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Paragone
Parla Paragone e va all’attacco: “Il M5S ha rinnegato tutto” 
di Ninni Raimondi
 
Il cosiddetto “collegio dei probiviri”, l’organo del Movimento 5 Stelle che ha il compito di controllare e sanzionare chi viola le regole interne del partito, ha espulso il senatore Gianluigi Paragone dal partito. Dopo mesi di dure contestazioni alla svolta politica del Movimento, seguiti all’insediamento del governo giallofucsia, Paragone ha votato contro la legge di bilancio in Senato, che apertamente sconfessava quanto scritto nel programma elettorale del 2018. 
 
Paragone ha confermato proprio quello che è stato “il distacco traumatico tra governativi, ministri e viceministri, e la base del M5S”. In questi ultimi giorni, sono stati numerosi gli attestati di stima e solidarietà inviati dagli attivisti del Movimento.  
Per stigmatizzare il cambiamento avvenuto all’interno della dirigenza nazionale del M5S e all’apertura del procedimento di espulsione, il senatore ha giocato sulle citazioni di Momo, libro di Michael Ende: “Gli uomini che mi vogliono giudicare sono i Signori Grigi di Momo” (una razza di parassiti sovrannaturali che rubano il tempo delle persone, cercando di sviare Momo dai suoi buoni propositi). 
Quello che Paragone contesta al M5S è quello di non aver più saputo interpretare lo stato d’animo del proprio elettorato e di essere intervenuto “nello stesso telaio dove tutti hanno agito”, ovvero senza “prendere la spada e recidere il nodo gordiano”, che sarebbe dovuta essere la missione primaria del partito nato proprio dalla protesta contro l’establishment. 
 
Paragone parla anche di “impreparazione come migliore alleato del sistema, perché il sistema è preparato” a fronteggiare le minacce: “Quando il sistema ti vede impreparato ha due tipi di risposta: o ti respinge o ti accarezza per convogliarti, prestandoti pure gli esperti. E questo si è palesato nel passaggio dal governo Conte al Conte bis”. 
 
Partiamo dall’inizio della tua esperienza politica.  
Quale è stata la molla che ti ha spinto a candidarti con il Movimento 5 Stelle? 
Avevo conosciuto il Movimento grazie alle sue battaglie, per esempio l’opposizione alla rivalutazione delle quote di Bankitalia. Proprio in quell’occasione conobbi Alessandro Di Battista che mi garantì che il M5S era nato per sovvertire il sistema. E fino alla legislatura passata il Movimento era stato coerente. Quindi accettai di condurre la kermesse “Italia a 5 Stelle” a Rimini e naturalmente arrivò questo mio esperimento all’interno delle istituzioni con un partito che aveva meno tossine rispetto a tutti gli altri. 
 
Cosa aveva il Movimento 5 Stelle di diverso dagli altri partiti italiani? 
Il Movimento si oppose alle banche, all’euro e alla perdita della sovranità nazionale come è chiaro dai discorsi di Gianroberto Casaleggio. Lo stesso Grillo inveiva contro l’euro perché è una moneta costruita male, contro un’Europa a trazione esclusivamente finanziaria. Si parlava della difesa dell’acqua pubblica, come oggi si dovrebbe parlare di quella dell’energia, delle infrastrutture e delle telecomunicazioni. Erano tutte proposte che sentivo mie. Tutto questo era incluso nel programma elettorale del 2018, come del resto l’opzione di uscita dall’unione monetaria. La filigrana di quel programma era la contrapposizione alle regole imposte da Bruxelles. Per questo io ho votato contro la legge di bilancio, perché in contrapposizione proprio con il programma. Il regolamento del M5S dovrebbe imporre di votare in modo contrario quando ciò è in contrasto con quanto stabilito proprio in quel programma. Infatti, io non sono ostile al governo in sé, ma alle manovre scritte da Bruxelles, altrimenti non avrebbero messo al ministero dell’Economia Roberto Gualtieri. In questo modo, il M5S ha smentito il suo programma elettorale. 
 
