La bandiera d'Italia
Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni. A esso la giurisprudenza costituzionale ricollega la modalità di ingresso nell'ordinamento italiano del diritto dell'Unione europea con valore di fonte sovraprimaria: «Questa Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il “sicuro fondamento” nell'articolo 11 Cost.
È in forza di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della Carta, che si è demandato alle Comunità europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del principio di attribuzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 227/2010).
L'articolo 12 definisce la bandiera nazionale italiana:
«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.»
(Art. 12 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Nella Costituzione della Repubblica Italiana non è, invece, specificato quale sia l'inno nazionale italiano. Infatti all'epoca della stesura della carta costituzionale Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno de facto della Repubblica Italiana dal 1946 al 2017, non aveva raggiunto lo status di inno nazionale de iure, che avrebbe raggiunto soltanto 70 anni dopo, il 4 dicembre 2017.
Parte prima: diritti e doveri dei cittadini
La parte prima è composta da 42 articoli e si occupa dei "Diritti e dei Doveri dei cittadini".
Gli articoli dal 13 al 16 sono dedicati alle libertà individuali, in cui si afferma che la libertà è un valore sacro e, quindi, inviolabile (art. 13); che il domicilio è inviolabile (art. 14); che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15); che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16) - per le limitazioni di queste libertà la carta costituzionale prevede una riserva di legge assoluta. Le libertà collettive, affermate dagli articoli dal 17 al 21, garantiscono che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza), o in luoghi privati e aperti al pubblico (liberamente) (art. 17), di associarsi liberamente; e che le associazioni aventi uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e le norme del codice penale (art. 18); che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (art. 19); che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (art. 21).
L'aula del maxiprocesso di Palermo contro la mafia, alla fine degli anni 1980
Dall'articolo 22 al 28 si affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza (art. 23); il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (art. 24); il principio di legalità della pena (art. 25); le limitazioni all'estradizione dei cittadini (art. 26); il principio di personalità nella responsabilità penale (art. 27, comma 1); il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, comma 2); il principio di umanità e rieducatività della pena (art. 27, comma 3) e l'esclusione della pena di morte (art. 27, comma 4); infine la previsione della responsabilità individuale del dipendente e dei funzionari pubblici, organicamente estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della pubblica amministrazione, a tutela della funzione sociale e dei consociati dagli illeciti, in materia civile (art. 28, comma 2), nonché amministrativa e penale (art. 28, comma 1).
La Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (dall'art. 29 al 31). L'articolo 32 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Afferma, inoltre, che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". I due successivi articoli, il 33 e il 34, affermano che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; inoltre la scuola deve essere è aperta a tutti: quella statale è gratuita, mentre quella privata è libera e senza oneri per lo Stato.
Gli articoli dal 35 al 47 assicurano la tutela del lavoro e la libertà di emigrazione (art. 35), il diritto al giusto salario (art. 36, comma 1), la durata massima della giornata lavorativa (art. 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (art. 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (art. 37), i lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (art. 38), la libertà di organizzazione sindacale (art. 39), il diritto di sciopero (art. 40), la libertà di iniziativa economica e i suoi limiti (art. 41), la proprietà pubblica e privata, e la sua funzione sociale (art. 42), la possibilità ed i limiti all'espropriazione (art 43), la proprietà terriera (art. 44), le cooperative e l'artigianato (art. 45), la collaborazione tra i lavoratori (art. 46) ed il risparmio (art. 47).
I diritti e doveri politici sono dichiarati dall'articolo 48 al 54. L'articolo 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età oltre anche che il diritto di voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico ma l'astensione non è sanzionata:
«Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.»
(Art. 48 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Dibattito parlamentare alla Camera dei Deputati nel 1946
Con l'articolo 49 si sancisce invece il principio della libertà di associarsi in partiti e del pluripartitismo politico:
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.»
(Art. 49 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Secondo l'articolo 52, il cittadino ha il dovere nel concorrere alla difesa dello Stato, prevedendo l'obbligatorietà del servizio militare in Italia, ma solo nelle modalità e nelle limitazioni imposte dalla legge, affermando contestualmente il principio giuridico che l'ordinamento delle forze armate italiane deve essere organizzato in base allo spirito repubblicano:
«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.»
(Art. 52 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Gli articoli 53 e 54 identificano alcuni doveri dei cittadini, nello specifico il dovere di concorrere alle spese pubbliche pagando tasse e imposte (secondo il principio di progressività della tassazione), il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi, ed il dovere per chi esercita funzioni pubbliche, di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge:
«Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.»
(Art. 54 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Parte seconda: Ordinamento della Repubblica
La parte seconda della Costituzione della Repubblica Italiana descrive l'ordinamento dello stato, in particolare le caratteristiche del suo garante, identificato nel Presidente della Repubblica, del potere legislativo, di quello esecutivo e di quello giudiziario nonché degli enti locali e degli istituti a garanzia della Costituzione stessa.
Titolo I: Il Parlamento
Il primo titolo, dall'articolo 55 all'82, riguarda il potere legislativo ed è suddiviso in due sezioni: "il Parlamento" e "la formazione delle leggi".
