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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Il Revisionismo storico 
di Ninni Raimondi
 
 
Il Revisionismo storico 
 
Che cos'è il revisionismo? 
La parola "revisionismo" viene dal vocabolo latino "revidere" - riesaminare.  
Il riesame di teorie tradizionali è qualcosa di completamente normale, e cioè tanto nelle scienze naturali e nella tecnica quanto nelle scienze sociali, a cui appartiene la ricerca storica. La scienza non è uno stato, ma un avvenimento, cioè l'acquisizione di nuove conoscenze per mezzo della ricerca di prove. Se - per mezzo della continua ricerca - si trovano nuove prove o se - da parte di ricercatori critici- si scoprono errori in antiche dimostrazioni, ciò conduce spesso a modifiche di vecchie teorie e a volta perfino a doverle mandare al macero. Con l'espressione "revisionismo" s'intende perciò il metodo di riesaminare criticamente e sotto la lente d'ingrandimento vecchie teorie e vecchie affermazioni scientifiche, di riesaminare le loro conclusioni, e d'investigare se nuove prove possibilmente confutino o modifichino tesi e idee tramandate. Il tentativo di riesaminare e di confutare tesi e concetti tramandati è una parte integrante della scienza. Solo là dov'è permesso esporre certe affermazioni e teorie ai più duri tentativi di confutazione, si può controllare quanta verità è contenuta in queste affermazioni e teorie, e quindi avvicinarsi alla verità.  
 
Perché il "revisionismo storico"? 
Anche le nostre opinioni sulla storia vengono investigate sempre più criticamente se si trovano nuove prove. Le tesi della ricerca storica hanno bisogno d'essere riesaminate in modo particolarmente critico in due casi, e cioè: se si ha da fare con fatti che son successi molto tempo fa e sui quali esistono solo poche prove; se si tratta di avvenimenti degli ultimi anni, cosicché la nostra opinione su di essi può avere un grande influsso politico sul nostro mondo attuale.  
Nel primo caso nuove prove, anche se poche, possono mandare a gambe in aria intere immagini della storia. Per esempio, si riesamina attualmente la vecchia opinione che l'America sia stata colonizzata dagli europei solo da qualche secolo.  
Ritrovi archeologici dimostrano manifestamente non solo che i vichinghi hanno raggiunto l'America già verso il decimo secolo, ma anche che uomini con connotati europei vivevano lì già circa 10.000 anni fa [vedere per esempio l'articolo di John Nugent, “Who were the real indigenous peoples of America?".  
Nel secondo caso vale, per esempio dopo le guerre, il vecchio proverbio che il vincitore scrive la storia, e i vincitori scrivono la storia raramente in modo obbiettivo.  
 
Il riesame dell'interpretazione degli avvenimenti storici distorta dalle potenze vittoriose è spesso possibile solo se non c'è più nessuno scontro tra vincitori e vinti. Ma la cosa può durare anche secoli. Dato che la ricerca storica non ha praticamente nessuna importanza per l'economia liberale, pressappoco tutti gli istituti di ricerca storica del mondo vengono finanziati dai loro paesi. Non c'è quasi nessun istituto libero ed indipendente. Particolarmente nel campo della storia contemporanea, dove ogni governo ha massicci interessi politici, si dovrebbe perciò essere fondamentalmente diffidenti di fronte alle decisioni sulla scrittura ufficiale della storia, poiché, come dice il vecchio proverbio tedesco, "io mangio proprio di pan il filone di chi intono la canzone"!  
Perciò il riesame critico, dunque il revisionismo, è così importante per la storia recente - e nello stesso tempo tanto malvisto dai potenti di questo mondo! 
 
Perché il revisionismo? 
L' olocausto non è un affare di fede, ma fa parte della storia, e soggiace quindi alle regole della ricerca storica proprio allo stesso modo di tutti gli avvenimenti storici. Anche le nostre opinioni sull'olocausto debbono quindi poter sopportare una ricerca critica. E se, in considerazione di nuove prove o anche solo per il motivo che vecchie prove ed affermazioni risultino false, o che si mostri necessaria una modifica del nostro modo di vedere, ne deve risultare una tale modifica.  
Dato che non può mai essere moralmente riprovevole esser critici di fronte ad un'affermazione scientifica e cercare di confutarla, non può essere nemmeno riprovevole avere un approccio critico e diffidente con le nostre immagini dell'olocausto - finché ciò avviene in spirito obbiettivo e finché lo scetticismo è fondato. La maggioranza della gente sa che i potenti di questo mondo e in particolare i potenti in Germania non amano un punto di vista critico di fronte all'olocausto, punendolo perfino duramente. Qui si dimostra ciò che è stato esposto alla domanda n.2: i potenti della nostra epoca hanno manifestamente un massiccio interesse politico nel mantenere la nostra immagine dell'olocausto adoperando ogni coercizione statale. Un motivo ne sono massicci interessi politici e finanziari di certi gruppi confessionali, come li ha dettagliati esaurientemente il politologo statunitense Prof. N.G. Finkelstein nel suo libro "The Holocaust Industry".  
 
Questo libro può essere solo raccomandato urgentemente alla lettura generale. Rispetto alle diffusissime invenzioni e distorsioni riguardo all'olocausto il Prof. Finkelstein deplora persino che in questo campo non ci siano più scettici! Anche il Prof. Raul Hilberg, noto ricercatore su questo argomento, fa intendere ripetutamente che la superficialità e la mancanza di controlli di qualità sono i problemi principali nelle ricerche sull'olocausto. Si ricercano dunque d'urgenza degli scettici! Non ne va però solo degli interessi di certi gruppi confessionali, ma anche dell'ordine del dopoguerra creato dagli alleati, ordine la cui credibilità dipende dall'immagine degli avvenimenti storici imposta dai vincitori. In questa immagine della storia l'olocausto è una tessera di mosaico posta in posizione centrale. Inoltre ne va anche dell'egemonia politica e culturale di circoli d'orientamento internazionalistico o egualitario a cui l'immagine generalmente accettata dell'olocausto è veramente la benvenuta nella lotta contro ogni tentativo d'indipendenza etnica, regionale o nazionale in Asia, Arabia, Africa, America del Sud o Europa.  
 
Poiché in fin di conto i movimenti d'indipendenza nazionale presuppongono il nazionalismo, e questo è notoriamente cattivo, dato che si dice abbia condotto già una volta alle camere a gas di Auschwitz... Inoltre molti politici tedeschi sanno esattamente che la Germania sarebbe terribilmente posta sotto pressione da parte dell'estero se si tollerasse un punto di vista critico di fronte all'olocausto, anche solo ai suoi inizi. E finalmente è in gioco anche la credibilità di tutti quelli che si sono organizzati il loro mondo sotto la stella polare dell'olocausto e che anche se solo dubitassero andrebbero incontro moralmente e socialmente ad una totale bancarotta. Sono perciò anche semplicissimi motivi psicologici ed egoistici che rendono impossibile a molti intellettuali il solo dubitare del proprio modo di vedere le cose. È però del tutto insignificante avere un atteggiamento pro o contro l'interzionalismo o l'egualitarismo o pensare qualsiasi cosa degli intrighi e degli umori dei potenti e delle sfere d'influenza politica.  
Il fatto è che ci sono oggi molti gruppi enormemente potenti che vogliono impedire a ogni costo un approccio critico con l'olocausto. In scala mondiale è proscritto dubitare dell'olocausto. Nei paesi di lingua tedesca lo si punisce di molti anni di reclusione Questo solo dovrebbe già rendere diffidente ogni persona che rifletta in modo critico e farle fare la domanda sul perché i potenti di questo mondo hanno bisogno tanto urgentemente dell'attuale immagine dell'olocausto. A questo proposito citiamo il parroco cattolico Viktor R. Knirsch Kahlenbergerdorf (Austria): "È diritto di chi cerca la verità poter dubitare, ricercare e soppesare. E dovunque si proibisca questo dubitare e soppesare, dovunque la gente reclami che le si debba credere, è evidente un'alterigia bestemmiatrice che fa riflettere. Se ora quelli, di cui mettete in dubbio le tesi, hanno la verità dal loro lato, essi accetteranno serenamente tutte le domande e risponderanno pazientemente. E non nasconderanno più a lungo le loro prove e i loro documenti. Se però essi mentono, allora faranno appello alla giustizia. In questo li si riconoscerà. La verità è sempre serena. La menzogna invece grida giustizia terrena." E in conclusione ancora un'altra interessante riflessione: Nel loro annuncio pubblicitario in vista d'ottenere doni per la costruzione del monumento in ricordo dell'olocausto Lea Rosh profetizza, in relazione a quanti asseriscono che non c'è mai stato nessun olocausto: 
 
