Questo Sito non ha fini di lucro, né periodicità di revisione. Le immagini, eventualmente tratte dal Web, sono di proprietà dei rispettivi Autori, quando indicato.  Proprietà letteraria riservata. Questo Sito non rappresenta una Testata Giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto non può essere considerato, in alcun modo, un Prodotto Editoriale ai sensi e per gli effetti della Legge n.62 del 7 Marzo 2001.
 
 
Scarica il PDF della situazione
Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie..
Prescrizione: a cosa serve, chi la usa 
di Ninni Raimondi
 
Introduzione  
La riforma della prescrizione approvata dal governo Lega-5S è già oggetto di una controriforma approvata in Consiglio dei ministri il 13 febbraio, a un mese e mezzo da quando è diventata efficace.  
Su di essa, pare al momento giocarsi l’alleanza di governo, ma la prescrizione e il sistema penale nel suo complesso non possono essere oggetto di compromessi e strumentalizzazioni per fini politici.  
Il dibattito necessariamente sorto a seguito della riforma voluta dal ministro Bonafede è serratissimo, dando vita a veri e propri schieramenti: giustizialisti vs garantisti; i primi a favore di una totale eliminazione della prescrizione o di una sua sospensione a tempo indefinito, i secondi a sostegno dell’abrogazione della riforma Bonafede o di una riforma che comunque non la sospenda indiscriminatamente.  
Tale dibattito tuttavia dà forse per scontato che le persone sappiano correttamente cosa sia la prescrizione, a che serva e quali siano i problemi della giustizia penale italiana. Poiché, appunto, la questione è davvero importante, il presente paper intende offrire al lettore le coordinate minime, senza presunzione di completezza, per comprendere i termini del dibattito.  
 
Cos’è la prescrizione?  
La prescrizione è un istituto giuridico[1] che gestisce gli effetti giuridici del trascorrere del tempo sia nel diritto civile che in quello penale.  
Nel diritto civile la prescrizione "[…] produce l’estinzione del diritto soggettivo per effetto dell’inerzia del titolare del diritto stesso, che non lo esercita o non ne usa per un arco di tempo determinato dalla legge"[2].  
In altri termini, nei rapporti giuridici tra persone e imprese la prescrizione serve a dire che un diritto soggettivo non può più essere vantato se non viene esercitato per un certo tempo.  
Il motivo è quello di garantire la certezza dei rapporti tra privati.  
 
Ad esempio, la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni per un fatto che ha provocato un danno ingiusto (illecito civile) si deve esercitare entro cinque anni, altrimenti il diritto al risarcimento si prescrive.  
Nel diritto penale "la prescrizione è una causa di estinzione del reato che opera allorché dalla commissione del fatto criminoso sia decorso un periodo di tempo (in linea di principio proporzionato alla gravità del reato) tale per cui l’ordinamento giuridico perde l’interesse alla repressione del reato commesso. Il fondamento della prescrizione va dunque ravvisato nel venir meno delle esigenze di prevenzione generale: decorso un certo lasso di tempo, l’accertamento di una (eventuale) responsabilità e l’inflizione di una pena perdono di significato per l’intera comunità"[3]
Anche nel penale, dunque, la prescrizione riguarda il decorso del tempo, ma in un senso diverso rispetto al diritto civile: in questo caso, il superamento del termine di prescrizione determina l’impossibilità per lo Stato di perseguire e eventualmente condannare una persona per un fatto commesso in un tempo troppo risalente. 
Nell’ordinamento italiano la disciplina della prescrizione “penale” è racchiusa nel codice penale (specificatamente negli articoli 157, 158, 159, 160 e 161 c.p.), riconoscendole, così, natura sostanziale e, di conseguenza, direttamente idonea ad influire sulla sopravvivenza del reato e non già sul procedimento scaturito da esso. In altri termini, la prescrizione non incide sul processo, non determina l’estinzione del processo, ma incide sul reato e determina l’estinzione di questo, in via sostanziale. 
 
A cosa serve la prescrizione? 
La prescrizione risponde a specifiche esigenze di certezza del diritto.  
Nel diritto civile, è garanzia di chiari rapporti tra privati e di certezza nella circolazione dei titoli.  
Nel diritto penale, è garanzia di un limitato esercizio della potestà punitiva sui cittadini, evitando che questi possano essere “all’infinito” soggetti alle indagini e al processo.  
E ciò per diversi ordini di ragione: a seconda della gravità del fatto e del danno cagionato, l’offesa subita dalle vittime si affievolisce, facendo venire meno l’esigenza di ripristinare l’ordine sociale infranto; le persone cambiano con il trascorrere del tempo, mentre la pena deve essere comminata, in un ottica rieducativa e retributiva, nel lasso di tempo più vicino alla commissione del fatto di reato, perché, espiando la colpa in quel determinato momento, possa comprendere l’errore commesso con la commissione del reato; infine, da un punto di vista eminentemente processuale e a garanzia del diritto di difesa, l’attendibilità delle prove dedotte in giudizio risulterebbe tanto più compromessa quanto più aumenta il tempo tra la commissione del fatto e la sua discussione in giudizio (si pensi, ad esempio ma non solo, alle testimonianze a distanza di anni dal fatto).[4] 
 
