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Il nuovo regime terapeutico sta prendendo forma.  
di Ninni Raimondi
 
 
Il nuovo regime terapeutico sta prendendo forma. Ma le persone iniziano a ribellarsi 
 
La nuova “fase 1” in cui siamo presenta una differenza degna di nota rispetto alla prima “fase 1”, quella di marzo e aprile del 2020: la comparsa delle manifestazioni di piazza, dovute al risveglio dal “sonno dogmatico” da parte di fasce sempre più numerose della popolazione. 
 
Il massacro delle classi lavoratrici 
Quest’ultima sta infine comprendendo o, comunque, “avvertendo” sulla propria pelle, se non la vera ratio, almeno le crude conseguenze del nuovo regime terapeutico: l’andamento a yo-yo della pandemia e il ritorno al lockdown generale sono la prova che ha preso forma un nuovo e niente affatto transeunte modo di governo delle cose e delle persone; un modo di governo che, oltre a non essere “provvisorio”, come inizialmente si poteva essere indotti a ritenere, si fonda sulla limitazione delle libertà e dei diritti e sul massacro dei ceti medi e delle classi lavoratrici, che nel volgere di breve tempo stanno perdendo tutto e si avviano a precipitare (se già non l’hanno fatto) nel nuovo magma di una plebe senza più nulla. E, come è noto, chi ha perso tutto, non ha più nulla da perdere: se non le proprie catene, come chioserebbe il vecchio Marx. 
 
Divampa la protesta in tutta Europa 
È in questa luce che si spiegano le proteste, sempre più numerose e più partecipate, che hanno infiammato l’Europa. La prima fu quella di Berlino, nell’agosto del 2020, con migliaia di persone e, ovviamente, stigmatizzata dai “professionisti dell’informazione” come manifestazione di “negazionisti” e “neonazisti”. Da lì, a seguire, sono divampate decine di proteste in tutta Europa, da Londra a Madrid, da Parigi a Napoli. Di tali proteste, meritano di essere segnalati alcuni punti nodali. In primo luogo, si tratta di contestazioni che uniscono tra loro gli interessi materiali di chi ha perso tutto o è in procinto di farlo (dai precari ai negozianti, dai lavoratori “non garantiti” agli artigiani) con l’idealità di chi al nuovo ordine del potere si oppone precipuamente perché ha compreso la reale erosione in atto delle libertà e dei diritti, funzionale alla riplasmazione autoritaria del modo capitalistico della produzione. 
In secondo luogo, si assiste a una vecchia e, direi, immancabile pratica del potere: quella delle infiltrazioni delle manifestazioni con uomini ad esse estranei. Essi, col volto coperto dai passamontagna, seminano il panico usano la violenza, distruggendo vetrine (ampiamente assicurate) e facendo apparire complessivamente violenta quella che doveva essere, in principio, una pacifica manifestazione del dissenso rispetto al nuovo ordine autoritario. Si tratta – sia chiaro – di uomini introdotti dal potere stesso, da cui dipendono e di cui sono emanazione. E ciò con il triplice obiettivo a) di delegittimare la manifestazione, creando dissenso generale da parte della società civile; b) di rendere possibile l’attivazione dell’immediata narrazione demonizzante dei “professionisti dell’informazione”, che ora dipingeranno urbi et orbi la manifestazione come devastante e intrisa di violenza; e c) di legittimare l’intervento repressivo preordinato delle forze dell’ordine, già pronte, con manganelli sguainati, a massacrare non già i facinorosi (che, nel frattempo, sono puntualmente spariti), bensì i pacifici manifestanti, compresi gli anziani e le donne. 
 
Come i black bloc a Genova 
Il G8 di Genova del 2001 ha, sotto questo profilo, letteralmente fatto scuola, con i “Black Block” mandati avanti dal potere e poi, immancabilmente, evaporati nell’aria dopo aver, con il loro agire violento, attivato le cariche della polizia, subite ovviamente soltanto da chi stava manifestando pacificamente il proprio dissenso. 
 
Poiché, con tutta evidenza, sempre più numerose e più partecipate saranno le proteste di piazza contro il nuovo infame regime terapeutico e contro i lockdown a cui esso darà luogo, è verosimile ammettere che sempre più duro si farà il pugno del potere: il quale reprimerà senza pietà ogni moto corale di dissenso rispetto allo status quo o – non è da escludere – lo vieterà a priori, in nome dell’ormai collaudata norma del “divieto di assembramento”. 
 
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