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La politica fatta a pezzi: questo è un governo guidato da decine di tecnici 
di Ninni Raimondi
 
La politica fatta a pezzi: questo è un governo guidato da decine di tecnici 
 
Ci ritroviamo tra commissari, megacommissari, task force, ministri e politucoli vari incapaci di stendere l’intricata matassa della ripartenza-salvataggio di una nazione che attende una direzione da seguire, odiando ormai il protagonismo convulso di un presidente del Consiglio che ha trasformato l’Italia nel suo palcoscenico personale. Che egli, poi, sia una marionetta o il protagonista, sarebbe interessante scoprirlo, e vi sarà tempo per farlo. 
 
Asserviti ai “tecnici” 
Intanto si prospetta all’orizzonte la desolante condizione di subalternità della così detta politica (politiké con l’aggiunta di téchne) nei confronti della classe di tecnici oggi rappresentata dal mucchio di virologi che intasano web e giornali. Persone che, bontà loro, sanno far valutazioni per l’appunto tecniche sulla base di una situazione in un determinato momento storico, ed eventualmente una previsione per il futuro. 
Tecnici che, è del tutto evidente, già sono presenti nel ministero della Salute, esattamente come quello della Giustizia avrà al suo interno insigni giuristi. I quali oggi sembrano non bastare mai, difatti sessanta milioni di italiani hanno appreso più da Burioni ospite da Fazio che dal dicastero della Salute e dal suo ministro Speranza. Sembra che questa reticenza ad occupare il palco, a ergersi a frontman della band derivi dal timore irrazionale di prender posizioni sbagliate, rischiose, avventate, delle quali poi qualcuno chiederebbe loro conto. Ed è così che  il governo Conte bis, l’attuale, si è trasformato in uno dei governi maggiormente tecnici della storia d’Italia. È emerso Nino Cartabellotta, fondatore della fondazione di ricerca Gimbe, il quale ha asserito che riaprire gli spostamenti tra regioni dal 3 giugno sarebbe una follia, anche perché, a detta della sua associazione, la Lombardia starebbe truccando i dati epidemiologici per mostrarsi più di sana di quanto non sia realmente. 
Non sorprende ormai più niente, tantomeno un macigno di questa portata lanciato da un organismo ai più sconosciuto e al quale nessuno aveva chiesto un parere. Anzi, nel caos generale, c’è chi ringrazia questi soggetti terzi che ogni tanto lanciano accuse di questa portata rimettendo in discussione il piano di aperture conosciuto sino ad oggi. E le cose, a questo punto, sono due: o Cartabellotta va in procura a sporgere denuncia contro la Lombardia e i suoi dirigenti sulla base delle informazioni di cui dispone, oppure certe piazzate da prima pagina sarebbe il caso di evitarle, perché in una situazione normale è la politica in senso stretto a decidere se e quando sia il caso di fare un passo verso l’agognata normalità. 
 
Ripristinare il primato della politica 
L’idea di influenzare il governo italiano, già di suo piuttosto confuso, risulta grottesca perché è la prova provante di come non sia più il potere esecutivo, assieme alle regioni coinvolte, il responsabile delle decisioni epocali che decideranno il destino di un intero paese. Sarebbe come se un professore avvertisse uno studente dei suoi scarsi risultati consigliandogli di studiare di più, e l’alunno decidesse da tale momento di cancellare il resto della propria vita, financo i pasti, per seguire pedissequamente le indicazioni dell’insegnante. La ponderazione degli interessi in gioco non è compito del tecnico, ma di chi è stato chiamato a governare quelle vite, quei meccanismi. 
 
In passato la politica italiana si è lasciata governare dalle decisioni della magistratura, come già ricordato in altre occasioni.  
Erano all’ordine del giorno le richieste di dimissioni di un governo sulla base di un avviso di garanzia o di alcune intercettazioni, riguardanti certi ministri o primi ministri, adeguatamente fatte recapitare ai giornali.  
 
Ancor oggi discutiamo di messaggini tra magistrati nei quali essi si premurano di attaccare tale ministro perché così deve esser fatto, proprio come se fossero le procure italiane a decidere quale politica (migratoria) debba essere adottata o quale ministro sia degno della libertà di svolgere il suo lavoro sulla cui base venne eletto.  
Il primato della nazione passa anche dall’imposizione della politica su tutta la pletora di tecnici in camice o in toga che troppo spesso confondono l’Italia con il loro laboratorio. Non siamo formiche da bruciare con la lente di ingrandimento. 
Licenza Creative Commons  30 Maggio 2020
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