La prescrizione è un'anomalia del processo o una garanzia per indagati e imputati?  
La prescrizione è un istituto giuridico di fondamentale importanza del nostro ordinamento giuridico, ma va naturalmente inserita e valutata nel contesto delle misure sostanziali e processuali che bilanciano i diritti delle persone (indagati e rei compresi) con le esigenze di ordine pubblico. Se svolge un ruolo importante per la certezza del diritto e per la garanzia del diritto di difesa da processi “kafkiani”, è anche vero che non può essere considerato uno strumento ordinario di estinzione dei processi, in quanto si snaturerebbe la sua funzione, assegnandole un uso anomalo.  
La prescrizione serve a garantire da giudizi infiniti o potenzialmente sempre avviabili, e poco attendibili nella ricostruzione dei fatti, se troppo lontani rispetto a questi.  
Non serve, in linea di principio, a evitare la condanna.  
 
Se così accade, è una disfunzione del processo, non l'effetto fisiologico della prescrizione.  
Non dipende infatti dalla sua esistenza il fatto che essa possa assumere un ruolo diverso da quello suo congeniale. Se diviene lo scudo per evitare il processo e la sua eventuale condanna, ciò dipende da motivi esterni ad essa, in quanto il suo obiettivo non è proteggere l'imputato, ma bilanciare l'interesse dello Stato a perseguire i reati e l’interesse dei cittadini a difendersi ad armi pari con lo Stato.  
Se, dunque, vi è un problema statistico nell'estinzione dei processi per prescrizione, esso ha origine dal malfunzionamento dell'amministrazione della giustizia penale, dalla mancanza di specifici strumenti volti a rendere "ragionevole" la durata del processo e a operare quella riduzione dei tempi che da più di trent'anni si cerca di attuare in Italia.  
Le lungaggini del processo e la prescrizione sono, in altri termini, due questioni differenti, che per diversi motivi si trovano ad essere legate a doppio filo, rendendo la prescrizione una impropria soluzione alla situazione patologica dell'irragionevole durata dei processi.  
Come la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha da tempo chiarito, con la sentenza Stogmuller vs Austria del 1969, la ragionevole durata del processo dipende da circostanze concrete della vicenda processuale, e quindi soprattutto da valutazioni ex post, e non da un automatico termine "in giorni, settimane, mesi, anni o periodi variabili a seconda della gravità del reato".  
Come ricordava in audizione in Parlamento il prof. Glauco Giostra, un omicidio volontario, ad esempio, è imprescrittibile, ma non per questo sarebbe da considerare ragionevole un processo che durasse trent'anni.  
 
Dopo quanto si prescrive un reato?  
Il tempo necessario a prescrivere il reato è pari (a seguito delle profonde modifiche apportate dalla l. 251/2005 c.d. ex Cirielli) al massimo della pena prevista stabilita dalla legge e comunque non può essere inferiore a sei anni per i delitti (potremmo dire, si passi l'approssimazione, i reati più gravi) e a quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria.  
In relazione ad alcuni reati il tempo necessario a prescrivere è pari al doppio del massimo della pena prevista dalla legge e sono:  
 
1)
- il disastro colposo (art. 449 c.p.);  
2)
- alcune ipotesi di omicidio colposo (omicidio colposo a seguito di violazioni sulla normativa in materia di prevenzione e infortuni sul lavoro art. 589, comma 2, c.p. e omicidio stradale art. 589 bis c.p.);  
3)
- tutti i delitti indicati dall’art. 51, comma 3 bis e comma 3 quater, c.p.p. (delitti in materia di schiavitù, associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti);  
4)
- i delitti contro l'ambiente (contenuti nel Titolo VI bis Libro II c.p.);  
5)
- i delitti contro la personalità individuale (art. 600 e seguenti c.p.); 
6)
- la violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), gli atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.), la corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.) e la violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies).
 
Tutti i reati si prescrivono?  
Utilizzata, quindi, come misura il massimo della pena prevista dalla legge per il reato, ne consegue che sono imprescrittibili i reati puniti con la pena dell'ergastolo, "e ciò in considerazione della loro gravità, del fatto che più a lungo durano nel ricordo degli uomini e quindi non attenuano l'interesse statale alla loro repressione"[5].  
 
Cosa può succedere mentre la prescrizione decorre?  
Il corso della prescrizione può essere sospeso o interrotto: la sospensione è un effetto giuridico per il quale la decorrenza del termine della prescrizione si arresta finché dura la causa che ne ha provocato la sospensione, per poi riprendere quando cessa la causa.  
Nella sospensione, la parte di tempo già trascorsa viene conteggiata con la parte restante, quando la prescrizione riprende a decorrere. La prescrizione rimane sospesa:  
 
1)
- nei casi di autorizzazione a procedere;
2)
- nelle ipotesi di questioni deferite ad altro giudizio;
3)
- nei casi di sospensione del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o su richiesta dell’imputato o del suo difensore;
4)
- in tutti gli altri casi indicati dall’art. 159 c.p.
 
