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Falsifica il cavo, tanto per essere scoperti deve bruciare la galleria 
di Ninni Raimondi
 
“Devi falsificare le carte e io la coperta te la metto”. E’ questo il “metodo Bellini” emerso dalle indagini sulle tangenti in Atm per gli appalti della metropolitana di Milano, che ieri hanno portato all’arresto di 13 persone tra dirigenti dell’azienda dei trasporti meneghina e manager di varie aziende coinvolte nella rete di corruzione. Al centro delle indagini Paolo Bellini, responsabile dell’Unità amministrativa complessa sugli impianti di segnalamento automazione delle linee metro 1,2, 3 e 5. Prendeva le mazzette, pilotava gli appalti, gestiva un importante settore della sicurezza delle linee metro di Milano e rassicurava tutti: “Tanto sono io il responsabile“. Così il funzionario ha gestito la rete di corruzione per anni. 
 
“Per succedere qualcosa deve bruciare la galleria” 
Ecco un esempio del suo metodo criminale: “Se sul cavo è stampigliato FC-16 o RG-16, deve essere scartavetrato e ristampigliato R-18… ci sono le macchine apposta, lo facevamo 30 anni fa in ferrovia… Neanche vengo a fare i collaudi… messa a posto la carta e non vengo a sindacarla… e neanche Atm viene a sindacare, perché alla fine sono garante io di questo…“, diceva Bellini. Ancora: “Si falsifica le carte e nessuno va a rompere le scatole… Da un punto di vista di incidente non succede niente, cioè qui il cavo non ha mai preso fuoco in 40 anni… per succedere qualcosa deve proprio succedere che ci sia un incendio… un cortocircuito… che venga giù il magistrato a prendere un pezzo di cavo… cioè se viene il magistrato prende il pezzo di cavo e lo manda a una società per l’analisi chimica tecnica e dice ‘ah… questo non è’… Ma per arrivare a quello deve bruciare la galleria… insomma in tanti anni non ho mai visto…”, rassicurava così i suoi complici il dirigente Atm. 
 
Una “carriera” durata 25 anni 
Una carriera di quasi 25 anni di malaffare, come emerge dalle intercettazioni. In un pranzo con manager della Engineering Informatica il 29 gennaio 2019, Bellini parla del sistema di sicurezza della linea M1 “rossa”, quello che nel 2018-19 ha manifestato (anche con feriti tra i passeggeri) misteriose e immotivate frenate di emergenza. Appalto che rientra nelle indagini in corso per associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Il funzionario rievoca la vicenda del 2006 “per l’assegnazione dell’appalto relativo al sistema di segnalamento della linea metropolitana M1”, “nell’ambito del quale – rileva il capo della Procura di Milano Francesco Greco – sono emerse criticità, come le frenate brusche di emergenza che hanno colpito la linea rossa” .”Succederà come è successo in linea 1… perché i tempi son cambiati ma le modalità non son cambiate…”, dice convinto Bellini in merito all’appalto gemello nel 2019 per la linea 2 “verde”, andato nel 2020 a Siemens unica offerente. E qui il funzionario fa sfoggio della sua esperienza: “Lo ricordo perché forse ero un po’ più giovane o comunque son rimasto, nonostante sia passato per Tangentopoli” (che, lo ricordiamo, scoppiò nel 1992 proprio per un giro di tangenti all’Atm). “Io lavoravo in Metropolitana Milanese», racconta Bellini nell’intercettazione in cui secondo il gip il funzionario “confessa una maxicorruzione di Alstom, che aveva di fatto comprato il suo sostegno commissionando a una ‘sua’ società un progetto di 700mila euro ed elargendo al dg una tangente da un milione di euro“. 
 
“Quando vedo il soldo e l’affare, lo faccio” 
Bellini si era dato fare per anni nell’azienda di proprietà del Comune di Milano (dove prima di lui lavorò il padre): “Se stai in Atm ti fossilizzi – spiegava al telefono a un suo interlocutore – io invece siccome c’ho una mentalità imprenditoriale, ho sempre fatto questo nella vita… oh, quando vuoi facciamo gli affari… quando vedo il soldo e l’affare, lo faccio…“. E si sentiva molto bravo nel suo campo. “Mi devi baciare sul suolo dove cammino…”, ricordava a un imprenditore cui aveva suggerito il “ribasso” giusto per poter vincere un appalto senza spendere troppo. Si dava da fare pure per dare lavoro agli altri (ma sempre per tornaconto personale). Infatti, secondo l’accusa, avrebbe fatto assumere in Atm due o tre giovani sui quali poi contare per i propri traffici, ma che non avevano i requisiti richiesti dall’azienda, eppure avevano vinto il concorso. Anche perché nella commissione giudicatrice c’era proprio Bellini. 
 
Negli ultimi due anni aveva messo le mani in tutti gli appalti 
Era onnipresente, in effetti. “Dalle intercettazioni non è emersa neppure una procedura di gara pubblica, negli ultimi due anni circa, che non sia stata attinta, in misura più o meno penetrante, dall’intervento abusivo di Bellini in favore di una o più imprese interessate all’appalto”, spiegano gli inquirenti. Il più grosso di quelli sotto inchiesta – valore complessivo 127 milioni di euro – è quello lanciato da Atm nel marzo 2019 per il sistema di segnalamento della linea 2 vinto da Siemens Mobility, naturalmente grazie all’azione del funzionario arrestato, che in quell’occasione si era destreggiato “giocando su più tavoli”. In sostanza, riportano i magistrati, si era offerto a tutti i potenziali concorrenti. Una tecnica basata sulla certezza che tutti erano obbligati a passare per lui: “Io ho la garanzia che chiunque di questi venga mi darà il lavoro”, diceva. E “chiunque vincerà, avrà bisogno di un pirla come il sottoscritto“, ribadiva.  
 
Ecco, in una frase, come funzionava l’associazione a delinquere. 
Licenza Creative Commons  24 Giugno 2020
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