Servizio  
 
 
 
Questo Sito non ha fini di lucro, né periodicità di revisione. Le immagini, eventualmente tratte dal Web, sono di proprietà dei rispettivi Autori, quando indicato.  Proprietà letteraria riservata. Questo Sito non rappresenta una Testata Giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto non può essere considerato, in alcun modo, un Prodotto Editoriale ai sensi e per gli effetti della Legge n.62 del 7 Marzo 2001.
 
 
Scarica il PDF della situazione
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie..
Da Dini alla riforma Fornero: vent’anni di attacchi al sistema previdenziale italiano 
di Ninni Raimondi
 
Da Dini alla riforma Fornero: vent’anni di attacchi al sistema previdenziale italiano 
 
Una comprensione del sistema previdenziale italiano non può prescindere dalla conoscenza del quadro demografico della nazione. Il tasso di natalità italiano, pari a 9,2 nascite ogni 1.000 persone, è al 183mo posto su 195 Stati del mondo. Il  tasso di fertilità italiano, pari a 1,38 figli per donna, è al 174mo posto su 195 Stati del mondo ed è inferiore a quello medio dell’Unione Europea (pari a 1,59 figli per donna). Per l’aspettativa di vita, invece, l’Italia è al sesto posto su 195 Stati del mondo (82,7 anni in media, 80,5 per gli uomini e 84,8 per le donne). L’aspettativa di vita è peraltro destinata a salire vertiginosamente nei prossimo anni. Ciò si ripercuote sul nostro sistema pensionistico, che nel 2018 ha assorbito il 16,6% del Prodotto interno lordo (dati Sole 24 Ore). 
 
La riforma Dini 
Con la riforma pensionistica Dini del 1995 fu introdotto un nuovo sistema di calcolo del trattamento pensionistico, c.d. contributivo, per chi iniziò a versare a partire dal 1° gennaio 1996. La pensione contributiva viene calcolata sulla base del montante dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa, sulla base di un coefficiente di trasformazione indicizzato al tasso di crescita del Pil, commisurato all’aspettativa di vita del futuro pensionato e periodicamente aggiornato. Per chi invece al 31 dicembre 1995 aveva maturato 18 anni di contributi, il calcolo della pensione viene effettuato con il più vantaggioso sistema retributivo, ovvero in base alla retribuzione degli ultimi anni di servizio che sono i meglio remunerati per il lavoratore. Chi al 31 dicembre 1995 aveva già contribuzione, ma in misura inferiore a 18 anni, rientra nel sistema misto, costituito dalla somma dei calcoli retributivo per i periodi fino al 31 dicembre 1995 e contributivo per i periodi successivi al 1° gennaio 1996. Infine per tutti i lavoratori, a prescindere dall’anzianità maturata, per i periodi successivi al 1° gennaio 2012 viene applicato comunque il sistema contributivo (già in vigore per gli assunti dopo il 1° gennaio 1996). 
 
Un sistema previdenziale che penalizza i giovani 
Pertanto, l’attuale sistema pensionistico penalizza particolarmente i giovani. Nell’attuale sistema a ripartizione, il peso del finanziamento del sistema previdenziale ricade su una platea di lavoratori attivi sempre meno numerosa. Il c.d. indice di dipendenza (numero degli ultrasessantenni in rapporto alla popolazione di età compresa tra i 20 e i 59 anni) salirà progressivamente dal 45,1% del 2005 al 95,5% del 2050 (cioè praticamente un pensionato per ogni lavoratore). Inoltre i lavoratori attivi interessati dal sistema contributivo, al momento del pensionamento, godranno di un tasso di sostituzione (rapporto tra stipendio e pensione) pari al 64% con 40 anni di contributi nel 2050 (rispetto all’80% di chi va in pensione con il sistema retributivo), con riduzioni proporzionali per pensionamenti con anzianità contributiva inferiore. 
 
L’Inps, primo ente previdenziale italiano, amministra oltre 17 milioni di lavoratori dipendenti, oltre 4 milioni e 200mila lavoratori autonomi e circa 800mila parasubordinati iscritti alla gestione separata. I percettori di trattamenti pensionistici da lavoro dipendente e autonomo sono circa 16 milioni, mentre circa 3 milioni e mezzo sono i percettori di pensioni di invalidità civile, assegni e pensioni sociali. Di questi utenti, 2,6 milioni di pensionati e 3,3 milioni di lavoratori del pubblico impiego sono stati presi in gestione dall’Inps nel 2012, a seguito della soppressione del secondo ente previdenziale italiano, quello dei dipendenti pubblici, l’Inpdap. 
 
Il 35% delle entrate dell’Inps è peraltro costituito da trasferimenti statali aventi varie finalità, tra cui il finanziamento dei trattamenti pensionistici non fondati sul versamento di contributi (come le pensioni per gli invalidi civili e l’assegno sociale) nonché delle prestazioni a sostegno del reddito, che in alcuni casi non sono finanziate da appositi prelievi contributivi. 
 
L’elevazione dei requisiti (anagrafici e contributivi) necessari per il conseguimento del diritto a pensione è stata il minimo comune denominatore delle riforme degli ultimi 20 anni (Amato 1992, Dini 1995, Prodi 1997, Maroni 2004, Damiano 2007). 
Licenza Creative Commons  3 Agosto 2020
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019