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I legali di Facebook a CasaPound
I legali di Facebook a CasaPound: “Giusto chiudervi le pagine”. Il 13 novembre la prima udienza 
di Ninni Raimondi
 
Il prossimo 13 novembre presso il Tribunale Civile di Roma si terrà la prima udienza del ricorso presentato da CasaPound Italia contro Facebook. L’associazione presieduta da Gianluca Iannone chiede la riapertura delle pagine e degli account ingiustamente cancellati dai social di proprietà di Mark Zuckerberg. Il 10 settembre scorso, giorno seguente all’epurazione, gli avvocati di CasaPound avevano scritto una lettera indirizzata alla Facebook Ireland Ltd in merito all'”improvvisa e ingiustificata disattivazione” della pagina dell’associazione, diffidando il gigante social “a riattivare immediatamente l’account in questione”. Per i legali di Cpi l’azione di Facebook “costituisce una grave violazione e impedisce l’esercizio di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione italiana”, violando inoltre “le disposizioni in materia di privacy e di proprietà intellettuale”. 
 
La risposta dei legali di Facebook 
Alla missiva di CasaPound, datata 10 settembre, i legali di Facebook hanno risposto solo una settimana fa (dopo la fissazione dell’udienza del 13 novembre).  
Nella mail datata 22 ottobre, gli avvocati del colosso di Menlo Park hanno ribadito le motivazioni che hanno causato la disattivazione degli account di CasaPound.  
“Le conseguenze per la violazione degli Standard della community”, scrivono i legali di Zuckerberg, “dipendono dalla gravità della violazione e dai precedenti della persona sulla piattaforma.  
In quanto tali, le Condizioni consentono a Facebook Ireland di intraprendere qualsiasi azione necessaria a dare esecuzione agli Standard della Comunità, incluso il blocco temporaneo o permanente dei contenuti, pagine incluse, in violazione degli stessi”. 
 
La difesa del gigante social ribadisce dunque che, in virtù dell’adesione ai termini contrattuali che richiamano gli “standard della comunità”, l’arbitrio di Facebook in merito a possibili censure è pressoché totale ed esso non costituisce alcuna violazione del diritto italiano, né dell’articolo 21 della nostra Costituzione. Insomma sarebbe solo un affare tra privati, non riconoscendo al social che agisce in regime di semi-monopolio alcun ruolo di piattaforma pubblica. “Alla luce del fatto che le Condizioni costituiscono un contratto valido ai sensi della legge italiana, la loro applicazione non può ritenersi lesiva della libertà di espressione“, ribadiscono i legali del social network. Anche qui il contratto tra privati permetterebbe a Facebook di non preoccuparsi di eventuali limitazione della libertà di espressione; nemmeno se ad essere censurata è un’associazione considerata legale secondo il diritto italiano, che per sei anni ha presentato regolarmente la propria lista alle elezioni raccogliendo centinaia di migliaia di voti ed eleggendo consiglieri in diversi comuni. 
 
Una censura politica 
Ma, come spiegano gli avvocati di Zuckerberg, la legge di Facebook è diversa da quella italiana: “Le attività di CasaPound al di fuori del Servizio Facebook evidenziano che essa è un’organizzazione che incita all’odio, vietata ai sensi dell’art. 2 degli Standard della Comunità di Facebook (quella che fa riferimento all'”accusa” di odio organizzato, ndr)”.  
C’è poi un passaggio più politico, che dimostra come in un futuro anche prossimo, la stessa censura potrebbe scattare, ad esempio, nei confronti di Matteo Salvini: “CasaPound ha dimostrato, anche nell’ambito di manifestazioni e discorsi pubblici, la propria ostilità verso gruppi meritevoli di protezione (menzionati dal medesimo art. 2 degli Standard della Comunità) inclusi, ad esempio, gli immigrati“, e per cui ne consegue che “ai sensi degli Standard della Comunità, CasaPound possa considerarsi una “organizzazione che istiga all’odio” alla quale, pertanto, non può essere consentita la presenza sul Servizio Facebook”. 
 
A breve toccherà a Lega e Fratelli d’Italia 
Dunque un partito politico, mettiamo la Lega o Fratelli d’Italia, che domani portasse avanti una posizione di contrasto all’arrivo di nuovi immigrati, o di rimpatrio dei clandestini già presenti sul territorio nazionale, potrebbe incorrere nella violazione dell’articolo 2 degli Standard della Comunità di Facebook e rischiare così la disattivazione delle pagine del partito.  
Non è dunque fantascienza immaginare che, in un futuro anche prossimo, una piattaforma di proprietà di una multinazionale americana, dove passano circa la metà del totale delle informazioni – dunque per dire con un peso mediatico superiore al mezzo televisivo – arriverà a censurare partiti al governo della nazione votati da decine di milioni di italiani. Forse solo a quel punto la questione fondamentale legata alla sovranità e alla libertà di un popolo, rispetto al peso e al ruolo che stanno assumendo i social network, sarà chiara anche a chi oggi sembra non capirlo. 
Licenza Creative Commons  30 Ottobre 2019
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