a pregare per i politici. Ma fa dei “distinguo”. 
 
“Pregare per tutti i politici”  
“Pregare per i politici di tutti i colori, tutti! Pregare per i governanti; e anche i governanti, responsabili della vita di un Paese, devono pregare per il loro popolo”. “C’è chi afferma che la politica è sporca – dice Bergoglio -. Può essere sporca come può essere sporca ognuna delle professioni, ognuna: siamo noi a sporcare una cosa, ma non è la cosa in sé che è sporca”. 
 
“Non si prega abbastanza”  
“Ci sono politici, ma anche preti e vescovi, che sono insultati, qualcuno se lo merita, ma ormai è come un’abitudine” dichiara il Papa. Con chi ce l’avrà? “Sono sicuro che non si preghi per i governanti, anzi: sembrerebbe che la preghiera ai governanti sia insultarli. E così, va la nostra vita nei rapporti con chi è al potere”. 
 
“Spirito patriottico…”  
Per fortuna il Papa ognittanto ricorda di essere in Italia e che in Italia c’é stata una crisi di governo.  
E dice: “chi di noi ha pregato per i governanti?  
Chi di noi ha pregato per i parlamentari?  
Perché possano mettersi d’accordo e portare avanti la patria?  
Sembra che lo spirito patriottico non arrivi alla preghiera ma alle squalificazioni, all’odio, alle liti… e finisce così” ecco che arriva, prevedibile, l’attacco sotto forma di” colombe ” ai sovranisti, che Bergoglio assimila a Satana .”  
Si deve discutere e questa è la funzione di un Parlamento, si deve discutere ma non annientare l’altro.  
Anzi, si deve pregare per l’altro, per quello che ha un’opinione diversa dalla mia”.  
 
Salvo che non si parli di immigrati… 
 
 
 
         
 
Giachetti lascia la direzione Pd: “Ero il frontman della campagna anti M5S” 
Roberto Giachetti si dimette dalla direzione del Partito Democratico. L’annuncio su Facebook in un video. “Capisco perfettamente le ragioni per cui abbiamo deciso di fare questo accordo e in cuor mio io, davvero, mi auguro che possa funzionare.  
Non posso, però, rinnegare le mie convinzioni sul Movimento 5 Stelle e su tutto quello che è successo in questi anni perché sono cose che a me pesano”, spiega l’esponente dem. “Sono stato il frontman della campagna che negava qualsiasi possibilità di fare un accordo con loro.  
Mi sono candidato alla segreteria del partito contro quest’ipotesi. Vista questa situazione è inevitabile che ne debba trarre le conseguenze. Per come intendo la politica, ci sono delle regole non scritte per cui quando si commettono errori di valutazione del genere non può rimanere tutto uguale.  
Per questa ragione – annuncia Giachetti – ho deciso di dimettermi dalla Direzione nazionale del Partito democratico. Non potrei continuare a stare in una cabina di regia politica che deve sostenere questo progetto, non essendone convinto fino in fondo“. 
 
“Non sto sconfessando iniziativa politica di ‘Sempre Avanti'” 
“Dopo il giuramento del governo, anche per la parte dei viceministri e sottosegretari, è venuto il momento che io parli e dica la mia dopo un periodo di silenzio durato un mese e mezzo”, riconosce Giachetti. “Dentro di me non posso nascondere i dubbi che ho.  
Per questo non posso più continuare a svolgere il mio incarico di dirigente politico all’interno di quell’organismo di direzione politica così importante“, chiarisce. Infine ci tiene a sottolineare che la sua decisione non ha nulla a che fare con gli altri esponenti della sua corrente: “Non sto sconfessando tutta l’iniziativa politica che abbiamo portato avanti con ‘Sempre Avanti’ in questi anni. Anzi voglio rilanciare quell’impegno e sarò in prima linea, senza incarichi. Ringrazio tutta quella comunità e faccio i miei auguri ad Anna Ascani, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto per i loro incarichi di governo”. 
 