Il Parlamento riunito in seduta comune (secondo l'articolo 55, comma 2) in occasione del giuramento di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica, 3 febbraio 2015
Per la struttura del Parlamento della Repubblica Italiana, la Costituzione ha previsto una forma a bicameralismo perfetto costituito da due Camere: la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica (art. 55, comma 1). Per lo svolgimento di particolari incarichi previsti dalla carta costituzionale è previsto che si riunisca in seduta comune (art. 55, comma 2):
«Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.»
(Art. 55 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Secondo l'articolo 56, la Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto ed è costituita da 400 deputati eleggibili tra tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i 25 anni di età:
«La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di quattrocento, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per trecentonovantadue? e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.»
(Art. 56 della Costituzione della Repubblica Italiana)
L'articolo successivo, il 57, afferma che il Senato della Repubblica è eletto a base regionale e il numero dei senatori elettivi viene fissato a 200:
«Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione o Provincia autonoma può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno. La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.»
(Art. 57 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Quest'ultimi vengono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno" (art. 58):
«I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.»
(Art. 58 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica Italiana e primo senatore a vita dell'epoca repubblicana
Questo perché i costituenti vollero dare al Senato quel ruolo di "Camera di riflessione" che deliberi sulle leggi già approvate dalla Camera dei deputati, l'"Assemblea nazionale" italiana. Inoltre, nel Senato siedono anche i senatori a vita, cittadini che, pur non essendo eletti, appartengono alla Camera alta perché ex Presidenti della Repubblica (senatori di diritto) o per altissimi meriti in ambito sociale, scientifico, artistico o letterario. Tali cittadini che non risiedono de jure sono nominati senatori dal Presidente della Repubblica in carica, e non possono essere più di cinque in tutto, sebbene sia esistita in passato l'interpretazione dell'articolo 59 per cui il numero di cinque valga per ogni Presidente della Repubblica, interpretazione data da Pertini:
«È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. ?Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque»
(Art. 59 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Entrambe le camere rimangono in carica per una durata di 5 anni (inizialmente per il senato erano 6), tale periodo prende il nome di "legislatura" e non può essere prorogato se non per legge e soltanto in caso di guerra (art. 60). Tuttavia una legislatura può anche durare meno su decisione del Presidente della Repubblica che può "sciogliere le camere". Al termine della legislatura, lo stesso Capo dello Stato indice le elezioni, che hanno luogo entro settanta giorni, e fissa la data della prima riunione delle Camere; nel periodo tra la scadenza della legislatura e la formazione delle nuove Camere, la prorogatio, sono prorogati i poteri delle Camere precedenti, che però sono assai ridotti (limitati all'ordinaria amministrazione), essendo ormai scaduta la funzione rappresentativa del popolo. Bisogna notare che la Costituzione pone in essere un solo limite esplicito ai poteri delle camere in prorogatio: esse non possono procedere all'elezione del Presidente della Repubblica (art. 85.3 cost.). Si noti che la prorogatio scatta implicitamente e automaticamente il giorno dopo lo scioglimento delle Camere, mentre la proroga deve essere esplicitamente deliberata dalle Camere stesse.
L'articolo 64 della Carta descrive invece l'ordinario svolgimento dei lavori parlamentari, prevedendo un particolare atto, un "Regolamento parlamentare", uno per ciascuna Camera, e che è adottato a maggioranza assoluta, con quindi più "difficoltà" di una legge ordinaria. Essa, infatti, è adottata a maggioranza semplice (il 50%+1 dei presenti). Le sedute sono pubbliche, e possono essere seguite dai cittadini recandosi direttamente nelle sedi parlamentari in Roma (Palazzo Montecitorio per la Camera, Palazzo Madama per il Senato) o tramite altri strumenti di diffusione di massa. Il secondo comma dell'articolo 64 prevede che le Camere o il Parlamento in seduta comune possano deliberare di riunirsi in riunione segreta, ma, in periodo repubblicano, ciò non è mai avvenuto (per risalire a un precedente, bisogna tornare alle sedute della Camera dei deputati del 3 maggio 1866 e del 21 giugno 1917).
Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati
Problemi di interpretazione ha invece dato il terzo comma dell'articolo 64, che recita: "Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale", ad esempio nel citato caso dei Regolamenti. La prima parte prevede il "quorum", il numero legale, alla sola presenza del quale l'Assemblea può dire di svolgere una funzione rappresentativa; la seconda invece specifica le modalità di determinazione della maggioranza, il numero minimo di voti che una proposta deve avere per essere approvata: il Regolamento della Camera intende per "presenti" i deputati che hanno votato "sì" o "no" a una proposta messa ai voti, mentre il Regolamento del Senato definisce "presenti" tutti i senatori che prendono parte alla votazione, includendo quindi anche gli astenuti: alla Camera, quindi, il deputato che intende astenersi deve prendere parte alla votazione e dichiarare di astenersi, mentre al Senato il senatore che veramente vuole astenersi deve uscire dall'Aula, o comunque non prendere parte alla votazione, nemmeno dichiarando di astenersi, perché in tal caso innalzerebbe la maggioranza, schierandosi così con i senatori che vogliono bocciare la proposta. Infine, l'ultimo comma di questo articolo dà diritto ai membri del Governo, anche non membri del Parlamento, non solo di assistere alle sedute (diritto che gli spetta in quanto semplice cittadino), ma anche di poter parlare nelle Camere a nome dell'Esecutivo.