L'interruzione è un effetto giuridico per il quale, in presenza di alcuni atti giuridici, il termine di prescrizione già trascorso viene cancellato e comincia a decorrere nella sua interezza.  
La prescrizione viene interrotta dalle seguenti cause:  
 
1)
- entenza o decreto di condanna non irrevocabili;  
2)
- ordinanza di applicazione delle misure cautelari personali e quella di convalida di arresto o di fermo;  
3)
- interrogatorio reso davanti al giudice o al pubblico ministero;  
4)
- invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l‘interrogatorio;  
5)
- provvedimento del giudice di fissazione per la decisione sull’archiviazione;
6)
- richiesta di rinvio a giudizio;  
7)
- decreto di fissazione dell'udienza preliminare;  
8)
- ordinanza che dispone il rito abbreviato; 
9)
- decreto di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena (c.d. patteggiamento); 
10)
- presentazione o citazione per il giudizio direttissimo;
11)
- decreto che dispone il giudizio immediato;
12)
- decreto che dispone il giudizio e decreto di citazione a giudizio. La prescrizione interrotta ricomincia a decorrere dal giorno dell’interruzione, ma i termini previsti dall’art. 157 c.p. non possono prolungarsi oltre “un quarto”. Un prolungamento maggiore è previsto in relazione a talune ipotesi:  
13)
- nel caso di recidiva aggravata il prolungamento è della metà;  
14)
nel caso di recidiva reiterata il prolungamento è di due terzi;  
15)
- nei casi abitualità nel delitto e professionalità nel reato il prolungamento è del doppio.
 
Cosa prevedono la riforma introdotta con lo Spazzacorrotti e il lodo Conte bis?  
La legge 9 gennaio 2019 n. 3, voluta dal ministro della giustizia Bonafede, approvata dal governo M5S-Lega e entrata in vigore il 1 gennaio 2020, prevede che la prescrizione rimanga sospesa fintantoché non si giunga a sentenza o decreto di condanna definitivi, cioè divenuti irrevocabili.  
L’effetto pratico di questa sospensione è un blocco della prescrizione in secondo grado, nel senso che il secondo grado di giudizio può andare avanti a oltranza senza che il decorso del tempo incida sulla sua prosecuzione. La riforma è già oggetto di una controriforma, a nemmeno due mesi dalla sua operatività.  
Il cd. Lodo Conte bis, appena approvato dal consiglio dei ministri in assenza di Italia Viva, introduce la distinzione tra condannati e assolti in primo grado, applicando solo ai primi il blocco dei termini, e introduce un sistema per riparare all’“ingiusta” sospensione della prescrizione laddove l’imputato, condannato in primo grado, venga poi assolto in secondo.  
Per quanto si tratti di situazioni diverse, i condannati (con sentenza non definitiva) non sono figli di un dio minore tali da poter soprassedere nei loro confronti alle esigenze sottese dalla prescrizione.  
Inoltre, la riforma prevede anche che, nel caso in cui il condannato in primo grado venga poi assolto in secondo, il termine di prescrizione riprenderà retroattivamente a decorrere, tuttavia in maniera ormai poco utile se non nei limitati casi di ricorso in Cassazione contro la sentenza di assoluzione. È vero che la prescrizione è un istituto giuridico solo italiano? La prescrizione è un istituto giuridico su cui la dottrina italiana ha scritto, da tempo, le pagine migliori, ma ciò non vuol dire che sia sconosciuto agli ordinamenti stranieri né che all’estero non conoscano le garanzie sostanziali e processuali per indagati e imputati, o che i processi possano durare per sempre. Il confronto con sistemi processuali di altri ordinamenti rappresenta un’interessante opportunità di studio, in funzione critica verso il nostro sistema. Tuttavia le comparazioni non si fanno tra singoli istituti, a pena di essere fuorvianti, ma vanno condotte tra sistemi e culture giuridici in cui i singoli istituti sono immersi.  
Comparare i sistemi non vuol dire semplicemente verificare se uno stesso istituto o una stessa regola è presente o assente, ma se le finalità di un ordinamento e gli strumenti per conseguirli sono simili o no.  
 
Ciò si premette perché, come si vedrà, se è vero che la prescrizione come estinzione sostanziale del reato è tipica del nostro ordinamento, non è però vero che gli ordinamenti a noi comparabili non abbiano strumenti prescrittivi del processo o strumenti che intendono raggiungere gli stessi obiettivi da noi raggiunti con la prescrizione. Dunque, passando all’analisi comparatistica e riprendendo la tradizionale distinzione tra ordinamenti di Common law e ordinamenti di Civil law, affrontiamo la questione partendo dai modelli continentali e in particolare dall’esperienza francese.  
 
La Francia  
Occorre premettere che il procedimento penale francese è articolato in modo completamente differente rispetto a quello italiano. Tra le principali differenze, si segnala il principio di opportunità, al posto di quello di obbligatorietà, dell’azione penale, sicuramente più efficace nel ridurre la pressione esercitata sul sistema processuale; infatti, fermo restando il potere di indirizzo esercitato dal ministro e dal superiore gerarchico[6], il pubblico ministero, che prende il nome di parquet per la tradizionale collocazione nell’aula, gode di ampia discrezionalità nell’esercitare l’azione penale, potendo scegliere se avviarla o procedere all’archiviazione o, ancora, optare per una procedura di risoluzione alternativa come ad esempio la mediazione.  
Occorre peraltro sottolineare che in Francia l’equivalente del nostro pubblico ministero, dipende gerarchicamente dal governo: egli è nominato dal ministro della giustizia, è amovibile e, fino al 2013, poteva persino ricevere direttive particolari sul singolo caso da parte del ministro.  
 