“L'olocausto non c'è mai stato” 
Ci sono sempre ancora molti che lo asseriscono.  
Tra 20 anni saranno ancora di più.  
Date perciò per il monumento in memoria degli ebrei d'Europa assassinati.  
Ci sono buone ragioni per i presentimenti di Lea Rosh.  
Le nostre conoscenze su ogni normale avvenimento storico aumentano infatti con l'andar del tempo. E questo non forse per un motivo qualsiasi, malgrado la circostanza che muoiano i testimoni di quell'avvenimento, ma in certo modo perfino perché muoiono quelli che vi hanno partecipato. Poiché coloro che sono intervenuti con la propria presenza attiva in avvenimenti storici hanno sempre anche interessi personali e le loro descrizioni son perciò spesso distorte. Vincere questa tendenza alle distorsioni è spesso solo possibile se non si deve avere nessun riguardo a queste persone e ai loro lobby, specialmente se si tratta di persone o istituzioni influenti. Se dunque è giusta la dichiarazione che tra vent'anni saranno ancor più numerosi quelli che sono del parere che "l'olocausto non c'è mai stato", allora ci debbono essere ragioni che non si trovano in loro ma nelle nostre crescenti conoscenze sull' "olocausto" e nello svanire dell'influsso di quelle persone e di quei gruppi di potere che hanno forti interessi non obbiettivi riguardo al modo di scrivere la storia dell'olocausto. Sarebbe per esempio proprio assurdo asserire che, solo perché son morti tutti coloro che hanno partecipato alle uccisioni in massa durante la rivoluzione francese, il numero di coloro che dubitano di questi assassini crescerebbe sempre più.  
 
La nostra conoscenza degli avvenimenti storici non dipende appunto dai testimoni ancora in vita ma si rivela attendibile proprio quando viene alla luce senza di loro. I dubbi su date opinioni su certi avvenimenti storici son sempre aumentati solo quando ci son state solide ragioni obbiettive per giustificarli. 
 
Che cosa s'intende per "olocausto" o "shoah"? 
Per olocausto, s'intende l'annientamento quasi completo e violento d'un gruppo umano ben definito, in questo caso degli ebrei che si trovavano nella sfera di potere del Terzo Reich. Non ne fanno parte la privazione dei propri diritti, le espulsioni e le deportazioni come anche gli arresti in vista d'esecuzione di lavoro forzato, cose cioè che sempre sono esistite ed esistono, poiché da tutto ciò non consegue per forza un tentativo di genocidio del gruppo umano colpito dalle suddette misure. Certo, davanti a tutti si desta spesso l'impressione che già la privazione dei propri diritti faccia parte dell'olocausto, ma se fosse così si dovrebbero considerare già come parti d'un olocausto la privazione dei propri diritti dei palestinesi in Israele e nei territori occupati dagli israeliani o la mancanza di diritti degli indiani e dei neri negli Stati Uniti fino nella metà del ventesimo secolo.  
 
L’immagine storica vigente dell'olocausto degli ebrei è caratterizzata dai punti seguenti: 
 
1.     La volontà del regime nazista di perpetrare il genocidio degli ebrei; 
2.     Un piano del governo nazista in vista del suddetto genocidio; 
3.     Un'organizzazione statale e un bilancio in vista dell'esecuzione di questo piano; 
4.     Armi o metodi d'uccisione in massa d'alta tecnologia in vista del raggiungimento di questo scopo, e qui hanno un ruolo speciale le camere a gas destinate ad uccidere esseri umani, come anche le fucilazioni in massa dietro il fronte russo; 
5.     Tecniche d'eliminazione dei cadaveri, cioè crematoi o roghi con sufficiente capacità e sufficiente combustibile. 
 
Le pretese uccisioni in massa nelle camere a gas a rapido effetto, come anche, subito dopo, l'incenerimento dei cadaveri nei crematoi, dunque un assassinio in massa, a catena di montaggio, progettato a sangue freddo e condotto a termine, sono designati come "unici" e fanno risaltare l'olocausto su tutto ciò che c'è stato finora nella storia dell'umanità. 
 
Che cosa afferma il revisionismo (o riesame dell'olocausto)? 
A motivo di false descrizioni fatte in pubblico occorre innanzi tutto una rettifica di ciò che il revisionismo non afferma: 
 
6.     Non afferma che non ci sia stata nessuna persecuzione degli ebrei; 
7.     Non afferma che non ci sia stata nessuna privazione dei diritti degli ebrei; 
8.     Non afferma che non ci sia stata nessuna deportazione degli ebrei; 
9.     Non afferma che non ci sia stato nessun ghetto ebreo; 
10.   Non afferma che non ci sia stato nessun campo di concentramento; 
11.   Non afferma che non ci sia stato nessun crematoio nei campi di concentramento; 
12.   Non afferma che non ci sia stato nessun ebreo morto per molte ragioni; 
13.     Non afferma che non sia stata perseguitata nessun'altra minoranza, come gli zingari, i testimoni di Geova, gli omosessuali, e i dissidenti politici 
14.     e infine non afferma che le azioni suddette non siano state ingiuste. 
 
Tutte queste azioni ingiuste del regime nazista non sono messe in dubbio dal revisionismo. Agli occhi dei revisionisti esse non hanno però niente da fare con l'olocausto, inteso come uccisione in massa progettata e tecnicizzata, soprattutto con l'aiuto delle camere a gas, vedere domanda n°4. 
 
I revisionisti affermano invece: 
15.  Non c'è stato nessun ordine del governo nazista di perpetrare il genocidio fisico degli ebrei; 
16.  Non c'è stato nessun piano del governo nazista in vista del suddetto genocidio; 
17.  Non c'è stata nessuna organizzazione statale e nessun bilancio in vista dell'esecuzione di questo preteso piano (è classico vedere su di ciò il più prominente ricercatore -su scala mondiale- R. Hilberg: «Ma ciò che cominciò nel 1941 non era nessun tentativo di genocidio [degli ebrei], pianificato in anticipo e organizzato da un ufficio centrale. Non c'è stato nessun piano e nessun bilancio per questi provvedimenti di genocidio. Essi [questi provvedimenti] ebbero luogo facendo un passo dopo l'altro, eseguendo un provvedimento dopo l'altro. Ciò accadde perciò non certamente eseguendo un piano ma per un'incredibile coincidenza d'intenzioni, una concordante lettura nei pensieri altrui d'una burocrazia [tedesca] di ben grande portata.» 
18.       In lavori di ricerca dettgliati sugli ex-campi di concentramento tedeschi si è mostrato: non c'è stata nessun'arma o nessun metodo d'alto sviluppo tecnico per le pretese uccisioni, e soprattutto nessuna camera a gas destinata all'uccisione d'esseri umani. Anche i resoconti di fucilazioni in massa dietro il fronte russo sono per lo meno molto esagerati e tolti dal loro contesto; 
19.       Non c'è stata nessuna tecnica e nessun combustibile sufficiente con cui le pretese quantità gigantesche di cadaveri si sarebbero potute eliminare; la capacità dei crematoi esistenti non bastava per incenerare le vittime di iponutrizione, malattie ed epidemie. 
20.       Non c'è nemmeno nessun documento che dimostri l'esistenza di camere a gas destinate ad uccidere esseri umani, e nemmeno tracce materiali delle pretese uccisioni in massa. Tutte le "prove" riposano soltanto su deposizioni di testimoni dei quali è sufficientemente noto che non sono affidabili nella questione dell'olocausto. 
21.       Malgrado massicce attività, di servizi segreti, di gruppi di resistenza e di partigiani, nei territori occupati dai tedeschi, anche e proprio nelle vicinanze dei campi di concentramento tedeschi, tutti i nemici della Germania nella seconda guerra mondiale si comportarono come se non ci fosse stato nessun tentativo di genocidio degli ebrei. Solo dopo la sconfitta della Germania, quando il governo tedesco non poteva opporre nessuna contraddizione, si sentì parlare di aspri giudizi di biasimo per preteso tentativo di genocidio. 
22.      Ricerche statistiche esatte sulla popolazione di fede ebraica viventi nel mondo mostrano chiaramente che le sue perdite durante la seconda guerra mondiale neppure approssimativamente ammontano a sei milioni d'individui. La vera cifra si trova probabilmente ben al di sotto del milione d'individui. 
23.      Ma che cosa ne è delle molte foto di montagne di cadaveri nei campi di concentramento 
 
L’immagine d’una fossa comune del campo di concentramento di Bergen-Belsen è un rappresentante tipico di tutta una serie di simili foto. Queste foto vengono mostrate alla televisione o senza commenti o però con l'affermazione, che trae in inganno, che queste siano vittime dell'olocausto. Ma in realtà si tratta di vittime di epidemie, per la grande maggioranza dei morti che si trovarono alla liberazione dei campi di concentramento alla fine della guerra.  
Ciò risulta già dallo stato dei cadaveri. Se le vittime fossero state assassinate, esse non sarebbero dimagrite completamente.  
Se fossero morte di fame, avrebbero avuto edemi dovuti alla fame, articolazioni gonfie e ventri gonfi d'acqua.  
I medici riconoscono alla vista di queste foto che si tratta in questo caso di vittime d'un'epidemia tifoide. Del resto tali foto vengono soltanto dai campi di concentramento occidentali, dove non c'è più nessuno storico serio che al giorno d'oggi asserisca ci sia stato un tentativo di genocidio.  
Ma dai campi di concentramento dove oggi si asserisce ci sia stato un tentativo di genocidio non c'è venuta nessuna foto di questo genere.  
 