L’appello di Orlando: “Spero che ci ripensi” 
Il collega di partito Andrea Orlando si augura che Giachetti non si dimetta: “Io penso che per guidare un percorso come quello che ci attende serva il contributo di chi ne diffida e persino di chi è stato contrario. Per questo spero che Roberto Giachetti ci ripensi e rimanga in direzione”. 
 
 
 
         
 
Renzi lascia il Pd: “Gruppi autonomi in settimana. Pieno sostegno a Conte” 
E’ ufficiale: Matteo Renzi lascia il Partito Democratico. E lo annuncia in un’intervista a Repubblica, in anticipo quindi su quanto dichiarato ieri – ossia che non ne avrebbe parlato prima della Leopolda, ad ottobre. L’ex premier ha telefonato al premier Giuseppe Conte assicurandogli che il suo nuovo soggetto politico darà “pieno sostegno al governo” giallofucsia. “Solo chi è a digiuno di politica – spiega l’ex segretario del Pd – non capisce questa mia scelta. Formeremo due gruppi parlamentari, uno di 25 deputati alla Camera e un altro tra i 12-15 senatori a Palazzo Madama. Due nuovi soggetti che saranno decisivi per la maggioranza e per il governo”. 
 
Le critiche al Pd: “Manca una visione sul futuro” 
“Quello che mi spinge a lasciare è la mancanza di una visione sul futuro. I gruppi autonomi – annuncia – nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti: Zingaretti non avrà più l’alibi di dire che non controlla i gruppi Pd perché saranno ‘derenzizzati’ e per il governo probabilmente si allargherà la base del consenso parlamentare, l’ho detto anche a Conte.  
Dunque l’operazione è un bene per tutti, come osservato da Goffredo Bettini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il ragionamento è più ampio e sarà nel Paese, non solo nei palazzi”. “Dopo sette anni di fuoco amico penso si debba prendere atto che i nostri valori, le nostre idee, i nostri sogni non possono essere tutti i giorni oggetto di litigi interni”, dice in un post su Facebook. 
 
“Voglio passare i prossimi mesi a combattere Salvini” 
Renzi spiega di voler “passare i prossimi mesi a combattere contro Salvini. Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare”, sottolinea, “ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società.  
E credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più“. 
 
Il nuovo partito “sarà una casa femminista. Niente elezioni almeno per un anno” 
Poi Renzi anticipa come intende organizzare la sua nuova “creatura” politica, che secondo i rumors, potrebbe chiamarsi “Italia del sì”. “Non sarà un partito tradizionale, sarà una casa. E sarà femminista con molte donne di livello alla guida.  
Teresa Bellanova sarà il capo delegazione nel governo“. Poi il senatore toscano precisa che “la nostra Casa non si candiderà né alle Regionali né alle Comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le Politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato”. 
 
Franceschini paragona il senatore toscano a Mussolini 
Nella giornata di ieri, in tanti in casa Pd hanno cercato di dissuadere Renzi. A partire dal sindaco di Firenze Dario Nardella. Tanto che si parla di una discussione davvero infuocata nella chat dei deputati Pd sulla scissione.  
Sarebbe intervenuto, a quanto si apprende, anche il ministro Dario Franceschini con queste parole: “Nel 1921-22 il fascismo cresceva sempre più, utilizzando rabbia e paure. Popolari, socialisti, liberali avevano la maggioranza in Parlamento e fecero nascere i governi Bonomi, poi Facta 1 poi Facta 2. La litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell’ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori”. 
 
 
 
 
         
 
Sondaggio choc: M5S crolla al 15,5%. E il 55% degli italiani è contro il nuovo governo 
La maggior parte degli italiani è contraria al governo Conte bis. E questo lo sapevamo, visto che più o meno tutti i sondaggi usciti in questi giorni, confermavano in modo abbastanza omogeneo questo dato. Ma la rilevazione realizzata da Winpoll-Il Sole 24 pone un elemento nuovo e in controtendenza con tutti gli altri sondaggi: il crollo del Movimento 5 Stelle al 15,5%.  
Numeri che offrono una lettura totalmente diversa del quadro politico attuale. I sondaggi realizzati dai vari istituti in questi giorni ci avevano raccontato del forte calo della Lega (anche di ben 7 punti), mentre la formazione dell’esecutivo giallofucsia avrebbe premiato il Pd, balzato sopra il 24%, ma anche i 5 Stelle, passati dal 17% delle Europee al 21-22%. 
 