Tornando alla prescrizione, la Francia prevede un meccanismo simile a quello italiano, tuttavia esso ha natura processuale, in quanto strettamente correlata all’esercizio dell’azione penale, con funzione anche punitiva[7].  
Del resto, escluse particolari tipologie di reati per le quali l’azione penale è imprescrittibile (ad esempio i crimini contro l’umanità o la diserzione e l’insubordinazione in tempo di guerra) o si estingue in termini derogatori[8], la disciplina dettata dagli artt. 7 e seguenti del code de procédure pénal prevede termini prescrizionali differenziati a seconda della gravità del reato e, in base alla loro collocazione come crimini, delitti e contravvenzioni, essa è rispettivamente di dieci anni, tre anni e un anno. Anche in Francia, la prescrizione incontra dei limiti, risultanti nel regime dell’interruzione e della sospensione: "poiché l’effetto interruttivo è attribuito ad ogni atto procedimentale, sia esso d’instruction ou de poursuite, e non sussiste alcun limite all’allungamento del termine prescrizionale, benché soggetto alla prima o all’ennesima interruzione, appare [fondato ritenere] una sorta di sostanziale imprescrittibilità dell’azione penale, una volta avviato il procedimento.  
Simile effetto è rafforzato dalla disciplina in tema di sospensione e dalle applicazioni giurisprudenziali che si orientano in senso estensivo"[9]
 
Dunque, la prescrizione ha termini che, piuttosto contenuti fuori dal processo, ma, una volta avviato questo, il meccanismo delle interruzioni non sembra altrettanto funzionale al contenimento della sua durata.  
Il rischio di rimanere immobilizzati nel limbo del giudizio è piuttosto vivo nell’ordinamento francese, che nel corso degli anni ha cercato di ovviare al problema mediante una serie di regole e procedure nuove come l’obbligo di decidere in via statuizione definitiva sull’accusa in un tempo ragionevole, o come la creazione della jurisdiction de proximité, competente a decidere sui reati di minore gravità, o del procedimento speciale, a lungo osteggiato da resistenze culturali[10], del plaider culpable ai sensi degli artt. 495, 496 e 520 del code de procédure pénal, una sorta di rito abbreviato modellato sul patteggiamento.  
Resta, comunque, che l’indebita protrazione del procedimento o di sue singole fasi è ritenuta fonte di danno risarcibile per l’imputato o condannato, ma non causa di invalidità del processo o di estinzione dell’azione penale, stante l’assenza di normative che depongano in tal senso[11].  
 
La Spagna  
Il sistema penal-processuale spagnolo è il frutto di una delle Costituzioni più recenti nel panorama del mondo occidentale, cosicché, entrata in vigore il 29 dicembre 1978, ha potuto apprezzare e fare proprie tutte quelle istanze e tutele sorte altrove poste a difesa dell’imputato e a garanzia del giusto processo.  
L’ordinamento spagnolo prevede l’istituto della prescrizione di natura sostanziale, regolato dagli artt. 131 e 132 del código penal[12].  
Secondo la prima disposizione i delitti si prescrivono nel termine di venti, quindici, dieci o cinque anni in funzione del massimo previsto dalla norma incriminatrice.  
Per i delitti di calunnia e ingiuria il termine è di un anno.  
 
Quanto alle contravvenzioni, esse si prescrivono nel periodo di sei mesi.  
I delitti contro l’umanità e di genocidio, nonché quelli commessi contro le persone e i beni in caso di conflitto armato, sono imprescrittibili.  
Emerge così immediatamente l’affinità con l’originario regime della prescrizione italiano, considerando anche che i termini prescrizionali hanno diverso avvio a seconda che si tratti di reato continuato o abituale o, se la vittima è un minore, dal raggiungimento della maggiore età.  
L’art. 132 del código penal disciplina, invece, il meccanismo dell’interruzione della prescrizione a seguito del compimento di atti processuali.  
Le differenze con il sistema italiano sono di immediata percezione, poiché è riconosciuta a tutti gli atti processuali, incluse le indagini della polizia giudiziaria e la presentazione della querela contro persona nota o identificabile, la capacità di interrompere la prescrizione e non è previsto un tetto massimo di estensione del termine nel momento in cui tali atti processuali siano stati compiuti[13].  
Di conseguenza, la combinazione delle due norme fa sì che il termine prescrizionale decorra ma venga puntualmente interrotto, a seguito dei vari atti processuali compiuti. Senonché, come reazione, richiamandosi al precetto costituzionale in tema di dilaciones indebidas indicato dall’art. 24, comma 2, della costituzione spagnola, sono emersi meccanismi correttivi al rischio effettivo di anormali protrazioni procedimentali. 
 