Tutti questi campi di concentramento si trovano in regioni che caddero sotto controllo sovietico alla fine della guerra. I sovietici non pubblicarono però nessuna foto di montagne di cadaveri o di fosse comuni e non permisero nemmeno a nessun giornalista, medico o esperto in altri campi di esaminare qualsiasi oggetto, sulla qual cosa si potrebbe scrivere all'infinito. Dalla fine degli anni 80 i revisionisti esaminano i luoghi dove si pretende ci siano stati assassini, ma ne vengono impediti dalle autorità del luogo con tutti i mezzi. Probabilmente per mancanza di altre foto continua ancora ad accadere che le vittime della fame, del tifo o d'altre cause a causa di alimentazione insufficiente e di mancanza d'igiene nei campi di concentramento occidentali verso la fine della guerra siano rappresentate come vittime d'un assassinio in massa premeditato.  
 
In realtà le condizioni dei campi di concentramento alla fine della guerra, che sembravano infernali agli imparziali spettatori alleati, davano l'impressione che in questi campi di concentramento fossero state perpetrate uccisioni in massa premeditate, di modo che i primi resoconti degli alleati sembrarono abbastanza chiari. Queste condizioni furono però provocate da circostanze che non dovevano essere giustificate dal solo governo del Reich: verso la fine della guerra Himmler aveva ordinato -certo senza buon senso- d'evacuare verso l'interno del paese i campi di concentramento vicini al fronte, la qual cosa rese disperatamente sovraffollati i campi di concentramento rimasti.  
Contemporaneamente, a causa dei bombardamenti terroristici crollò l'intera infrastruttura del Terzo Reich, e così anche i rifornimenti sanitari, medici e alimentari dei campi di concentramento sovraffollati. Il rispettato storico di sinistra Norbert Frei ha riassunto come segue il fatto che le montagne di cadaveri nei campi di concentramento liberati siano stati interpretate innanzi tutto dagli americani in modo completamente falso (Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, 35 p.400):  
 
"Lo shock delle scoperte condusse spesso a conclusioni che in seguito si rivelarono in parte come tenaci pregiudizi.”  
 
Naturalmente un governo che rinchiuda in campi di concentramento esseri umani, è responsabile di questi uomini in tutte le circostanze. Uomini rinchiusi a torto erano perciò anche allora vittime del Terzo Reich se "solo" fossero state vittime d'un'epidemia. Certo non si può non notare in questo caso che l'intera Germania era alla fine della guerra un gigantesco ammasso di montagne di cadaveri: nelle città tedesche ci furono 600.000 vittime a causa dei bombardamenti degli alleati; dappertutto infierivano fame ed epidemie, di cui furono vittime milioni fino alla fine del 1949; in Germania dell'Est e nella Repubblica Ceca ci furono tre milioni di vittime tedesche assassinate da serbi, cechi, polacchi e russi, durante le loro espulsioni; nei campi di concentramento dei vincitori occidentali vegetarono milioni di giovani tedeschi, e di questi circa un milione perì; innumerevoli centinaia di migliaia furono trascinate dai sovietici ai lavori forzati dei loro gulag, la maggior parte con un addio per sempre.  
Nei mezzi di comunicazione si mostra però solo una specie di cadaveri, e cioè quelli dei campi di concentramento.  
Ognuno si domandi perché.  
La dignità e il rispetto che rendiamo alle vittime di tutti i delitti può però dipendere dalla loro nazionalità? 
 
Ma si fa una differenza se le vittime sono morte a causa d'epidemie o nelle camere a gas? 
Dal punto di vista della vittima e della sua sofferenza personale non c'è in linea di principio nessuna differenza. Si potrebbe perfino alzare la dichiarazione ancora di più dicendo che è meno spiacevole morire presto d'una dose eccessiva di veleno piuttosto che lentamente d'un'epidemia. Ma nelle considerazioni presenti non si tratta dell'intensità della sofferenza delle vittime, che nessuno mette in dubbio.  
Ne va qui, innanzi tutto, dell'esattezza storica di ciò che è stato costatato, e quindi naturalmente della responsabilità morale dei colpevoli o del "popolo colpevole" tedesco e delle conseguenze che ne risultano. Dal punto di vista dello storico, come anche del colpevole, c'è certamente una differenza gigantesca, se un uomo fu vittima d'un'epidemia che non si poteva impedire o vittima d'un tentativo di genocidio pianificato ed eseguito industrialmente in mattatoi chimici d'uccisione in massa sviluppati specialmente a questo scopo. Ci sono sempre state nella storia dell'umanità epidemie, carestie catastrofiche ed altre specie di morti su larga scala a causa di trattamenti ingiusti e di sbagliate pianificazioni o sconfitte politiche e/o militari.  
Qui ne va dell'unicità storica, e innanzi tutto morale, del delitto di tentativo industriale di genocidio di una determinata popolazione. Per questo delitto unico son resi responsabili non solo singoli colpevoli ma tutto il popolo tedesco. Oggi se ne deducono tutte le forme del trattamento particolare e negativo dei tedeschi (arresti collettivi, debito ereditario), come anche del trattamento particolare e positivo delle vittime reali o presunte del loro tentativo di genocidio. 
 
Non fa tutt'uno quanti ebrei siano morti durante il Terzo Reich, dal momento che anche mille ebrei sarebbero già troppi? 
”oubtless it is correct that even one is one too many, and really one must go even farther than that: even those measures of Third Reich persecution which did not result in outright deaths were in every respect unacceptable. But this is not a valid argument against the statistical investigation of the 'whether' and 'how' of the destruction of the Jews, and for three reasons.”  
 
Senza dubbio è giusto che già una sola vittima è una vittima di troppo. Anzi si deve andare perfino più lontano: Anche le misure di persecuzioni del Terzo Reich, e di persecuzioni che non conducevano alla morte, erano già ad ogni riguardo inaccettabili. L'obiezione non vale però come argomento contro la ricerca della problematica sull'esistenza del tentativo stesso di genocidio degli ebrei e sul come esso è avvenuto, e cioè per tre ragioni. In primo luogo già sola essa non ha successo dato che il numero delle vittime è sacrosanto da decenni. Se non si tenesse al numero delle vittime questo numero non sarebbe protetto come un tabù sia sociale che perfino protetto dal diritto penale. Manifestamente dietro la cifra dei sei milioni sta però più che il solo fatto che ciò contenga un'abbondanza di singoli destini: Ne va d'un simbolo, a cui non si vorrebbe rinunciare, dato che dubbi giustificati su questo numero possono presto condurre ad una indesiderabile messa in discussione d'altri insiemi dell'olocausto.  
Tanto meno si vorrebbe contestare ad ogni singola vittima la tragedia d'un destino individuale, tanto più la scienza deve esigere che dev'essere sempre possibile discutere sulle cifre.  
È addirittura schizofrenico che da un lato quelli che mettono in dubbio la cifra dei sei milioni vengano proscritti socialmente, o perfino penalmente, e che però d'altro lato giustizia e società, all'affiorare di validi argomenti contro la cifra dei sei milioni, improvvisamente si ritirino dal contare il numero dei milioni, lo dichiarino poco importante e insistano sulla dignità già solo della prima vittima.  
La cifra dei sei milioni è una misura protetta dal diritto penale o è poco importante?  
 
