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Scontro Vaticano-Usa. “Ecco perché papa Francesco non riceve Pompeo” 
di Ninni Raimondi
 
Scontro Vaticano-Usa. “Ecco perché papa Francesco non riceve Pompeo” 
 
Scontro frontale tra Stati Uniti e Vaticano sui rapporti tra Santa Sede e Cina. L’amministrazione Usa ha chiesto a papa Francesco di non scendere a patti con il regime di Pechino sulle nomine dei vescovi in nome della difesa della libertà religiosa, puntualmente violata in Cina. E oggi, con l’arrivo del segretario di Stato Mike Pompeo, che ha preso parte a un convegno proprio su questo tema, lo scontro è stato inevitabile. C’è un tentativo di strumentalizzare il Papa nella partecipazione del segretario Usa Pompeo a un simposio sulla libertà religiosa in Vaticano durante la campagna elettorale Usa? “Beh, sì. E’ una delle ragioni per cui il Papa non lo riceve“, ammette monsignor Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano, parlando ai margine del simposio organizzato dall’ambasciata degli Usa presso la Santa Sede. 
 
L’intervento di Pompeo al simposio sulla libertà religiosa 
Il simposio è stato aperto proprio da Pompeo, che ha dichiarato che “gli Stati Uniti fanno la loro parte nel parlare in nome delle vittime della repressione religiosa, possiamo fare di più, ma lavoriamo duramente per gettare una luce sugli abusi, punire chi è responsabile e possiamo incoraggiare altri ad unirsi a noi in questa missione”. In sostanza, quello che il segretario di Stato aveva scritto nei giorni scorsi su Twitter rilanciando un suo editoriale pubblicato su una rivista religiosa in cui si afferma che la Santa Sede “metterebbe a rischio la sua autorità morale” se rinnovasse l’accordo raggiunto due anni fa “con il Partito comunista cinese, sperando di aiutare i cattolici cinesi”. In conclusione del suo intervento, Pompeo ha sottolineato che “per quanto le nazioni possano fare, alla fine i nostri sforzi sono limitati dalla realtà della politica mondiale. Gli Stati possono a volte fare compromessi per far avanzare buoni fini, i leader vanno e vengono e le priorità cambiano. Ma la Chiesa è in una posizione differente, non deve compromettere i suoi principi basati su verità eterne. E la storia ha dimostrato che i cattolici hanno affermato i loro principi in azioni gloriose”. 
 
L’appello a papa Francesco di dare prova di coraggio nel combattere le persecuzioni religiose in Cina 
Pompeo ha poi lanciato un appello diretto a Papa Francesco chiedendogli di dare prova di “coraggio” nel combattere le persecuzioni religiose, in particolare in Cina: “Faccio appello a tutti i leader religiosi affinché si trovi il coraggio per affrontare le persecuzioni religiose delle loro comunità come delle altre – ha dichiarato -. I leader cristiani devono difendere i loro fratelli e sorelle in Iraq, in Corea del Nord e a Cuba“. 
 
Gallagher: “Non mi avete sentito pronunciare la parola ‘Cina’. Questa è la prassi della diplomazia vaticana” 
Monsignor Gallagher al termine dell’incontro ci ha tenuto a sottolineare l’irritualità del simposio. “Non mi avete sentito pronunciare la parola ‘Cina’? Non mi avete sentito pronunciare alcun nome, di nessun Paese, questa è la prassi della diplomazia vaticana, non pronunciare nomi e biasimi è uno dei principi della diplomazia vaticana normalmente”, ha ricordato. Poi, abbastanza irritato ha aggiunto: “Comunque ho avuto solo pochi minuti. Mi hanno invitato a parlare solo pochi minuti, non si fa così“. A chi gli ha chiesto se l’iniziativa Usa (peraltro in piena campagna anti-Cina di Trump) sia stata una interferenza, l’arcivescovo ha risposto: “Posso dire questo. Normalmente quando si preparano le visite a così alti livelli di ufficialità si negozia l’agenda in privato e confidenzialmente.  
 
E’ una delle regole della diplomazia dando la possibilità a entrambi di definire il simposio, non dando le cose per fatte”. Al netto della forma puramente diplomatica, Gallagher ha voluto lasciare intendere che l’amministrazione Usa avesse agito unilateralmente nell’organizzazione del convegno. 
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