"Si è infatti affermato l’orientamento secondo il quale l’espressione 'senza dilazioni indebite' che impiega l’art. 24 della Costituzione allude a un concetto indeterminato, il cui contenuto concreto deve essere raggiunto mediante l’applicazione, alle circostanze specifiche di ciascun caso, dei fattori obiettivi che siano confacenti con il suo generico enunciato, [come ad esempio] la complessità della lite, i margini ordinari di durata delle liti del medesimo tipo, l’interesse che in esso rischia colui che domanda tutela, rilevante specialmente nel processo penale, la sua condotta processuale e infine la condotta delle autorità e la valutazione dei mezzi a disposizione"[14].  
 
Quindi, nel caso in cui si verifichi tale ipotesi di indebite dilazioni, l’ordinamento spagnolo ha previsto due diversi strumenti, a seconda che si tratti di processo con conseguente condanna o processo con conseguente assoluzione.  
Nel primo caso, in mancanza di una specifica normativa a riguardo, il giudice provvede ad una riduzione della pena inflitta facendo leva su una sorta di circostanza attenuante, purché il ritardo non sia dovuto all’imputato e alla complessità della causa trattata.  
Nel caso di processo concluso con un’assoluzione, è previsto, invece, un ristoro, espressamente stabilito dalla legge, consistente in un indennizzo a carico dello Stato[15].  
 
La Germania  
Il diritto penal-processuale tedesco presenta numerosi punti di incontro con il sistema italiano, a cominciare dalla vigenza del principio accusatorio, consistente in una rigida separazione tra la funzione requirente (in capo all’accusa) e la funzione giudicante, fino al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale in capo al pubblico ministero, temperato, però, dal principio di opportunità, rappresentando un chiaro esempio di impostazione pragmatica, volta alla deflazione del contenzioso.  
La prescrizione, secondo la disciplina del codice penale tedesco (Strafgesetzbuch), si distingue in Verfolgungsverjährung, prescrizione della perseguibilità, prevista dai paragrafi 78-78c, e Vollstreckungsverjährung, prescrizione dell’esecuzione, che incide sulla pena a seguito di condanna definitiva contemplata dai paragrafi 79-79b[16].  
La prescrizione della perseguibilità è l’istituto che si avvicina alla prescrizione italiana, tuttavia, a differenza di quest’ultima, ha natura eminentemente processuale, essendo una causa estintiva del processo e non del reato, come avviene in Italia.  
 
Il sistema tedesco prevede un tempo prescrizionale proporzionato alla gravità dei reati, per cui un termine pari a trent’anni è previsto per i reati puniti con la pena dell’ergastolo, vent’anni per i reati puniti con una pena detentiva massima superiore a dieci anni, dieci anni per i reati puniti con una pena detentiva che varia dai cinque ai dieci anni, cinque anni per i reati puniti con una pena detentiva tra uno e cinque anni di reclusione e, infine, tre anni per tutti gli altri reati.  
Sono esclusi, in quanto imprescrittibili, i reati di genocidio e omicidio aggravato.  
 
Anche per l’ordinamento tedesco sono previsti meccanismi di sospensione e interruzione della prescrizione, tassativamente indicati dal codice. Quanto all’interruzione, essa ricorre nelle sole ipotesi indicate dal paragrafo 78c, corrispondenti ad alcuni atti tipici dell’autorità giudiziaria quali, ad esempio, interrogatori, sequestri e perquisizioni, ordini di arresto o fissazioni di udienze.  
Uno qualsiasi di questi atti determina un nuovo corso della prescrizione che non può superare, però, il tetto massimo previsto dal doppio del termine previsto dalla legge. Merita particolare attenzione il paragrafo 78b comma 3 Stibi che statuisce la definitiva cessazione della decorrenza della prescrizione dopo l’emissione della sentenza di primo grado, sia essa assolutoria, di condanna o di rito.  
Il comma successivo prevede, in relazione ai reati puniti, nella forma aggravata, con una pena massima superiore a cinque anni di reclusione, prevede la sospensione del termine per cinque anni dal rinvio a giudizio.  
Come conseguenza di ciò, l’ordinamento tedesco ha previsto dei rimedi volti a fronteggiare le situazioni in cui il processo possa indebitamente protrarsi, esorbitando dai limiti della ragionevole durata. Infatti, nel caso di assoluzione, lo strumento è rappresentato dalla riparazione del danno.  
Più complessa è l’ipotesi di condanna: in questo caso il giudice può riconoscere al condannato una riduzione della pena, se il processo ha avuto una durata irragionevole; o, di rilievo maggiore benché residuale, il giudice tedesco può dichiarare il non doversi procedere ai sensi dei paragrafi 153 e 154 del codice di procedura penale (StPO), in ragione dell’entità del pregiudizio già causato all’imputato dal processo, a fronte di ipotesi estreme di durata del processo[17]  
 