Quali sono stati quindi i motivi di questa virata del M5S? 
Perché quando tu ti sei innamorato del palazzo, accetti le regole del palazzo. Non si sono nemmeno state ridiscussioni interne al Movimento. Non si può passare dal governo Conte 1 al governo Conte 2, cambiando interamente lo schema di gioco. Il premier è rimasto lo stesso, così come il capo politico Luigi Di Maio, ma è cambiato il programma. Non volevo un congresso, ma un luogo in cui discutere almeno se il programma esiste ancora oppure no. Se il programma politico non è più valido, allora va cambiato anche il capo politico. Anche la domanda formulata sulla piattaforma Rousseau non includeva ‘volete il cambio del programma elettorale’. Io ero dell’idea di andare al voto, sapendo che il Partito Democratico avrebbe preso il sopravvento, perché forza di sistema. Con il nuovo governo quindi, si è sostanzialmente rinnegato quanto promesso agli elettori. 
 
Quale sono state le vere ragioni della tua espulsione? Eliminare i dissidenti come abbiamo già visto in precedenza? 
Hanno avuto paura di una voce critica che poteva avere forza sulla base e sugli attivisti. Proprio questi ultimi avrebbero potuto essere ripagati dei tanti anni passati a predicare tra la gente comune cose che erano viste come questioni fuori dal normale. Erano i primi a parlare di fiscal compact, di pareggio di bilancio, di euro e di quote di rivalutazione di Bankitalia. Gli attivisti avrebbero potuto assaporare il gusto della vittoria, invece non è stato così a causa della rinnegazione di quelle importanti tematiche. 
 
Progetti per il prossimo futuro? Stai pensando di passare ad un altro partito? 
Assolutamente no. Queste sono questioni che restano appiccicate nel mondo romano. Alla gente normale di quanto successo negli ultimi giorni interessi poco. Al Paese reale, come agli attivisti del M5S che mi stanno scrivendo, importa invece della battaglia che ho fatto sulla bolletta della luce, sui dividendi dell’Enel che devono servire per abbassare il costo al consumatore. Agli artigiani che sono tornati nei capannoni a lavorare, a chi si è ritrovato senza lavoro e alle famiglie che hanno sostenuto un aumento delle spese nel mese di dicembre, della mia espulsione e dei drammi interni al Movimento penso che non freghi nulla. Penso invece che importi sapere se il governo intenda dare delle risposte. Sondaggi alla mano e umori alla mano, mi sembra che la gente abbia paura oggi dell’instabilità politica e di come il governo non riesca ad assicurare il benessere al ceto medio e una dignità a quello indigente. 
 
Cosa si può ipotizzare quindi per il prossimo futuro? 
Purtroppo, il governo tirerà a campare. Forse nemmeno un risultato negativo delle elezioni regionali in Emilia-Romagna sortirà effetti. Citando Novecento di Baricco, il chiodo terrà in maniera traballante il quadro che prima o poi cadrà. Ma non sai quando effettivamente cadrà. Io comunque continuerò a votare in Senato secondo il programma elettorale del 2018 e voterò contro quando questo non verrà applicato. Se dovesse esserci una manovra veramente espansiva, io voterò senz’altro a favore. Non avrei nemmeno votato a favore della manovra di Giovanni Tria se questa fosse stata sotto al 2 per cento. Io avevo esultato per quella al 2,4 per cento e quindi ho abbozzato a quella definitiva al 2,04 per cento, essendo sicuro che il governo Conte 1 avrebbe poi fatto la successiva manovra del 2019 al 2,4 per cento. Questo era quello che era stato deciso nel 2018, perché altrimenti non ti affacci dal balcone sostenendo di aver eliminato la povertà. In me resta la convinzione fermissima che lo Stato italiano deve tornare a essere protagonista, quindi le politiche keynesiane devono essere spinte in modo vigoroso. Il Giappone ha appena fatto un’iniezione di denaro pubblico pari a 109 miliardi di euro per dare ossigeno al Paese. Bisogna uscire dalla logica che lo Stato deve comportarsi come un buon padre di famiglia o come un’impresa privata.  
Questo è proprio il grande inganno del neoliberismo. 
Licenza Creative Commons  4 Gennaio 2020
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