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Gli “Stati generali” sono il Britannia 2.0? 
di Ninni Raimondi
 
Gli “Stati generali” sono il Britannia 2.0? 
 
Chi è nato nel 1992 ha già spento o spegnerà 28 candeline senza aver mai conosciuto, se non per quel che ne è rimasto in termini di società controllate dal governo, il ministero delle Partecipazioni statali. Il dicastero verrà infatti soppresso da lì a pochi mesi, a seguito del referendum sorto sulla scia del tracollo della prima repubblica successivo all’esplodere dello scandalo tangentopoli. Il 1992 è anche l’anno in cui, sul panfilo Britannia (allora di proprietà dei reali inglesi) il gotha della finanza venne invitato a fare il punto sulla privatizzazioni che da lì partirono alla volta della dismissione del patrimonio industriale pubblico: “Un incontro sulle privatizzazioni che parte con l’esibizione di una fregata non mi pare gran che promettente”, ebbe a commentare un economista invitato al seminario. Il piano di smantellamento dello Stato imprenditore era giustificato con la sempreverde, già all’epoca, scusa di ridurre il debito pubblico: ne risultò un bagno di sangue che incise molto poco sull’indebitamento della pubblica amministrazione, ma allo stesso tempo privò la nazione di importanti leve di politica economica. 
 
Gli Stati Generali: la Troika al gran completo 
A balzare all’occhio sono le analogie tra quanto successo all’epoca e quanto accade oggi nella suggestiva cornice di Villa Doria Pamphili, dove nella giornata odierna partono gli “Stati generali dell’economia” voluti dal presidente del consiglio Giuseppe Conte per sancire un nuovo inizio dopo l’epidemia di coronavirus. 
Anzitutto, parliamo degli invitati. Se l’opposizione ha disertato l’incontro, l’invito è stato invece raccolto da Confindustria, sindacati, dirigenti delle più importanti aziende pubbliche. Da oltreconfine arrivano invece (chi in presenza, chi in videoconferenza) la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e titolare del Consiglio Ue Charles Michel, il governatore della Bce Christine Lagarde, il presidente del parlamento comunitario David Sassoli, il direttore del Fmi Kristalina Georgieva e l’ex capo economista dell’ente Olivier Blanchard, noto alle cronache per i macroscopici errori compiuti (colposamente o dolosamente?) durante la crisi della Grecia. Insomma, la Troika al gran completo è presente. Viene da dire: senza aver neanche dovuto (ancora, almeno) attivare il Mes o la sua versione aggiornata, cioè il Recovery Fund. 
 
La seconda, curiosa analogia con i fatti del Britannia riguarda invece l’aura di mistero che circonda questi Stati generali. Così come accade sul panfilo di sua maestà, infatti, l’incontro sarà a porte chiuse e telecamere spente, fatta eccezione per la conferenza stampa finale che dovrebbe tenersi domenica prossima 21 giugno. Sul resto, zero assoluto: non sappiamo cosa si discuterà, quali sono i punti all’ordine del giorno, se e come verranno prese le decisioni. Un clima di informalità e segretezza che ricorda molto da vicino le prassi seguite in sede Ue, dove le scelte sul futuro degli Stati membri non trapelano da alcun documento ufficiale. L’unica certezza che abbiamo al momento riguarda uno dei possibili punti di partenza delle sessioni degli Stati generali: il piano Colao, alias il libro dei desideri che non affronta alcuno dei punti-chiave – investimenti pubblici, deficit, domanda interna – dei quali bisognerebbe seriamente dibattere se si volesse davvero dar poco al “rilancio 2020-2022” che è poi il titolo del documento. 
Se l’ambiguità non fa bene all’economia, la segretezza che aleggia attorno agli Stati generali è l’humus perfetto in cui far maturare quanto di peggio ci si può aspettare dalla kermesse tanto voluta da Conte.  
 
Come sul Britannia, gli alti papaveri ci sono.  
E ci sono pure le nostre eccellenze industriali: che sia, proprio come in un negozio, la vetrina perfetta? 
Licenza Creative Commons  13 Giugno  2020
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