I paesi anglosassoni  
Terminato il raffronto con gli ordinamenti di Civil law solitamente presi in considerazione nella comparazione col nostro sistema, vediamo ora i principali sistemi di Common law, ossia Regno Unito e Stati Uniti.  
Fondato sui principi dell’adversary system, il modello inglese si caratterizza per l’assenza di un codice processuale e per il ruolo tradizionalmente preponderante della giurisprudenza, con la famosa “autorità dei precedenti”[18]  
Quanto all’effetto del decorso del tempo, a differenza degli ordinamenti continentali quello inglese non contempla un istituto equiparabile alla prescrizione del reato[19]; infatti, l’avanzare del tempo è scandito dalla legge e dal suo prevedere o meno un breve termine di decadenza per l’inizio dell’azione penale, definito statutory time limit[20].  
Per converso, se la legge non dispone questo termine di avvio, l’azione penale potrà essere esercitata anche per fatti risalenti (stale offences), sebbene sia poi necessario valutare l’opportunità di procedere[21].  
Una volta avviato il procedimento, non vi sono più termini temporali estintivi, salvo importanti rimedi contro l’eccessiva protrazione del processo, come quelli “interni” contro l’abuso del processo o la misura del tutto eccezionale dello stay of proceeding, che consiste nella cessazione definitiva del processo per violazione di uno dei profili del fair trial[22].  
Nel caso in cui il processo, nonostante le lungaggini, giunga a una decisione nel merito, l’ordinamento inglese prevede diverse alternative come riparazione al danno subito, distinguendo fra decisione di condanna e di assoluzione.  
Nel primo caso, il giudice provvederà ad uno sconto di pena, in considerazione del pregiudizio subito dall’imputato per la lunga durata del processo, similmente a quanto avviene in Germania.  
Nel secondo caso, è previsto un risarcimento del danno[23].  
 
Nell’ordinamento statunitense il tempo processuale assume un significato importante, trovando menzione fin già nella principale fonte dell’ordinamento statunitense.  
Legato a doppio filo con il due process clause, il VI emendamento del Bill of Rights del 1791 stabilisce che  
"in all criminal prosecutions the accused shall enjoy the right to a speedy and public trial".  
 
Data la pregnanza svolta da tale emendamento, il suo contenuto è stato recepito anche nelle varie Costituzioni dei singoli Stati.  
 
"La formulazione del precetto dà luogo, in capo all’accusato, ad una posizione soggettiva di vantaggio, qualificabile come diritto soggettivo munito di azione in caso di inosservanza spontanea del sistema processuale"[24]  
 
Alla violazione del diritto a un processo celere la Corte Suprema ricollega un solo rimedio, il c.d. dismissal, consistente nella definitiva interruzione del procedimento, che perde la sua rilevanza e la sua funzione a causa dello scorrere eccessivo del tempo.  
Naturalmente, dato l’approccio empirico tipico del sistema statunitense, i parametri attraverso i quali decidere o meno l’attivazione del dismissal dovranno essere calibrati in relazione al caso concreto affrontato, riferendosi alla natura della causa e delle argomentazioni trattate.  
In ogni caso, lo strumento del dismissal è sempre stato usato con prudenza e ciò ha portato all’introduzione nel 1974 dello Speedy Trial Act, cui si riconduce la innovativa introduzione di termini nella scansione dei tempi processuali; chiaramente, la scadenza dei termini porta sempre ad ipotesi di dismissal, che agisce comunque differentemente all’istituto di derivazione costituzionale[25]  
 
Conclusioni  
Nella retorica contro la prescrizione, quello che è un istituto tipico e essenziale dello Stato di diritto passa per essere l’escamotage per evitare la condanna.  
Le brevi risposte che si è provato a dare dimostrano come:  
 
1)
- La prescrizione non è un trucco per evitare la giustizia, ma un presidio di civiltà giuridica, per garantire alle persone di potersi difendere. 
2)
- I termini processuali, peraltro, non sono così nella disponibilità degli avvocati come è avvertito dai più, tanto che la maggior parte delle prescrizioni si consuma in fase di indagini, e non nel processo. Su un totale di 100 procedimenti penali chiusi a causa del tempo inutilmente decorso, una quota annua variabile fra il 58 % e il 70% matura nel corso delle indagini preliminari. Percentuali più contenute interessano il primo grado e l’appello, più o meno il 18% per ciascuno dei due, mentre in Cassazione si viaggia poco al di sopra dell’1%. Poiché la legge n. 3/2019 e la sua eventuale modifica non incidono né sulla fase delle indagini, né nel corso del processo in primo grado, esse saranno inutili a stimolare un’accelerazione dei processi in almeno i 4/5 dei casi, anche se l’incidenza maggiore della prescrizione si determina nel grado di appello, dove il 25% dei procedimenti riguarda reati per i quali è sopravvenuta la prescrizione.  
3)
Tra prescrizione e durata dei processi non vi è sovrapposizione. La prescrizione non serve semplicemente a farli durare poco, né la sua assenza vuol dire che possano durare molto (come nel caso dei reati imprescrittibili, che comunque devono essere accertati, al pari degli altri, in tempi ragionevoli).  
Ad ogni modo, abolire uno degli strumenti che dovrebbero avere effetto deterrente sulla lunghezza dei procedimenti non significa garantire processi ragionevolmente lunghi, ma semplicemente nascondere il problema della eccessiva durata.  
L’equivoco di fondo è considerare la prescrizione del reato "come un farmaco per curare la lentezza del processo che un’altra patologia del sistema"[26]. Quel che va sottolineato è che la prescrizione del reato, quando interviene a processo in corso (è questa l’ipotesi interessata dalla riforma), rappresenta un fallimento per lo Stato, che male amministra la giustizia penale, con inutile dispendio di risorse e, ciò che più conta, non riesce a fare giustizia, cioè a far sfociare il processo nel suo esito naturale: l’accertamento di fatti e responsabilità. 
4)
La retorica contro la prescrizione è infondata anche laddove sostiene che la prescrizione “esiste solo in Italia”. La prescrizione esiste anche all’estero, come ostacolo all’eterno processo, solo che, diversamente dall’Italia, ha natura processuale e non sostanziale. Non è quindi un istituto solo italiano, anche se, come si è visto, altrove gli eventi del processo possono avere natura interruttiva.  
Resta che in tutti gli ordinamenti esistono rimedi per provare a risolvere il problema della eccessiva durata dei procedimenti, non per nasconderlo.  
5)
- Se la prescrizione come anomala forma di estinzione del reato rappresenta un problema del processo penale italiano che ne mina l’efficacia, altrettanto può dirsi della durata del processo stesso, che invece ne pregiudica l’efficienza, contraddicendo il principio costituzionale della ragionevole durata.
 
