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Anticorpi monoclonali 
di Ninni Raimondi
 
Anticorpi monoclonali, all’Italia vanno le briciole. “Acquistate solo 15mila dosi” 
 
Quindicimila fiale di anticorpi monoclonali su 60 milioni di persone,  cinquemila di Bamlamivimab che arriveranno entro metà marzo e diecimila di Regeneron disponibili tra un mese. Quindicimila dosi a fronte di una richiesta di milioni di persone per il farmaco approvato in fretta e furia dall’Aifa e che avrebbe dovuto rappresentare un prezioso alleato nella cura del Covid in pazienti a rischio nelle prime fasi della malattia. 
 
All’Italia solo 15mila dosi di anticorpi monoclonali 
Una goccia nel mare, se si pensa che la Germania subito dopo l’autorizzazione è riuscita a mettere le mani su 200mila fiale. Già, ma la Germania si è mossa in anticipo. Giuseppe Traversa, dirigente dell’area strategia ed economia di Aifa: «Capisco che siano poche. E che una volta autorizzato l’acquisto si vorrebbe avere subito il farmaco, ma in questo caso semplicemente manca proprio la disponibilità». Stando a quanto riferito dal Fatto la colpa è dei ritardi sull’autorizzazione, che hanno condannato l’Italia a doversi accontentare degli avanzi. Dopo che tutte le altre nazioni – gli Usa, il Canada, Israele, la Germania e l’Ungheria per citarne alcuni – si erano preoccupate di opzionare in anticipo la loro fetta di dosi. 
 
Un tira e molla che ci ha fatto perdere tempo (e vite) 
Un penoso tira e molla iniziato a Ottobre, quando l’Aifa si rifiutò di autorizzare gli anticorpi monoclonali in emergenza e sfumò così l’occasione di testarne diecimila fiale gratuitamente. Motivo? Mancava l’ok dell’Ema, cioè della Ue. Infine il decreto del ministro Speranza ha messo il punto a mesi di polemiche. Nel frattempo, tutti si erano preoccupati di accaparrarsi un numero congruo di fiale di monoclonali. Tutti tranne noi. 
 
Ne servono almeno 500mila dosi 
Aifa assicura però che da aprile si potranno ordinare quantità maggiori di anticorpi monoclonali. «L’idea è di acquistare tutto quello che serve ai pazienti italiani. Ma compatibilmente con la disponibilità delle aziende». Di che numeri si tratta? «Oltre alle poche dosi rimaste c’è un problema nel definire la popolazione potenzialmente eleggibile al trattamento». Cioè i pazienti ad alto rischio (cardiopatici, immunodepressi, ultrasessantenni…) con sintomatologia da lieve a moderata. «Potrebbero servire 500mila o due milioni di dosi. Sulla base dei dati attuali non siamo in grado di dirlo. Sono terapie relativamente nuove e non si hanno molte informazioni, mancano ad esempio quelle post marketing sulla farmacovigilanza. Molto dipenderà anche dai dati clinici che avremo giorno per giorno, come è successo con il Remdesivir». 
 
«Una volta arrivati i farmaci non si perderà un solo giorno», specifica Traversa. «Appena saranno disponibili partirà la distribuzione. Gli acquisti centralizzati di farmaci non approvati in commercio è sempre complesso e richiede un forte coordinamento. Il protocollo sanitario però è già stato individuato». 
 
23 Febbraio  2021