Un sondaggio che sconfesserebbe tutti gli altri 
La rilevazione Winpoll-Il Sole 24 ore già a fine agosto poneva questo dato in completa discordanza con gli altri istituti di ricerca (Tecnè, Demopolis etc), dando i pentastellati al 16,6% contro la media del 19-20% delle restanti rilevazioni.  
Anche sullo stato di salute politica di Matteo Salvini il sondaggio pubblicato dal Sole ieri ribalta la narrazione: la Lega resta salda al 34% delle scorse Europee, mentre Fratelli d’Italia sfiorerebbe il 9%.  
Insieme 6,8% attribuito a Forza Italia l’eventuale coalizione di centrodestra arriverebbe al 49,7%. Va da sé che con un quadro politico di questo tipo, ovvero con le forze di governo che a malapena raggiungono il 40% e l’opposizione che sfiora il 50%, il Conte bis non goda della fiducia degli italiani. Anzi. 
 
Solo il 41% degli italiani a favore del governo 
Il 55% si dichiara apertamente contrario al governo giallofucsia, mentre il 4% “non sa”. Ecco che il gradimento per il nuovo esecutivo è fermo al 41%, numeri che solitamente si raggiungono a fine legislatura, quando gli elettori sono sfiduciati e logorati dalla mancata attuazione delle promesse elettorali.  
E invece questo è lo stato di salute di partenza di una maggioranza di governo che si è messa (e si tiene) insieme solo in funzione anti Salvini. Rispetto alla durata del governo giallofucsia gli elettori di 5 stelle e Pd sono molto fiduciosi, con oltre l’80% convinto del fatto che durerà almeno più di un anno. 
 
Alle regionali Salvini farà il pieno 
Certo è che dato lo scarso consenso le incognite sono molte e, con le varie elezioni regionali che si avvicinano, la possibilità che il destra-centro faccia incasso pieno è molto probabile. Il che dovrebbe porre un problema politico per chi si trova al governo.  
Ma ormai abbiamo capito che il consenso elettorale e la volontà degli italiani non è così decisiva (eufemismo) per decidere i governi. 
 
 
 
         
 
Ecco chi sono i renziani nel governo e in Aula. Bellanova capo delegazione 
Matteo Renzi, con la scissione dal Pd – che era nell’aria da tempo ma che è diventata realtà dopo che l’ex premier non è riuscito a incassare i posti che chiedeva tra viceministri e sottosegretari -, si porta dietro un bel po’ di parlamentari (e anche alcuni membri del governo giallofucsia).  
L’ex segretario dem conta su due ministri, Teresa Bellanova (Agricoltura) che sarà la sua capo delegazione nel governo, e Elena Bonetti (Famiglia), ma anche il viceministro Anna Ascani (Istruzione) e il sottosegretario Ivan Scalfarotto (Affari esteri). Vediamo ora chi sono i renziani in Parlamento. 
 
Alla Camera “più di 15 dal Pd e altri si aggregheranno dal Misto e da FI” 
A Montecitorio il numero minimo per avere un gruppo è 20 deputati.  
Tra i dem che molto probabilmente seguiranno Renzi ci sono: Roberto Giachetti, che ieri ha annunciato la dimissione dalla direzione Pd e intende portarsi dietro i suoi come Anna Ascani, Nicola Carè, Luciano Nobili, Gianfranco Librandi, Michele Anzaldi; l’ex ministro e fedelissima Maria Elena Boschi con Mattia Mor e Marco Di Maio; poi Ettore Rosato; ci sarà anche ovviamente Luigi Marattin (che secondo l’Huffington post dovrebbe diventare presidente del gruppo); Lucia Annibali; Silvia Fregolent; Mauro Del Barba; l’ex Sel Gennaro Migliore.  
E anche Maria Chiara Gadda, Vito De Filippo, Martina Nardi, Andrea Rossi. “Più di 15 – racconta chi sta lavorando al dossier – verranno dal Pd, gli altri si aggregheranno dal Misto o da FI”. 
 