Secondo i dati del Ministero della Giustizia, nel 2017 la durata media del processo penale c stata nel giudizio di appello pari a 901 giorni mentre, nel giudizio di primo grado, ha oscillato tra i 707 giorni in caso di rito collegiale e i 534 giorni in caso di rito monocratico.  
Che il nostro sistema della giustizia penale debba fronteggiare un serio problema di lentezza del processo  confermato dall’ultimo report della Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPJ), costituita nell’ambito del Consiglio d’Europa.  
Il giudizio penale di primo grado dura in Italia più che in ogni altro paese (la media europea è di 138 giorni).  
Il giudizio penale d’appello solo a Malta dura di più, a fronte di una media europea di 143 giorni.  
 
È del tutto conseguente, alla luce di questi dati, che, secondo le rilevazioni del Ministero della Giustizia relative al 2016, la percentuale dei processi “a rischio Pinto”, cioè a rischio di irragionevole durata a cui consegue un obbligo di indennizzo, è del 44,5% nel giudizio di appello e del 18,9% nel giudizio di primo grado, mentre c solo del 4,2% in Cassazione.  
Se però, lo si ripete, esiste un problema di eccessiva durata dei processi non lo si nasconde eliminando quella ipotesi di estinzione del reato che scatta proprio a causa delle lungaggini (dei processi ma soprattutto, si ripete anche questo, dei procedimenti).  
 
Invece, la legge “Spazzacorrotti”, introducendo in modo radicale il blocco del corso della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado indipendentemente dall’esito, di condanna o di assoluzione, porta proprio ad ovviare al problema e anzi, nascondendolo, a persistervi.  
 
"Senza più la prospettiva della prescrizione del reato, il cui corso sarà sospeso (rectius, bloccato) dopo la sentenza di primo grado (o il decreto di condanna), il processo di appello potrebbe durare ben più di quanto duri già oggi, e il processo in Cassazione potrebbe rallentare, invertendo un positivo trend dei tempi di definizione che ha caratterizzato gli anni più recenti.  
Processi più lunghi (addirittura infiniti, si è arrivati a dire) potrebbero interessare non solo i condannati in primo grado, ma anche quanti sono stati assolti, e finirebbero altresì per frustrare la domanda di giustizia delle vittime, che la riforma vorrebbe invece soddisfare, riducendo il numero dei reati caduti in prescrizione. […]"[27]  
 
Il fatto è che la norma dello “Spazzacorrotti” ha funzionato da fiche: è servita per "puntare sui risultati attesi dai due partners di governo quando i consensi elettorali [avrebbero dovuto] decidere sulla prevalenza dell’una o dell’altra forza politica"[28]  
 
Da questo punto di vista, il cd. lodo Conte bis, appena approvato dal Consiglio dei ministri senza la partecipazione di Italia Viva, sembra continuare ad assolvere alla stessa funzione politica. 
 
 
Ninni Raimondi 
 
___________________________ 
 
Note al testo: 
 