In secondo luogo - e questo è l'argomento principale - la valutazione moralmente corretta che già una sola vittima sia di troppo non può costituire, in linea di principio, un'obiezione contro una ricerca scientifica di questo avvenimento storico.  
Ciò, innanzi tutto, non già perché alla scienza debba essere sempre permesso di cercare e trovare risposte esatte a domande precise. Che cosa si dovrebbe pensare di qualcuno che non permettesse ad un fisico di trovare quali valori esatti siano ottenuti dai suoi esperimenti di detonazione perché già un valore inferiore sarebbe terribilmente sufficiente?  
Un fisico che si sottomettesse a questa assurda richiesta dovrebbe obbligatoriamente giungere a falsi risultati e costituirebbe perciò un pericolo pubblico per ogni società.  
E così è anche con la ricerca storica: Se si vietano ricerche esatte e critiche, perché uno le considera moralmente insopportabili, se ne deve dedurre obbligatoriamente che i risultati d'una tale ricerca storica tenuta al guinzaglio non danno affidamento o sono falsi.  
 
Dato che le conoscenze della nostra storia recente hanno un influsso immediato sulla politica, anche la politica non dà perciò affidamento o diventa semplicemente mal consigliata ed influenzata. È proprio il nocciolo di ogni scienza accertare e dover accertare cifre e valori esatti. Ciò che vale nelle scienze d'ingegneria, nella fisica e nella chimica, non può improvvisamente essere abolito nella ricerca scientifica per motivi politici - salvo se si è pronti a mettersi in movimento intellettuale giù verso l'oscuro medio evo o perfino più indietro verso la più alta antichità. In terzo luogo il giudizio moralmente corretto che già una vittima è di troppo non può essere un'obiezione contro una ricerca scientifica di questo delitto speciale ed unico.  
 
Per un delitto, che si dica eccezionalmente riprovevole, si deve almeno ammettere ciò che vale per ogni delitto, che cioè venga sottoposto ad un'inchiesta dettagliata, e che anzi debba esser sottoposto ad una tale inchiesta.  
Io vado perfino più lontano: Chi voglia postulare un delitto "unico", deve accettare un'inchiesta "unica" del delitto che si rinfacci, prima di accettare o presupporre la sua "unicità".  
Se invece si tenta di proteggere da un'inchiesta questo delitto che si dica "unico" con una impreparazione morale, ci si rende se stessi colpevoli d'un delitto "unico" che consiste nel sottrarre ad ogni critica e ad ogni difesa l'oppressione dei rimproveri di colpevolezza.  
Si fanno così diventare i tedeschi vittime a cui nemmeno è permesso di difendersi obbiettivamente.  
Nel mondo moderno che altrimenti permette perfino al più grande assassinio seriale una difesa davanti al tribunale questo è veramente un avvenimento "unico". 
 
Ma le vittime ebree non meritano rispetto e riparazione? 
Ad ognuno che ha subito un torto spetta una riparazione, e ad ogni vittima d'un delitto spetta il rispetto corrispondente alla sua dignità umana. Per il revisionismo non si tratta di negare a qualcuno il torto subito, di rifiutargli il rispetto o di privarlo d'una riparazione. Per il revisionismo si tratta solo di costatare fatti storici. E se, dopo la valutazione dello stato delle prove, si stabilisce che un determinato avvenimento storico non ha provocato approssimativamente tante vittime come si è pensato finora, ciò è in primo luogo solo una costatazione storica che, presa a parte, non ha nessun effetto di nessuna specie sul destino della gente o una costatazione storica che provochi nuove vittime.  
Dalla fine della guerra la Germania ha pagato molto più di 100 miliardi di marchi in riparazioni a privati o istituti ebrei. Oltre a questo furono trattate circa cinque milioni e mezzo di domande di riparazione da parte dei sopravvissuti. Richiamandosi all'imperscrittibile debito tedesco si continuano a presentare, ininterrottamente, richieste di riparazione ai contribuenti tedeschi con un aumento graduale proprio da qualche tempo.  
Si deve qui trascurare la questione se quelli che domandano ancor più soldi dopo 75 anni hanno diritto di farlo. Di gran lunga più importante è la questione sul perché il contribuente tedesco di oggi deve trovare questi soldi. 99,9% di tutti i contribuenti tedeschi di oggi hanno al più 81 anni, e quindi avevano al più, nove anni, alla fine della guerra. 
 
Ora la domanda forse un po' provocatrice ma decisiva: 
Quanti ebrei avete ucciso nella vostra vita, quanti stranieri avete sfruttato come schiavi, quanti membri di minoranze avete perseguitato? 
La domanda è, se vogliamo, assurda poiché in quasi tutti i casi la risposta suonerà naturalmente: Nessuno. Perché allora però pagate voi, come contribuenti e consumatori, miliardi su miliardi di riparazioni?  
Perché vi si intima voi ad espiazione, penitenza, umiltà e rinuncia?  
Vi meravigliate veramente sul perché le imposte in Germania aumentano sempre più e la disoccupazione infierisce?  
Forse vi ricordate del seguente principio, in origine cristiano, che oggi vale per tutti gli stati di diritto: Non ci può essere nessuna responsabilità di parentela e nessun debito ereditario.  
 
Questo principio è oggi è disprezzato.  
Da voi si incassa per il debito dei vostri genitori, nonni, bisnonni e trisavoli!  
Ed ora, di passaggio, si faccia cenno che sarebbe interessante rintracciare quando poi potranno finalmente notificare un diritto a riparazione i molti milioni di tedeschi che furono sfruttati per anni e qualche volta per decenni come lavoratori - schiavi da francesi, olandesi, inglesi, belgi, iugoslavi, polacchi, danesi, russi, cechi...; e quando potranno farlo i dodici milioni di tedeschi dell'est espulsi dalla loro patria; e quando potranno farlo quelli che son rimasti dei tre milioni di vittime dell'espulsione; o delle 600.000 vittime degli attacchi aerei da parte degli alleati, attacchi che andavano contro ogni diritto internazionale; dei quattro/sei milioni di morti di fame del dopoguerra provocati dal blocco alimentare degli alleati, dallo smantellamento industriale e dalle condizioni nei campi di fame di Eisenhower?  
Non meritano tutte le vittime lo stesso rispetto e la stessa riparazione, o certi uomini valgono dunque più di altri uomini? 
 
Chi sono i revisionisti? (o chi riesamina l'olocausto?) 
Ci sono fra di loro ebrei (Josef G.Burg, Roger-Guy Dommergue, David Cole, Stephen Hayward), cristiani (Germar Rudolf, Michael A. Hoffman, Robert Countess), moamettani (Ibrahim Alloush, Ahmed Rami) e atei (Bradley Smith, Robert Faurisson). Ci sono fra di loro perseguitati dal regime nazista ed ex-detenuti dei campi di concentramento (Paul Rassinier, Josef G. Burg), ex-soldati tedeschi (Werner Rademacher, Wilhelm Stäglich) e soldati delle forze armate alleate (Douglas Collins).  
Ci sono fra di loro professori (Prof. Robert Faurisson, Prof. Arthur R. Butz, Prof. Christian Lindtner, Prof. Costas Zaverdinos), dottori (Dr. Wilhelm Stäglich, Dr. Robert Countess, Dr. Stephen Hayward, Dr. Herbert Tiedemann), chimici diplomati, fisici ed ingegneri (Michael Gärtner, Germar Rudolf, Arnulf Neumaier, Friedrich Berg), storici (Mark Weber, Robert Countess, Carlo Mattogno), insegnanti (Jürgen Graf)... Ci sono fra di loro comunisti e socialisti (Paul Rassinier, Roger Garaudy), gente della sinistra moderata (Pierre Guillaume, Serge Thion), liberali (Andrew Allen, David Cole, Bradley Smith, Richard Widmann), conservatori (Germar Rudolf, Carlo Mattogno, Werner Rademacher), gente di destra (Udo Walendy, Mark Weber) e nazionalsozialisti (Ernst Zündel).  
Ci sono fra di loro francesi (Robert Faurisson, Pierre Guillaume, Roger Garaudy, Paul Rassinier, Vincent Reynouard, Jean Plantin), americani (Bradley Smith, Mark Weber, Arthur Butz, Richard Widmann, Fredrick Leuchter), tedeschi (Germar Rudolf, Werner Rademacher, Michael Gärtner, Arnulf Neumaier, Wilhelm Stäglich), svizzeri(Jürgen Graf, Arthur Vogt), italiani (Carlo Mattogno), spagnoli (Enrique Aynat), giordani (Ibrahim Alloush), marocchini (Ahmed Rami), svedesi, danesi, britannici, polacchi, russi..., per nominarne solo alcuni. 
 