Al Senato confluiranno nel Misto 
Per i senatori invece, che in base al regolamento dovranno comunque iscriversi al gruppo Misto, si parla di: Francesco Bonifazi, Tommaso Cerno, Davide Faraone, Nadia Ginetti, Eugenio Comincini, Mauro Laus. Secondo alcune ricostruzioni inoltre, ci sarebbero alcuni parlamentari di Forza Italia interessati alla “renzata”. 
Resterebbero invece dentro il Pd il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e i sottosegretari Alessia Morani, Simona Malpezzi e Salvatore Margiotta che ieri hanno invitato l’ex premier a mantenere unito il partito. 
 
 
 
 
         
 
Cent’anni di rivoluzione  
Cent’anni di arditismo. Cent’anni di spirito indomabile, indomato.  
Questo, e molto altro, è stata Fiume. La «città di vita», la «città olocausta» in cui tutto ardeva di passione, guerra, festa, baccanali, canti e amor di patria. Com’è noto, il 12 settembre 1919 partiva la marcia di Ronchi. D’Annunzio, alla testa dei suoi Legionari, marciava verso un pezzo d’Italia che i Cagoia di Roma e Versailles avevano lasciato in mano allo straniero.  
Un’accelerazione rivoluzionaria che risuonò come un pugno nello stomaco ai vari cagadubbi e pantofolai che popolavano il Parlamento. Da allora, nulla sarebbe stato più come prima. Perché Fiume era ormai diventata un simbolo. 
 
La rivoluzione verticale 
Fiume come estremo baluardo di italianità. Come laboratorio rivoluzionario, come avanguardia sociale, come città dell’anima eroica e guerriera. Perché questo è stata Fiume: la Carta del Carnaro, le sperimentazioni corporative di Alceste De Ambris, i discorsi incendiari di D’Annunzio, l’Ufficio colpi di mano, le incursioni corsare degli Uscocchi, le feste orgiastiche, la cocaina, le riviste di Mario Carli e Guido Keller, le stramberie geniali di Marinetti e dei futuristi.  
Tutto e il contrario di tutto? Non esattamente. Perché la Reggenza del Carnaro non fu Woodstock, come qualche sessantottino con il parrucchino ha tentato di contrabbandare. No, la città di vita è stata sì «festa della rivoluzione», ma una rivoluzione verticale, centrata sul disperato amore per l’Italia e il disprezzo carnale per i Cagoia e gli intriganti di turno. La città olocausta è stata verticalità guerriera e libertaria al contempo, non certo ribellismo d’accatto e morale smidollata. Il Comandante non prometteva prebende e mangiatoie, ma solo il privilegio del combattimento. 
 
Fiume nel destino 
Ma perché l’impresa fiumana, a cent’anni esatti dalla marcia di Ronchi, è ancora attuale?  
Semplice: perché Fiume è vita, il nuovo governo giallofucsia è morte. Fiume è rivoluzione, il globalismo è reazione. Da una parte l’esuberanza virile dei Legionari, dall’altra i signorotti della finanza e i deputati del tradimento. L’impresa fiumana ci parla ancora, e il suo messaggio è un invito alla battaglia e alla risurrezione: marciare, non marcire. Per l’Italia, per il nostro avvenire.  
Fiume o morte, cantavano i Legionari.  
E avevano ragione: se il suo spirito morrà, anche l’ultimo anelito di vita e libertà della nostra nazione sarà spento. Perché, ormai sarà chiaro, solo Fiume ci può salvare. 
 
 
E dopo tutto questo, siete più sereni? 
Beh, per il momento è tutto! 
Licenza Creative Commons  17 Settembre 2019
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019