1 Con tale espressione si intende un determinato complesso di norme attraverso le quali l’ordinamento giuridico disciplina un determinato fenomeno sociale o naturale. Cfr. voce Istituto giuridico in Vocabolario Treccani. 
2 A. TORRENTE-P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, p. 221. 
3 S. CANESTRARI-L. CORNACCHIA-G. DE SIMONE, Manuale di diritto penale, Parte generale, Il Mulino, Bologna, 2017, p. 928. 
4 La prescrizione come fenomeno giuridico è sempre stata ben accolta nella storia del diritto soprattutto come riflesso di un sempre più maturo senso di civiltà dei vari assetti sociali. Infatti, non si deve dimenticare la sua presenza già nell’Atene classica, come ci tramanda l’oratore Demostene, nella quale tutti i reati si prescrivevano in cinque anni, ad eccezione dell’omicidio e dei reati contro i nomoi statutari della polis che erano imprescrittibili. Cfr. D. S. ALLEN, The World of Prometheus: The Politics of Punishing in Democratic Athens, Princeton University Press, 2003, pp. 154-164. 
5 G. FIANDACA- E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, Bologna, 2016, p. 793. 
6 La pubblica accusa in Francia è sotto lo stretto controllo del Ministero della Giustizia, che indica le linee guida e i criteri di priorità di trattazione delle notizie di reato, senza alcuna ingerenza nei singoli casi. 
7 Per sanzionare l’inerzia degli organi deputati all’accertamento e alla repressione dei reati. Cfr. sul punto C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., p. 380; R. MERLE- A. VITU, Traité de droit criminel, tomo II, Editions Cujas, Paris, 2001, p. 66. 
8 "Le eccezioni vanno dalle prescrizioni brevi, per i reati minori, quali, ad esempio, quelli elettorali o a mezzo stampa, soggetti al termine di tre mesi; a quelle intermedie, di un anno, per la diffamazione e l’ingiuria razziale; per giungere a quelle maggiori, come in tema di narcotraffico e terrorismo, ove l’azione si prescrive in trenta o vent’anni in funzione della qualificazione criminosa o delittuosa dell’illecito» C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., p. 381; sul punto anche R. MERLE- A. VITU, Traité de droit criminel, cit., p. 68.- 
9 C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., p. 381. Sul punto si veda anche R. MERLE- A. VITU, Traité de droit criminel, cit., p. 77. 
10 F. TULKENS, Una giustizia negoziata? in AA.VV., Procedure penali d’Europa, a cura di M. CHIAVARIO, II ed., Cedam, Padova, 2001, p. 650. 
11 Cfr. R. MERLE- A. VITU, Traité de droit criminel, cit., p. 849. 
12 A riguardo si vedano AA. VV, La prescripción de los delitos y de las faltas, Sepin, Madrid, 2006; A. GILI PASCUAL, La prescripción en derecho penal, Aranzadi, Madrid, 2001; M.I. GONZÀLES TAPIA, La prescripción en el derecho penal, Dykinson, Madrid, 2003. 
13 Cfr. per tutti A. SERRANO GÓMEZ, La prescripción del delito (Tres cuestiones), Dykinson, Madrid, 2003, p. 37. 
14 C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., pp. 387-388. 
15 Cfr. l’art. 292 comma 1 della Ley orgánica del Poder judicial del 1 luglio del 1985. 
16 Per una dissertazione più completa si veda F. PALAZZO-M. PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, cit. p. 70. 
17 Si veda sul punto dettagliatamente F. VIGANÒ, Riflessioni de lege lata e ferenda su prescrizione e tutela della ragionevolezza durata del processo, in Diritto penale contemporaneo, 2012, p. 22 e ss. 
18 Cfr. B. DELEUZE, Il processo penale in Inghilterra, in AA.VV., Procedure penali d’Europa, cit., p. 231 e ss. 
19 Cfr. S. VINCIGUERRA, Diritto penale inglese comparato, Cedam, Padova, 2002, p. 235. 
20 Un esempio è fornito dal Magistrates’ Court Act del 1980 che, al paragrafo 127, considera un termine di sei mesi dall’esercizio dell’azione penale in caso di summary offences, reati di scarsa gravità soggetti ad una pena non superiore a sei mesi di detenzione. Sul punto A.L.T. CHOO, Abuse of Process and Judicial Stays of Criminal Proceedings, II ed., Oxford University Press, Oxford, 2008, p. 71; J. SPRACK, A practical Approach to Criminal Procedure, Oxford University Press, Oxford, 2004, p. 79. 
21 Nel Regno Unito è lasciato alla discrezionalità della pubblica accusa decidere se procedere o meno, essendo tuttavia vincolata a specifici criteri tra i quali il più importane è il public interest, la cui valutazione risente fortemente della risalenza della commissione del reato. Illuminanti a riguardo A. ASHWORTH-M. REDMAYNE, The Criminal Process, Oxford University Press, Oxford, 2005, p. 175; F. SILVANI, Libertà personale dell’imputato e fasi iniziali del processo penale in Inghilterra e negli Stati Uniti, in Archivio penale, 1985, p. 241; per i risvolti sostanziali F. PALAZZO-M. PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, cit., p. 221. 
22 Quanto ai rimedi “interni al processo”, si fa riferimento al warning to the jury e al exclusion of evidence: il primo consiste nell’avvertimento alla giuria sugli effetti della risalenza del fatto sull’attendibilità delle prove a carico e sulla predisposizione della linea difensiva; il secondo consiste nell’esclusione di una prova, come ad esempio la testimonianza, perché il decorso del tempo non dà più garanzia dell’attendibilità della prova stessa. Cfr. per tutti A. ASHWORTH-M. REDMAYNE, The Criminal Process, cit., passim. 
23 Si veda C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., pp. 376-379. 
24 C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., p. 373. 
25 Per maggiore completezza C. MARINELLI, Ragionevole durata e prescrizione nel processo penale, cit., pp. 372-376. 
26 G. L. GATTA, Una riforma dirompente: stop alla prescrizione del reato nei giudizi di appello e di Cassazione, in Diritto penale contemporaneo online, 2019. 
27 Così, seppur con toni positivi, G. L. GATTA, Una riforma dirompente: stop alla prescrizione del reato nei giudizi di appello e di Cassazione, cit., 2019. 
28 G. INSOLERA, La riforma giallo-verde del diritto penale: adesso tocca alla prescrizione, in Diritto penale contemporaneo online, 2018. 
Licenza Creative Commons  21 Febbraio 2020
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019