Nella ricerca su avvenimenti storici la norma primaria deve essere sempre il cercare di trovare come i fatti si siano svolti nella realtà (citazione libera dal grande storico tedesco del 19° secolo Leopold Ranke).  
 
Per lo storico, per esempio, non dovrebbe valere affatto, come motivo predominante, l'incolpare di delitti o il difendere da un'accusa, con le sue ricerche, Gengis Khan e le sue orde di cavalieri mongoli.  
Se ora però qualcuno richiedesse che alla ricerca non sia permesso difendere politicamente e moralmente Gengis Khan da una tale accusa, ciò provocherebbe, tutt'al più, disprezzo e derisione, come anche farebbe sorgere il rimprovero che colui che facesse tali richieste assurde sarebbe ben guidato lui stesso da motivi politici.  
 
Altrimenti non si potrebbe spiegare in nessun caso perché qualcuno possa richiedere che la nostra immagine della storia di Gengis Khan dovrebbe essere per sempre quella che le sue vittime ed i suoi avversari hanno disegnato su di lui.  
 
Lo stesso vale anche per Hitler e il Terzo Reich.  
Ogni revisionista come ogni antirevisionista può avere l'opinione politica che vuole. Il rimprovero però che i revisionisti farebbero ciò che fanno solo per difendere da un'accusa il nazionalsocialismo, e che ciò sia riprovevole o perfino delittuoso è un bumerang: Poiché il rimprovero presuppone anzi che si guardi come poco degno di fiducia il difendere da un'accusa il nazionalsocialismo storicamente (e quindi in parte anche moralmente).  
 
Chi però presenti ciò come poco degno di fiducia confessa apertamente di non essere interessato a trovare la verità ma ad incolpare o a veder incolpato il nazionalsocialismo storicamente e moralmente. A questo scopo si possono però addurre solo motivi politici. Così si ottiene la convinzione che colui che fa ai revisionisti il rimprovero d'una strumentalizzazione politica strumentalizza lui stesso politicamente l'argomento. Non sono dunque i revisionisti stessi ad essere guidati da motivi politici, ma, con sicurezza irrefutabile, tutti coloro che rimproverano ai revisionisti di voler difendere in qualche modo da un'accusa una figura storica da gran tempo marcita, un sistema politico da molto tempo tramontato e appartenente ad un'epoca da gran tempo passata.  
 
In breve: Nelle nostre ricerche non ci deve interessare a quali effetti i nostri risultati potrebbero avere sul valore morale d'un politico e d'un regime defunti, ma ci debbono interessare solo i fatti.  
Chi pensa altrimenti non è scientifico e nessuno si dovrebbe permettere di giudicare su terze persone. 
 
Il revisionismo è illegale? 
Teoricamente no.  
La dichiarazione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, obbligatoria per la Germania, come anche la costituzione della Repubblica tedesca garantiscono la libertà di parola e la libertà della scienza (articolo 5). A dir vero la libertà di parola è limitata da leggi, se si tratta di discorsi offensivi o di discorsi che istighino a commettere azioni delittuose.  
La libertà della scienza è veramente illimitata.  
Una dettagliata tesi di dottorato sulla "colpevolezza della negazione d'Auschwitz" (Die Strafbarkeit des Auschwitz-Leugnens), arriva alla conclusione che lo stesso revisionismo o riesame dell'olocausto non può essere punibile, poiché ciò violerebbe dei diritti dell'uomo fondamentali.  
In pratica il mondo ha sicuramente un'altra faccia.  
In realtà i revisionisti (quelli cioè che riesaminano l'olocausto) vengono condannati da circa metà degli anni 80, e in modo particolarmente severo, all'incirca dal 1995, ad alte pene pecuniarie e detentive, solo perchè non vogliono credere all'immagine prescritta dell'olocausto e innanzi tutto alle camere a gas destinate all'uccisione d'esseri umani, e perché esprimono ciò a parole e/o nei loro scritti. Tribunali e mezzi di comunicazione ingiuriano tali scettici e tali scienziati che deviano dalla "linea del partito" come "bugiardi di Auschwitz", "negatori di Auschwitz" o "negatori dell'olocausto". 
 
Fondamento di ciò è innanzi tutto il paragrafo 130 del codice penale tedesco, contrario ai diritti dell'uomo e alla costituzione, che minaccia, nell'articolo 3, di reclusione fino a cinque anni la "negazione" degli assassini di popolazione commessi dal nazionalsocialismo.  
 
"Negazione" significa: "asserire in malafede la falsità".  
Viene anche insinuato che tutti sono convinti della verità dell'immagine storica prescritta e che quanti esprimano dubbi o perfino opinioni contrarie, mentono coscientemente con intenzione cattiva, il che significa con intenzione criminale, oppure hanno disturbi mentali. Presentare davanti al tribunale prove di dubbi sull'immagine storica prescritta è parimenti vietato con minacce penali nelle sale dei tribunali tedeschi.  
 
Bel "Mondo Nuovo"!  
Dunque non è illegale il revisionismo, ma il modo di procedere della giustizia tedesca.  
Purtroppo quest'ultima ha il potere. Da circa venti anni vengono di nuovo anche bruciati in modo intensivo libri, innanzi tutto - ma non soltanto - di revisionisti, e annualmente in Germania sono condannati per reato perseguibile penalmente circa 15.000 persone a causa di "delitti mentali.  
Non si fa più nessuna differenza già da molto tempo.  
Seduce esser d'accordo nella persecuzione di neonazisti, che son rappresentati dai mezzi di comunicazione come persone orribili e brutali.  
 
Pensate però:  
chi è d'accordo con leggerezza che si possano perseguitare penalmente dei neonazisti solo a causa del fatto che la loro opinione derivi dalla "linea del partito", non si può poi lamentare se già, domani, lui stesso sarà scoperto e perseguitato come neonazista, per esempio solo perché un vicino lo ha visto per caso sventolare una bandiera tedesca o lo ha sentito cantare l'inno nazionale!  
È perciò dovere d'ogni democratico protestare e combattere contro la persecuzione dei dissidenti. Ciò vale non solo se questa persecuzione proviene da una dittatura, o da una democrazia di uno stato di diritto. 
 
 
Olocausto e revisionismo 
33 domande e 33 risposte 
Ciò che avreste (forse) sempre desiderato sapere, ma che i media concordemente tacciono 
 
Il caso Faurisson non rappresenta la nascita del revisionismo olocaustico.  
Ne rappresenta, però, il momento di piena maturità.  
Da esso, da ciò che vi ha tenuto dietro, da Faurisson personalmente, gli studi revisionistici hanno ricevuto un impulso determinante. Ne è seguito un allargamento e un approfondimento delle ricerche. Il testo che faccio seguire, fornisce un quadro complessivo dei risultati che oggi si devono considerare acquisiti in ordine alla persecuzione antiebraica durante la seconda guerra mondiale. 
 
Non abbiamo mai sottaciuto che revisionisti sono uomini di sinistra non meno che uomini di destra, e ancora oggi, senza dubbio, i secondi sono più dei primi.  
La cosa essenziale -- per nulla scontata è che le opzioni ideologiche restino esterne all'opera di ricerca, ad essere impegnati nella quale sono dei singoli. È, poi, naturale, e salutare, che ci si divida quanto all'uso politico che si fa di questi risultati: non c'è nessun tratto di strada da percorrere insieme politicamente -- nessun tratto di strada che comporti l'uso di quello che andrò a scrivere. 
 
Un'ultima considerazione è qui d’obbligo.  
Preciserò che se ci si pone, come mi pongo, nell'ottica della lotta di classe, e prima di tutto della sua ripresa a chiusura di una corso storico disastroso, per la classe operaia e per ogni possibilità di trasformazione socialista, non si può non considerare -- contro l'irresponsabilità e le superstizioni solidaristiche in cui non può non crogiolarsi il Genius che oggi passa per essere "di sinistra" -- la prospettiva del multiculturalismo con un'inquietudine che non è per niente minore di quella con la quale si guarda al fenomeno degli "esprits d'orientation nationale" al cui novero non apparteniamo.  
Questa inquietudine è giustificata, in primo luogo, dal fatto che, creandone le condizioni, la lotta tra le razze minaccerebbe obiettivamente di sostituirsi alla lotta di classe e, in un quadro storico il dato saliente del quale è la lunga assenza di quest'ultima, di prevenirne la possibilità di ricomparsa (cose di cui non si accorgeranno se non con il ritardo consueto coloro che in sede di analisi si permettono di confondere l’essere e il dover essere); poi dal fatto che, altrettanto obiettivamente, i flussi migratori tendono a metter capo alla ricostituzione di un esercito lavorativo di riserva (in Italia, secondo Guido Bolaffi, lo fanno già) il cui sfruttamento a prezzo rinvilito non mancherebbe sul lungo periodo di ripercuotersi sulla composizione organica del capitale, nel senso di un rallentamento della discesa del saggio di profitto, anche se è del tutto probabile che la tendenza non si realizzi mai compiutamente. 
 
