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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
La Formula 1 e il politicamente corretto: storia di un’invasione 
di Ninni Raimondi
 
La Formula 1 e il politicamente corretto: storia di un’invasione 
 
Da un po’ di anni a questa parte abbiamo assistito alla comparsa del politicamente corretto in Formula 1. Iniziato qualche anno fa con l’esclusione delle “ombrelline” dalla griglia di partenza in pista per presunto sessismo, per arrivare a quest’ultimo campionato in cui si è dato espressione al movimento Black Lives Matter, di cui Lewis Hamilton si è fatto portavoce. Soprattutto la lotta al razzismo, mai come in questi ultimi anni, ha interessato la massima espressione delle corse automobilistiche. Degenerando velocemente in polemiche assurde e sterili. 
 
Il politicamente corretto all’assalto della Formula 1 
Tutto è iniziato con le accuse ai piloti Charles Leclerc e Max Verstappen, rei di non essersi inginocchiati durante il minuto di silenzio precedente alla gara. Ancora oggi vengono etichettati come razzisti in giro per il web nonostante fosse chiarissima, fin da subito, la loro posizione. Come peraltro quella di molti altri piloti quali Daniil Kvjat, Kimi Raikkonen, Antonio Giovinazzi. 
 
In seguito è stata la volta del “Mazepin gate”. Nikita Mazepin, pilota russo che correrà in Formula 1 nel 2021 con la scuderia Haas, ha pubblicato sul proprio profilo Instagram un video in cui lo si vedeva palpeggiare una ragazza, palesemente ubriaca, seduta in macchina con lui. Nel corso degli anni Mazepin di certo non ci ha mai  dimostrato di essere una persona calma: ci sono stati casi in cui ha picchiato colleghi nei box e ha fatto persino di peggio in pista. Sono arrivate le scuse da parte di entrambi con tanto di spiegazione di quella che si definisce un amica del pilota, che ha nascosto il problema sotto il tappeto prendendo anche le difese del russo. Naturalmente si è scatenata la bufera sui social ed è addirittura partita una petizione per escludere Mazepin dal campionato. 
 
L’allucinante vicenda di Carlos Sainz (senior) 
Arriviamo ora all’ultimo imputato del tribunale del politicamente corretto. A finire sulla gogna è Carlos Sainz, campione spagnolo di rally attualmente impegnato nella Dakar e padre dell’omonimo futuro pilota Ferrari nella ventura stagione di Formula 1. 
 
Sainz senior, titolare della scuola di kart spagnola Carlos Sainz Karting, ha pubblicato sui propri profili social un video natalizio con la rappresentazione dei Re Magi in versione piloti. Come da tradizione, uno di questi tre è stato rappresentato da un ragazzo bianco truccato per sembrare africano. Un pratica nota oltreoceano come “Blackface”, oggi censurata per non urtare la sensibilità delle comunità afroamericane. 
 
Apriti cielo. Un pioggia di critiche ha investito il post, che è stato prontamente eliminato con tanto di mea culpa da parte dei protagonisti. Naturalmente tutto ciò non è servito al pubblico assetato di sangue. E così nel marasma sono finiti anche la scuola di karting e persino Saiz junior. Basta, insomma, essere “figlio di” per portare con se le (presunte) colpe dei padri. Così almeno sembrano aver deciso gli utenti di Twitter, che hanno messo in croce un’intera famiglia al grido del razzismo. Parola oramai talmente usata e abusata da sembrare vuota, priva di contesto, ma soprattutto, priva di radici. Soprattutto nel mondo della Formula 1 del politicamente corretto. 
 
16 Gennaio 2021
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