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Ma quali martiri
Ma quali martiri: i condannati di Opicina erano terroristi anti-italiani 
di Ninni Raimondi
 
“Nel rispetto delle memorie sofferenti, che non interferisce con le valutazioni storiche e politiche” (come scrive lo storico triestino Raoul Pupo) poniamo qualche riflessione, per l’appunto storica, sui cinque condannati alla fucilazione da parte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, Viktor Bobek, Ivan Ivancic, Simon Kos, Ivan Vadnal, Pinko Tomažic, commemorati a Opicina come martiri antifascisti dall’Anpi, considerati autori di atti terroristici anti-italiani non solo sul versante politicamente opposto, ma anche da studi storici sloveni. 
 
Il Tribunale Speciale 
Il Tribunale Speciale nasce, artefice il ministro della Giustizia Alfredo Rocco, nel novembre/dicembre 1926 come organo di difesa dello Stato e della rivoluzione politica e sociale che il regime voleva imprimere alla nazione. Si trattava di un organo basato su criteri di eccezionalità e necessità (“necessitas non habet legem”), tanto da prestabilirne una durata a tempo determinato di cinque anni, la quale fu, di lustro in lustro, prolungata man mano che si ravvisava il persistere di tali situazioni. 
Una situazione di costante preoccupazione era quella che caratterizzava le ex-terre irredente annesse all’Italia dopo la vittoriosa prima guerra mondiale, in particolare sul litorale istriano immediatamente a ridosso della città di Trieste (la regione Primorska per gli sloveni o Giulia per gli italiani). 
In quella regione operavano talune organizzazioni slovene, tra cui la TIGR – acronimo di Trst-Istra-Gorica-Reka (Trieste-Istria-Gorizia-Fiume, le quattro località rivendicate), nome abbreviato di Organizzazione Rivoluzionaria della Venezia Giulia TIGR (in sloveno Revolucionarna organizacija Julijske krajine – TIGR), che si batteva per l’annessione della Giulia alla neonata Jugoslavia – ed anche croate, come la ORJUNA, Organizzazione dei Nazionalisti Jugoslavi d’ispirazione fascista. 
 
Sabotaggi, attentati e assassinii 
Durante tutti gli anni ‘30 tali organizzazioni, specialmente la TIGR e segnatamente i cinque condannati, hanno operato –  ed è storicamente accertato – azioni di sabotaggio, importazione di armi, assassinii, attentati dinamitardi e spionaggio, specialmente in collaborazione con i servizi segreti britannici, con l’intento di annettere la regione Giulia alla Jugoslavia, se non di costituire addirittura tale regione come una repubblica autonoma di stampo sovietico. 
Il processo del Tribunale Speciale del dicembre 1941 è avvenuto successivamente all’inizio delle ostilità tra Italia e Jugoslavia (6 aprile 1941), nei confronti di 60 (sessanta) imputati già detenuti nel 1940, per fatti commessi sin dal finire degli anni ‘20. 
 
I condannati di Opicina non sono martiri 
I “records” dei cinque condannati comprendevano fatti tra i più gravi tra quelli sopra menzionati. 
Ad una organizzazione di matrice esplicitamente rivoluzionaria anti-italiana, più che antifascista, si diede una obiettivamente logica risposta mediante il Tribunale Speciale, istituzione di matrice altrettanto rivoluzionaria, in quanto posta a difesa dell’opera nazionale riformatrice che il regime aveva inteso come doverosa, dinnanzi al progressivo disfacimento del sistema liberale ed al crescente disordine pubblico. 
Ma sono gli eventi successivi, nell’immediato dopoguerra, che ci spingono a guardare con grande perplessità alle annuali commemorazioni che l’Anpi –  auto-nominatasi guardia repubblicana con il compito di intervenire d’autorità in ogni disputa politica che osi discutere qualsivoglia aspetto nazionale, presente e passato – dedica ai cinque condannati di Opicina. 
Non vogliamo soffermarci sul successivo fenomeno delle foibe che solo recentemente e faticosamente ha acquisito la necessaria dignità meritevole di celebrazione nazionale (laddove nella nostra area politica e culturale di riferimento sono state molto prima accuratamente studiate e onorate). Vogliamo piuttosto tratteggiare la “cura” che è stata riservata agli italiani rimasti oltreconfine nel secondo dopoguerra, inclusi i connazionali di matrice ideologica affine al nuovo governo jugoslavo. 
 
Ad una iniziale politica di “fratellanza” italo-slava ipotizzata dal regime di Tito nelle zone istriane e dalmate, si alternavano decise azioni di repressione politica (ed anche religiosa) contro l’identità italiana, che non hanno risparmiato neanche le sezioni  del locale Partito Comunista …”Italiano”, il PCRG – Partito Comunista della Regione Giulia, quello che doveva essere un partito “fratello”. 
Le sezioni del PCRG di Capodistria, Pirano e Buie furono inopinatamente sciolte alla fine del 1945, tanto da portare all’attenzione di Togliatti la proposta, rimasta senza seguito, di fondare un nuovo “CLN cospirativo” anti-annessionista in collaborazione con gli altri partiti italiani. 
 
Ciò detto, con il rispetto dovuto ai caduti di qualunque fazione (“ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione”, Pavese, La Casa in collina), tanto più nell’epoca odierna in cui si scontrano le idee e non le armi, ci domandiamo come l’Anpi possa celebrare i caduti di Opicina, ostili non al fascismo in sé bensì proprio all’Italia.  
 
Nel ragionare su tale contraddizione, non possiamo fare a meno di pensare come l’odierno anacronistico antifascismo rischi di diventare, o sia già diventato, il feticcio di forze volte a dividere la società civile, italiana e non solo, distraendola dalla perpetrazione di autentici, attuali delitti contro la dignità e la stessa esistenza sia dell’individuo, vittima di una progressiva e vistosa degradazione di qualsivoglia diritto di cittadinanza, sia della nostra nazione. 
Licenza Creative Commons  13 Gennaio 2020
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