 
Chiarita, anche se nel modo più sommario la cosa, il campo resta libero alla lettura.  
 
1. E' provato che i tedeschi abbiano ucciso sei milioni di ebrei? 
Nessuno contesta che tantissimi ebrei siano morti durante la seconda guerra mondiale a causa della loro deportazione nell'Europa dell'Est e delle condizioni inumane che in certi periodi si verificarono nei campi di concentramento. Niente dimostra, tuttavia, che. sia esistito (e sia stato eseguito) un piano per l'uccisione di chicchessia in ragione della sua razza.  
Né gli ebrei, né gli zingari sono stati sterminati in modo sistematico. Tutti coloro che morirono nei campi di concentramento, dai criminali di diritto comune ai resistenti e partigiani di varie nazionalità, ecc., conobbero lo stesso tragico destino. 
 
2. E' provato che Hitler fosse al corrente dell'Olocausto e che lui o Himmler abbiano dato un ordine!, in proposito? 
Non esiste alcun ordine scritto esplicito. Tuttavia le autorità naziste si rendevano sicuramente conto che la deportazione degli ebrei all'Est era realizzata in condizioni tanto dure che gran parte degli ebrei dovevano morire. 
 
3. Esistono ordini scritti per lo sterminio degli ebrei? 
Neanche uno.  
È inimmaginabile che, nella Germania di quell'epoca, rigorosamente burocratica e gerarchizzata, un'azione di tali proporzioni sia stata compiuta senza una catena di ordini espliciti, scritti, chiari e dettagliati. 
Si pretende che parole come Sonderbehandlung, Umsiedlung, Arbeirseinsatz ed Endlösung equivalessero in codice a "sterminio".  
A mio avviso, questa è una speculazione senza fondamento. 
 
4. Un'operazione di tale ampiezza poteva restare segreta? 
Impossibile.  
D'altronde è chiaro che, le pretese camere a gas, avrebbero potuto essere notate da qualcuno.  
Si vedano i volumi fotografici di: Air Photo Evidence di John C. Ball e l'Album di Auschwitz di Serge Klarsfeld. 
 
5. Perché gli ebrei non opposero resistenza o quasi? 
Perché, apparentemente, nessuno aveva l'intenzione di sterminarli.  
Per vari motivi (essenzialmente di sicurezza), essi venivano raggruppati e poi deportati verso ghetti o campi dove erano costretti a lavorare in condizioni il più delle volte terribili e assolutamente disumane (lo sottolineo). 
 
6. È dimostrato che non sono stati uccisi sei milioni di ebrei? 
È difficile dimostrare che una cosa non si è verificata.  
Ma i revisionisti hanno presentato, nel corso degli anni, innumerevoli argomenti di natura criminologica, demografica, analitica, logistica, tecnica e comparativa, dai quali scaturisce un'immagine ben diversa della sorte degli ebrei. 
 
7. Che cosa risulta alla Croce rossa internazionale sul preteso genocidio? 
Una delegazione della CRI, che visitò Auschwitz nel settembre del 1944, segnalò specificamente nel proprio rapporto che i detenuti potevano ricevere pacchi di generi alimentari e che, dopo aver cercato di verificare le voci sulle pretese camere a gas, non era in grado di confermarle. Inoltre la CRI dispone di un Servizio internazionale di ricerche ad Arolsen, che centralizza tutti i dati a carattere individuale sui detenuti dei campi e che, su richiesta delle famiglie, rilascia informazioni o certificati di morte.  
Alla data del 31 dicembre 1983 la Croce rossa aveva compilato complessivamente 373.486 certificati relativi a tutti i decessi, di ebrei e non ebrei, nei campi tedeschi.  
Il numero degli ebrei morti in questi campi e fuori di essi non è ancora stato stabilito. 
 
8. Simon Wiesenthal ha dichiarato che "non ci sono stati campi di sterminio sul territorio tedesco" e che gli ebrei assassinati non sono sei, ma undici milioni? 
Sì, nel numero di aprile del 1975 di "Books and Bookmen", ha confermato che le gasazioni ebbero luogo solo in Polonia e, sul settimanale belga-olandese "De Post" del 9 maggio 1982, ha parlato di undici milioni di morti ebrei. 
 
9. Ciò nondimeno, Dachau si trova in Germania e dei veterani americani sostengono che vi era una camera a gas. Ci sono anche delle fotografie di delegati del Congresso americano che visitano questa camera a gas. 
Si tratta di propaganda di guerra respinta oggi da tutti gli storici, compresi quelli antirevisionisti. 
 
10. È provato che ad Auschwitz vi siano state camere a gas da esecuzione? 
No.  
Nel 1976 il professor Faurisson ha scoperto che la pretesa camera a gas del campo principale di Auschwitz, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, non è che un falso.  
Nel 1995, lo storico antirevisionista Erie Conan lo ha ammesso: "E' tutto falso" ("L'Express", 19 gennaio, p. 68). 
 
11. Se Auschwitz non era un campo di sterminio, che cosa era? 
Questo campo faceva parte di un grande complesso industriale dove si producevano particolarmente caucciù sintetico e benzina a partire dal carbone.  
Il campo dei detenuti serviva come riserva di manodopera, ma anche come Durchgangslager (campo di transito), dal quale gruppi di lavoro (Kommandos) erano inviati presso altri campi. Sarebbe anche servito da base per il trasferimento degli ebrei in Bielorussia (si veda Die 2. babylonische Gefangenschaft di Steffen Werner, Pfullingen, 1990). 
 
Gli aerei da ricognizione americani fotografarono d'altronde questo importante complesso chimico a partire dal 1943. Sulla base dei loro clichés, John C. Ball, esperto canadese in foto aeree, ha scritto Air Photo Evidence, dal quale le tesi dei revisionisti ricevono una convincente conferma. Auschwitz tutto era fuorché il luogo ideale per commettere un genocidio al riparo da sguardi indiscreti. 
 
12. Perché allora Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, ha confessato che nel campo sarebbero stati gassati due milioni e mezzo di ebrei? 
Grazie al revisionista francese Robert Faurisson sappiamo oggi che Höss fece le sue ammissioni sotto tortura. Gli inquirenti britannici riferirono come avevano catturato Höss e lo avevano picchiato per giorni; all'apparenza, essi ne erano fieri.  
In seguito Höss fu consegnato ai polacchi, che lo impiccarono nel 1947.  
"Confessioni" ottenute in questo modo erano moneta corrente in Germania all'indomani della guerra. 
 
13. C'è una differenza tra i campi di concentramento tedeschi e i campi di concentramento americani nei quali furono internati, durante la guerra, i cittadini americani di origine giapponese? 
In principio, no.  
Anche i giapponesi furono considerati pericolosi per la sicurezza, come appartenenti ad un popolo contro il quale gli Stati Uniti erano in guerra. Tuttavia gli Stati Uniti erano lontani dal teatro del conflitto e non si trovavano in una situazione disperata come quella della Germania. 
 
14. Quanti ebrei vivevano nei territori controllati dalla Germania? 
Meno di quattro milioni. 
 
15. Numerose fotografie mostrano montagne di scheletri. Anche in questo caso si tratta di una falsificazione? 
In sé, i cumuli di cadaveri non dicono niente a proposito della causa delle morti.  
È significativo, invece, che la maggior parte di questi cadaveri fossero scarnificati, ciò che suggerisce come causa del decesso il tifo. Le persone colpite da tifo diventano infatti scheletri viventi (si vedano le immagini che giungono dall'Africa).  
Dei corpi così scarnificati non potevano certamente appartenere a deportati appena arrivati, cioè in condizioni di salute ancora relativamente buone. 
Ma è curioso che siano sempre le montagne di cadaveri filmate nel campo di Bergen-Belsen (Germania del Nord), dove nessuno ha mai preteso che esistessero camere a gas, che servano a illustrare le gasazioni... di Auschwitz!  
Tutti sanno che a Bergen-Belsen vi furono migliaia di morti (tra i quali Anna e Margot Frank) a seguito, agli inizi del 1945, di un'epidemia terribile di tifo che non fu possibile debellare.  
Dopo la liberazione del campo da parte dei britannici, il 15 aprile 1945, vi morirono ancora numerosissimi deportati, poiché i britannici commisero l'errore di mettere il campo sotto quarantena, cosicché i detenuti indeboliti e affamati ma non ancora colpiti dal morbo si ammalarono anch'essi e morirono nelle settimane successive. 
Al momento dell'epidemia di tifo del 1942, Höss, comandante del campo di Auschwitz, aveva commesso lo stesso errore, con le stesse conseguenze. 
 