L'articolo 65 delega una legge a determinare i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di membro del Parlamento (è questo un esempio scolastico di riserva di legge), ma specifica direttamente in Costituzione che nessuno può essere contemporaneamente deputato o senatore. Dal principio della separazione dei poteri deriva il diritto, che spetta alle Camere stesse, di giudicare i titoli di ammissibilità dei loro membri ("autodichia"): tale giudizio è discusso da una Giunta ed eventualmente discusso dall'Assemblea plenaria. L'articolo 67 prevede che per i membri del parlamento non vi sia vincolo di mandato:
«Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.»
(Art. 67 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Ciò significa che i parlamentari non sono vincolati al partito sotto il cui simbolo sono stati eletti, e possono passare da un estremo all'altro dell'Aula parlamentare: questo perché i cittadini non votano i partiti, ma i cittadini candidati a diventare parlamentari.
Palazzo della Consulta, sede della Corte costituzionale della Repubblica Italiana
Oltre che per la risoluzione dei conflitti tra Stato e Regioni e tra Regioni e Regioni, con la legge costituzionale 1 del 1948 si è stabilito che la Corte può essere chiamata ad un giudizio in via incidentale quando, nel corso di un procedimento giudiziale, ad un giudice sorge un dubbio di costituzionalità di una norma e dunque interrompe il processo rimettendo così alla Corte la questione di legittimità costituzionale. Con questo, i costituenti (ed in particolare i membri appartenenti all'area comunista) hanno voluto evitare che un singolo cittadino potesse impugnare un atto del Parlamento legittimato come rappresentante del popolo. Secondo l'articolo 136, "quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione". Infine, la Corte costituzionale viene chiamata ad esprimersi nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica, coadiuvata da sedici cittadini tratti a sorte tra coloro con i requisiti per l’eleggibilità a senatore, e sull'ammissibilità del referendum.
Secondo la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione per l'adozione delle leggi di revisione o riforma della Costituzione e per le altre leggi costituzionali sono necessarie due deliberazioni di entrambe le camere ad un intervallo non minore di tre mesi e a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda votazione:
«Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.»
(Art. 138 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Le modifiche al testo della Costituzione non devono comunque compromettere lo spirito repubblicano e gli ideali sui quali essa si fonda (art. 139):
«La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.»
(Art. 139 della Costituzione della Repubblica Italiana)
La dottrina prevalente e la giurisprudenza (Corte Cost. 1146/1988, Corte Cost. 366/1991) ritengono che i principi fondamentali (art. dall'1 al 12) e quelli ad essi collegati siano una base irrinunciabile per lo spirito repubblicano su cui la Costituzione si fonda e che costituiscano parte integrante della forma repubblicana. Per questo motivo non possono essere modificati (vedi limiti alla revisione costituzionale). La forma repubblicana è sottratta non solo all'abolizione (che avverrebbe in caso di restaurazione della monarchia), bensì anche alla revisione. L'art. 1 definisce l'Italia una repubblica democratica fondata sul lavoro e riassume le caratteristiche essenziali della forma repubblicana. Non è solo il nome di repubblica ad essere sottratto alla revisione ma tutto l'insieme dei principi che concorrono a formare la forma repubblicana delineata dall'art. 1. Per questo, le caratteristiche essenziali della forma repubblicana non possono essere modificate.
Nel caso in cui la legge costituzionale sia stata approvata con una maggioranza inferiore dei due terzi dei componenti in una o in entrambe le camere, se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, la legge è sottoposta a referendum e non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
La maggioranza delle revisioni significative ha riguardato la seconda parte della carta costituzionale.
Disposizioni transitorie e finali
La Costituzione della Repubblica Italiana contiene una serie di diciotto disposizioni transitorie e finali inserite con l'intento di gestire il passaggio dal precedente ordinamento a quello repubblicano. Esse hanno carattere di eccezionalità, ovvero una volta raggiunto il loro scopo non sono atte a ripetersi.
Tra le principali ci sono:
*la previsione del Capo provvisorio dello Stato facente funzioni di Presidente della Repubblica (sarà eletto Enrico De Nicola) (I);
*il non riconoscimento dei titoli nobiliari, e la loro nullità (XIV);
*il divieto di riorganizzazione del disciolto Partito Nazionale Fascista e deroga alle norme costituzionali per la temporanea limitazione dei diritti politici dei suoi dirigenti (XII);
*alcune indicazioni in merito alla prima composizione del Senato dopo l'entrata in vigore della costituzione (varie);
*l'esproprio e il passaggio alla proprietà dello Stato dei beni appartenenti a Casa Savoia sul territorio italiano (XIII).
Fine
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