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Salvini, quando a processo va il programma di governo di un ministro 
di Ninni Raimondi
 
Salvini, quando a processo va il programma di governo di un ministro 
 
Matteo Salvini è stato rinviato a giudizio. Con lui, anche il suo programma di governo, che nel 2019 attuò in piccola parte, e la libertà della politica di esprimere idee e programmi senza finire imbrigliata nell’azione giudiziaria promossa dalla magistratura militante e politicizzata. L’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, in effetti, arginerebbe l’attivismo di talune Procure della Repubblica e di taluni procuratori. La separazione delle carriere e il divieto assoluto, per i magistrati, di scendere in politica aumenterebbero il prestigio di quel potere dello Stato – il giudiziario – che da troppo tempo soffre per le intemerate di alcuni suoi componenti. 
 
Un processo infamante per un reato ridicolo 
La vicenda da poco consumatasi, ossia il rinvio a giudizio ottenuto a Palermo dalla procura, e l’altra vicenda appena passata, ossia il non luogo a procedere nel processo gemello a Catania, espongono un enorme problema riguardante l’interpretazione e la successiva applicazione delle norme. I due processi, fondamentalmente simili, hanno intrapreso due strade completamente opposte: da una parte il leader della Lega ne è già uscito più che pulito, dall’altra invece sarà costretto ad affrontare un processo infamante per un reato ridicolo. 
 
Un problema di interpretazione 
Vi sono state due interpretazioni differenti delle norme riguardanti fatti assai simili. Difatti è impensabile che la stessa condotta non costituisca in un caso sufficiente materiale per scivolare verso il giudizio di primo grado mentre nell’altro caso essa basti per ottenere il rinvio a giudizio. Vi è un problema di interpretazione che potrà, eventualmente, essere risolto dalla Corte di Cassazione che ha in capo il compito di garantire una medesima interpretazione del diritto su tutto il territorio nazionale. La così detta nomofilachia. 
 
La spinta ideologica nel rinvio a giudizio di Salvini 
Ma fino a quel momento rimane inossidabile il dubbio che, visto l’oggetto della controversia, via sia stata una spinta ideologica nel caso del rinvio a giudizio. È difatti opinione comune quella per cui un ministro non possa essere processato così grossolanamente per ciò che ha fatto nell’esercizio del suo mandato, ottemperando inoltre a quanto promesso in campagna elettorale.  In particolar modo, se la vicenda riguarda il braccio di ferro intrapreso tra alcune Organizzazioni non governative straniere e il governo italiano, il quale, titolare del potere esecutivo, è l’unico che possa imporre l’esecuzione delle norme. 
 
Le Ong non possono dettare legge 
Di certo non è ammissibile che sia una Ong straniere a dettare le regole migratorie italiane. E non è altrettanto ammissibile che la sovranità italiana subisca prima questo sopruso inaccettabile avvenuto con lo sbarco di decine di clandestini, e poi si becchi l’ennesimo schiaffone dalla magistratura che manda a processo l’allora titolare del Viminale per aver tentato di frenare questa deriva caotica. Di caos infatti si deve parlare. 
 
La Ong spagnola Open Arms, come tutte le altre, ha il principale fine di intaccare la sovranità italiana e il diritto del governo di decidere chi possa varcare i confini e come ciò debba avvenire. La motivazione è unicamente questa. La loro retorica terzomondista e arcobaleno è talmente conosciuta che ormai nessuno più crede alle storielle sulla necessità di salvare i naufraghi. È guerra aperta con quella parte di mondo che ancor oggi non si è arresa all’idea che l’Italia debba trasformarsi in un contenitore vuoto che sarà riempito da afro-islamici e dal loro modo di vivere. Salvini rappresenta questa testuggine e per questo è finito nel mirino delle associazioni immigrazioniste prima e della magistratura dopo. 
 
Gli attacchi a Salvini sono puramente ideologici 
Non a caso Luca Palamara ha rivelato che l’attacco togato al leader della Lega è dovuto a motivazioni ideologica e non in punta di diritto. Il libro di Sallusti parla di questo e di moltissime altre porcherie che caratterizzano il sistema giudiziario italiano al quale oggi un ex ministro è appeso. La sinistra non batte ciglio perché dall’epopea di Mani Pulite marcia ordinatamente al fianco di questo potere occulto e parallelo che gli spiana la strada verso il potere. Enrico Letta si immortala sul tetto del Nazareno a fianco del fondatore di Open Arms fingendo di non sapere che dietro questa lotta e dietro il rinvio a giudizio di Salvini si cela un modo sovversivo e altamente pericoloso di intendere la politica e di farla. Letta ha certamente il compito di garantire l’immutabilità di tutto ciò, partendo dal tentativo di eliminare giudiziariamente l’avversario. Hanno cambiato segretario affinché niente cambi. 
 
19 Aprile 2021