Un'altra falsificazione ben nota è quella delle fotografie aeree americane tra centinaia di cadaveri di detenuti disposti su lunghe file di fronte ad una fabbrica di Nordhausen.  
Questi detenuti non morirono per colpa dei tedeschi, ma sotto un bombardamento americano il 4 aprile del 1945.  
Un'azione del tutto superflua, per di più, poiché la sconfitta tedesca era ormai data per sicura. 
Anche il celebre film proiettato al processo di Norimberga è un cocktail di immagini e di messe in scena realizzato dall'esperto Alfred Hitchcock. 
Non per nulla ancora oggi ci si deve rivolgere a uno Spielberg, maestro nella fantascienza, quando si vuole spacciare la fiction per realtà (si vedano i punti 27 e 28). 
 
16. Quale era le cause principali di decesso? 
Soprattutto le epidemie di tifo, come anche le condizioni di vita terribili e il trattamento spesso barbaro infitto ai detenuti dai Kapo (criminali di diritto comune, comunisti, ebrei). 
 
17. Che cos'è il tifo? 
Questa malattia si diffonde soprattutto quando molte persone sono costrette a vivere insieme in condizioni di scarsa igiene. Un esempio: il Ruanda nell'agosto del 1994.  
La malattia si trasmette attraverso le pulci. 
 
18. Quale metodo di disinfestazione impiegavano i tedeschi? 
Lo Zyklon B, marchio commerciale dell'acido cianidrico era, ed è, ancora utilizzato per ogni intervento contro i pidocchi.  
La Germania ne era sprovvista, così come mancava di tante altre materie prime.  
Paradossalmente, si può affermare che, se i tedeschi avessero avuto a disposizione una quantità maggiore di Zyklon B, sarebbe sopravvissuto un numero maggiore di detenuti. Inoltre, negli ultimi catastrofici mesi (avvicinamento dei fronti militari, bombardamenti continui, evacuazioni improvvise, milioni di rifugiati dall'Est, carestia), non potevano essere applicati i metodi normali di disinfestazione, così che in numerosi campi scoppiarono epidemie di tifo le cui immagini atroci sono note al mondo intero. 
 
19. Lo Zyklon B poteva anche servire alla gasazione in massa di esseri umani? 
No.  
I tedeschi avevano inoltre, vicino ad Auschwitz, nel complesso industriale chimico di Monowitz, riserve quasi inesauribili di prodotti più efficaci e meno cari.  
Negli Stati Uniti le camere a gas da esecuzione sono cabine capaci di contenere una o al massimo due persone; la preparazione, l'introduzione e l'estrazione del gas vi si svolgono in modo completamente diverso da quello delle pretese gasazioni di massa di Auschwitz.  
Il revisionista oggi più conosciuto, Robert Faurisson, è stato il solo e il primo a interrogarsi sulla possibilità materiale e chimica delle gasazioni.  
Nei suoi studi, egli è spesso tornato sull'argomento e ha specificamente dedicato al "problema delle camere a gas" una videocassetta nella quale espone il suo punto di vista in modo pacato e convincente.  
L'esperto americano di camere a gas Fred Leuchter (1988), il chimico tedesco Germar Rudolf (1991), che ha lavorato alla Max Planck Gesellschaft di Stuttgart, organismo di fama internazionale, e l'ingegnere austriaco Walter Lüftl (1992) hanno approfondito questo aspetto. 
 
20. È vero che lo Zyklon B lascia delle tracce? È stata mai effettuata una perizia chimica? 
Sì, vi sono già state varie perizie chimiche e, tutte, hanno dato direttamente o indirettamente ragione ai revisionisti. Anche la perizia del Museo nazionale di Auschwitz conferma le constatazioni di Fred Leuchter sull'assenza di ferri ferrocianuro. 
Per anni, il professore francese Robert Faurisson ha svolto ricerche in questo settore.  
È stato il primo a esaminare in loco come funzioni per esempio una camera a gas americana ed è stato lui a scoprire i progetti dei crematori nel Museo di Auschwitz.  
Quando il revisionista tedesco-canadese Emst Zündel è stato processato, ha nominato Robert Faurisson come esperto della difesa. Insieme, essi hanno dato mandato allo specialista americano di camere a gas Fred Leuchter Jr. di esaminare i locali reputati camere a gas di Auschwitz, Birkenau e Majdanek e di depositare una perizia. Il 25 febbraio 1988 si è mossa un'équipe che ha effettuato in loco delle constatazioni e delle misure e ha riportato 32 campioni (mattoni, malta, ecc.) per controllarvi la presenza di cianuro. 
Il dottor James Roth, direttore degli Alha Analytical Laboratories di Ashland (Massachusetts) ha testimoniato al processo che si sono riscontrati 1050 mg/kg di cianuro nel campione n. 32 (proveniente da una camera a gas per la disinfestazione degli oggetti), ma niente, o tracce insignificanti, negli altri 31 campioni.  
Ne deriva che gli impianti nei quali, stando a ciò che si è preteso finora, milioni di esseri umani sarebbero stati gassati con l'acido cianidrico, non sono mai stati di fatto in contatto con questo gas!  
È stata la fine del mito delle camere a gas. 
Nel 1990, dalle lapidi commemorative del Museo di Auschwitz è stato eliminato un testo che affermava che 4 milioni di esseri umani erano morti assassinati in questo campo. 
Adesso gli storici tradizionali stanno riducendo questa cifra tutti gli anni; si è già passati da un milione e mezzo a 600.000-800.000 (J.-C. Pressac). 
 
21. Numerosi sopravvissuti affermano che i corpi venivano ammucchiati e bruciati in fossati. 
La procedura descritta da questi "testimoni" è tecnicamente impossibile (si veda il punto 25). 
 
22. Perché c'erano forni crematori ad Aurchwitz? 
E' sicuro che i crematori II e III servirono principalmente per incenerire dei cadaveri. Furono d'altronde concepiti e costruiti nell'inverno 1942-43 dopo le terribili epidemie dell'estate 1942. La regione era paludosa, con una falda acquifera molto superficiale, cosa che rendeva impossibile la sepoltura di tutti quei corpi. 
 
23. Alcuni testimoni oculari affermano che questi crematori potevano incenerire un corpo in 10 minuti e che, a volte, molti corpi venivano inceneriti nella stessa muffola. 
E' tecnicamente impossibile. I crematori sono installazioni tecniche con limiti molto precisi. Sui crematori di Auschwitz e di Birkenau, si dispone di una documentazione praticamente completa, poiché gli archivi della Bauleitung furono sequestrati dai sovietici. 
Il revisionista italiano Carlo Mattogno ha studiato questo problema per anni con l'aiuto di due ingegneri e le sue conclusioni sono chiarissime. La capacità massima teorica per l'insieme dei crematori era di 1.248 corpi al giorno. 1 crematori II e III furono operativi per 971 giorni e i crematori IV e V per 359 giorni. Al massimo avrebbero potuto bruciare 300.000 corpi. Se si tiene conto dei tempi per la sostituzione dei materiali refrattari nei forni, i crematori poterono incenerire al massimo 162.000 corpi e, inoltre, le quantità di coke fornite non permettevano di incenerire se non i detenuti deceduti normalmente registrati (che vengono valutati all'incirca in 150 o 170.000).  
I calcoli sono anche confermati dal tempo necessario per incenerire un corpo, che prende da 60 a 80 minuti. 
Nei crematori di oggi, si bruciano in media 3 o 5 corpi al giorno. 
Infine, le cifre concordano con i 51 Totenbiicher (registri mortuari tenuti dall'amministrazione del campo), che coprono il periodo dall'agosto del 1941 al 1943 e contengono i dati relativi a 66.000 deceduti. 
 
24. Come si spiega che vi siano state montagne di cadaveri proprio là dove esistevano dei crematori? 
Nelle ultime settimane di guerra, questi crematori furono smantellati o non furono utilizzati a causa dell'assenza di parti di ricambio.  
Non si possono nemmeno escludere atti di sabotaggio. La propaganda di guerra ha approfittato largamente di questa situazione e di queste immagini. 
 
25. Aerei da ricognizione alleati hanno scattato delle fotografie nel periodo in cui questi crematori avrebbero funzionato a pieno ritmo al pari delle camere a gas. Che cosa mostrano queste fotografie? 
Non mostrano né pretese aperture attraverso le quali lo Zyklon B sarebbe stato introdotto, né feritoie per la ventilazione del gas letale, né riserve di carbone, né sistemi efficaci per il trasporto del carbone, né fosse nelle quali bruciare i cadaveri, né cumuli di cadaveri, né camini fumanti, né protezioni contro gli sguardi indiscreti, né file di detenuti in movimento verso i crematori o in attesa del loro turno; in realtà, queste fotografie non rivelano niente realtivamente a ciò che i "testimoni oculari" pretendono di aver visto!  
Di più, da esse scaturisce che non sono mai esistite le fosse gigantesche e profonde nelle quali, secondo numerosi testimoni, i cadaveri venivano bruciati quando i crematori erano fuori uso. 
 
Queste fosse a combustione sono un'invenzione per i seguenti motivi: 
-- ad Auschwitz-Birkenau, regione paludosa, la falda acquifera è molto in superficie; ciò rendeva impossibile la combustione in fosse, che si sarebbero immediatamente riempite d'acqua; 
-- la cremazione in fosse è tecnicamente impossibile a causa della mancanza di ossigeno, che impedisce di raggiungere la temperatura necessaria, collocata tra 500* e 800*; per contro, sarebbe stata possibile la cremazione su pire, a condizione di disporre di sufficiente combustibile; quasi tutti i testimoni parlano di fosse; non esiste documentazione relativa alla fornitura di combustibile sufficiente; 
-- nelle fotografie aeree scattate nel periodo in questione non si vedono né fosse, né cremazioni di corpi (trasporti di combustibile e fumo); 
-- l'esame al suolo e la fotografia aerea non rivelano in nessun luogo traccia di tali fosse (modifiche della struttura del suolo).  
 
26. I revisionisti sono in grado di dare una risposta ragionevole alla domanda: che fine hanno fatto dunque le comunità ebraiche scomparse (costituite o meno che fossero da sei milioni di persone)? 
L'autore revisionista americano [in fatto tedesco] Walter Sanning ha svolto uno studio demografico (The Dissolution of Eastern European Jewry, Institute of Historical Review, Newport Beach, 1983; disponibile anche in tedesco presso le edizioni Grabert) affrontando il problema dettagliatamente.  
In primo luogo, bisogna dire che la cifra di sei milioni è fittizia e simbolica.  
In secondo luogo, non tutti gli ebrei furono deportati e molti tra loro riuscirono a nascondersi. 
Proporzionalmente, furono deportati moltissimi ebrei olandesi, ma pochi ebrei francesi. Inoltre, in Belgio, in Francia e in Italia esistono ancora consistenti comunità ebraiche.  
Dopo la guerra, molti ebrei lasciarono l'Europa e scelsero Israele e gli Stati Uniti come luogo di destinazione. Gran parte degli ebrei polacchi e russi potè fuggire o fu deportata nella Russia centrale e asiatica. 
Il Servizio internazionale di ricerche della Croce rossa ad Arolsen possiede milioni di documenti sui deportati, dai quali potrebbe scaturire una notevole chiarificazione su questo aspetto.  
Sfortunatamente, i suoi archivi sono inaccessibili agli studiosi.  
 
Perché? Si teme forse di far apparire un'altra realtà, che faccia crollare la teoria dei sei milioni?  
I Totenbücher di Auschwitz (si veda il punto 23), nascosti per quarant'anni a Mosca, sono ora depositati anch'essi ad Arolsen nelle casseforti dei Servizio di ricerche della Croce rossa.  
Così sono stati di nuovo sottratti al pubblico.  
Nessuno storico riceve il permesso di consultarli. 
 
27. Il film Schindler's List è una storia vera? 
Questo film è tratto da un libro con lo stesso titolo di Thomas Keneally.  
A pagina 3 dell'edizione originale inglese si legge:  
"Novel. This book is a work of fiction. Names, characters, places and incidents are either products of the author's imagination or are used fictiously. Any resemblance to actual events or locals or persons, living or dead, is entirely coincidential".  
(Romanzo. Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e incidenti sono prodotti dell'immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con eventi reali o locali o persone, vivi o morti, è del tutto casuale) 
Sul dorso del libro si legge anche: "Fiction/Judaic" (Narrativa/Ebrea). 
 
28. Amon Göth, che nel film di Spielberg comanda il campo di Plaszow, è esistito veramente? 
Sì, ma era in realtà molto più vecchio.  
Spielberg ci presenta un nazista giovane e duro in stile hollywoodiano.  
Lo mostra al balcone della sua villa, in cima a una collina, mentre spara sui detenuti. 
Di fatto, tutta la messa in scena di Spielberg è un imbroglio, poiché l'abitazione di Göth si trovava ai piedi di una collina e dietro il campo e perciò non disponeva di nessuna vista su quest'ultimo.  
Su Plaszow la Vrij Historisch Onderzoek ha pubblicato un opuscolo contenente una trentina di fotografie autentiche, che ne danno un'un’immagine molto diversa e più realistica. 
La moglie di SchindIer vive ancora in Argentina e, intervistata, ha fornito un ritratto di quest'uomo opposto a quello del film.  
A suo avviso, si trattava di un "folle" che non si curava minimamente dei detenuti (se non per il loro denaro) ed è a lei che questi devono tutto, in quanto era lei ad occuparsi dell'approvvigionamento di generi alimentari, mentre SchindIer era sempre assente.  
A seguito dell'intervista ci si chiede perfino se gli SchindIer erano veramente tedeschi.  
Al momento dell'occupazione tedesca della Cecoslovacchia, essi fuggirono in Polonia. Perché? E quando i tedeschi occuparono la Polonia, SchindIer -- secondo il film di Spielberg -- ricevette una medaglia d'oro dal partito nazista. 
 
29. Si dice che i revisionisti sono antisemiti o neonazisti. 
È solo per diffamarli e intimidirli.  
Li si vuole anche stigmatizzare, visto che non è possibile confutarli.  
In ogni modo, 1 + 1 = 2, anche se a dirlo è un nazista.  
Il revisionismo non vuole negare o minimizzare i veri misfatti del nazionalsocialismo.  
Il revisionismo vuole separare la verità storica dalla propaganda di guerra. 
 
30. Perché i punti di vista dei revisionisti non traspaiono mai dai media? 
Chiedetelo a loro.  
Il motivo è senza dubbio che con il revisionismo essi perdono del tutto la faccia.  
Per decenni, senza la minima critica e senza un briciolo di buon senso, i media hanno disinformato l'opinione pubblica ricorrendo alle atrocità della propaganda di guerra.  
Inoltre, questo argomento è divenuto un dogma e un tabù che si può infrangere solo con uno straordinario coraggio.  
Nei prossimi decenni, ci si romperà la testa a forza di chiedersi come un numero così vasto di persone abbia potuto unire tanta stupidità a tanta vigliaccheria. 
 
31. Che cosa succede a coloro che negano l'Olocausto? 
Sono posti al bando dalla società. 
 
32. Questa discussione è ancora attuale? 
Combattere le menzogne è un dovere morale e civico. Un'informazione scorretta (anche in campo storico) porta a decisioni scorrette. 
La versione classica dell'Olocausto è ancora utilizzata quotidianamente nel dibattito politico per togliere di mezzo gli avversari o per conservare dei diritti acquisiti.  
È chiaro che colpiti sono soprattutto il popolo palestinese e il popolo tedesco.  
Ma, più in generale, lo sono tutti coloro che, di orientamento nazionale, respingono la società multiculturale come un'utopia perturbatrice dell’ambiente naturale e che vengono bollati correntemente come affetti da sindrome dell'Olocausto.  
È sorprendente che i fautori della società multiculturale tirino fuori costantemente immagini e avvenimenti della seconda guerra mondiale, ma tacciano pudicamente su un fatto attuale come l'espulsione dei palestinesi dalla loro terra. 
 
33. Quali sono gli autori revisionisti più importanti? 
Paul Rassinier, Robert Faurisson, Arthur Butz, Thies Christophersen, Wilhelm Stäglich, Carlo Mattogno, Henri Roques, Udo Walendy, Jürgen Graf, Germar Rudolf, Walter Sanning, Mark Weber, John C. Ball, Emst Zündel, David Irving, Ingrid Weckert, Enrique Aynat, Serge Thion, Carlos Porter. 
 
 
Grazie per aver letto 
   Ninni Raimondi 
 
 
14 Settembre 2020
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