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Kentaro Miura 
di Ninni Raimondi
 
Kentaro Miura: così il cavaliere, la morte e il diavolo si fecero manga 
 
Il cavaliere, la morte e il diavolo è una famosa incisione di Albrecht Dürer risalente al 1513, dove un cavaliere in armatura percorre la sua strada verso una città fortificata incurante di due figure incombenti, per l’appunto, la morte e il diavolo. Opera che con la coeva Melancolia è una delle più famose dell’artista tedesco, e che rappresenta il divenire esoterico della sua opera. Per parlare della scomparsa di Kentaro Miura, il fumettista autore del leggendario Berserk si può partire proprio da quell’incisione cinquecentesca che fu tra le tante ispirazioni dirette e indirette dell’artista nipponico. E mettere a commento ideale dell’incisione del 1513 una frase tratta proprio da Berserk: «L’uomo s’illude di essere il fautore della propria vita ma vi sono elementi superiori che guidano e controllano il destino di ognuno di noi, chiamatele forze sovrannaturali oppure intervento divino, ciò che è certo, è che le nostre azioni non sono il risultato del libero arbitrio». Alla fine il cavaliere è stato raggiunto dalla morte. 
 
Miura nasce a Chiba nel 1966.  
Come molti altri mangaka della sua generazione la sua è una passione che nasce nell’infanzia, da avido lettore di manga. Inizia a scrivere fumetti per i compagni di classe già a dieci anni, e inizia a farsi le ossa prima con le produzioni indipendenti, poi come assistente, mentre migliora quel suo fine e dettagliato tratto degno delle incisioni di Dürer che contribuirà alla sua leggenda. Alla fine degli anni ’80 si afferma come autore e porta a compimento le sue prime opere di una certa rilevanza, l’autoconclusivo Berserk – The Prototype, che come dice il nome diverrà il prototipo della serie che diventerà leggenda, e Il Re Lupo su testi di Buronson, ovvero Yoshiyuki Okamura, lo sceneggiatore di Ken il Guerriero. Sempre con Buronson tornerà a collaborare per il successivo Japan nel 1992. 
 
Miura e quel ponte ideale e impossibile 
Berserk il fumetto che porterà il nome di Miura nell’empireo inizia nel 1989, arrivando, incompiuto a 40 tankobon (volumi) pubblicati. La storia è quella di Gatsu (o Gatz a seconda dell’adattamento) un mercenario membro di compagnie di ventura. A caratterizzarlo un braccio meccanico al posto dell’arto amputato, e una spada gigantesca, l’ammazzadraghi. Il protagonista è nato orfano dal cadavere d’una donna impiccata. Già in questo dettaglio della biografia del protagonista c’è tutta la violenza del mondo immaginario di Berserk che se nella costruzione rimanda al medioevo e al primo rinascimento europeo, viene arricchito con forti dosi elementi fantasy e horror. Superficialmente potrebbe essere accostato al Trono di spade, ma in Berserk la violenza e il male lavorano a un altro a livello. Il manga di Miura si pone come un ponte ideale e impossibile tra l’Orlando furioso ed Hellraiser. Con le debite proporzioni il mondo dark fantasy di Berserk sta al dark fantasy del Trono di spade televisivo, come la serie HBO sta all’armata Brancaleone. 
 
La sintesi di un mondo senza speranza 
Il tratto a china di Miura è minuzioso, estremamente dettagliato. Lontano da quelli di altri mangaka. È più vicino a quello di incisori come il citato Dürer, assieme a Escher, Gustav Doré che con Hieronymus Bosch saranno i più citati e omaggiati nelle elaborate tavole a china di Miura. Ma non mancavano citazioni più pop e moderne come l’elmo di Grifis (o Griffith) che riprende Il fantasma dell’Opera di Brian De Palma. O l’elfo Pak (o Puck) che è un rimando alla Campanellino di Peter Pan, quasi un paradosso fuori luogo nell’immaginario di Miura. L’interesse per l’arte europea è intessuto a quello storico, il mondo dei capitani di ventura diventa la base costruzione di un mondo che al di là del sottotesto horror dark, propone una realtà verosimile per gli eserciti rinascimentali. 
Ma le suggestioni di un immaginario visivamente europeo di Miura solo superficialmente rimandano ad altri grandi autori che hanno fatto dell’omaggio all’Europa una costante delle loro opere. Per Miyazaki, Matsumoto, Ikeda l’occidente è un ideale in cui rispecchiare le proprie radici, o una sontuosa scenografia per il proprio immaginario, in cui trovare una sintesi ideale. Per Miura è la sintesi di un mondo senza speranza. In cui la morte e gli arcidenomi vegliano la strada del nostro cavaliere. Un protagonista, che come il cavaliere dell’incisione di Dürer deve continuare ad avanzare nella sofferenza ambendo a una città ideale che mai raggiungerà. 
 
Come un cavaliere dureriano 
L’opera di Miura che coniuga disegno, verosimiglianza e un mondo fantasy horror dark impensabile deflagra negli anni ’90. E Berserk divenne subito un successo globale, anche per la scelta di Miura di impostare la narrazione in media res. Veniamo catapultati nel mondo di Gatsu in un flashback a ridosso di quella che sembra essere la resa dei conti definitiva. Resa dei conti consumata dopo l’Eclisse, in cui l’ex compagno e mentore del protagonista, il capitano di ventura Grifis si era votato al male per raggiungere uno status semidivino sacrificando i suoi compagni. Una soluzione che al di là di tutti gli altri meriti tecnici di Miura rende la storia appassionante fin da subito, e che sarà diventerà il primo limite di Berserk. Quella che poteva essere la logica conclusione intorno al 12° volume, diventa punto di partenza per nuove avventure, vissute comunque alla luce dei fantasmi passati. Nuove avventure in cui il nostro protagonista Gatsu continuerà a muoversi come il cavaliere dureriano, sempre avanti alla ricerca di una impossibile redenzione con incontro nuovi personaggi che strizzano sempre più l’occhio all’immaginario europeo e italiano: Farnese de Vendemion, Isidoro, Serpico. Ma che allo stesso modo non ha la forza dirompente di quel flashback a ridosso dell’apocalisse che aveva accompagnato i primi volumi. Anche perché gli elementi puramente fantastici iniziano a prendere il sopravvento. 
 
Berserk, continuando a camminare 
Questa la differenza principale con saghe manga ben più lunghe come Naruto, 72 volumi, o One Piece, arrivata a 98 volumi e ancora in corso. Opere costruite come un continuo crescendo. Berserk il crescendo è nel primo terzo dell’opera, per poi rallentare. 
A rallentare la produzione anche la minuziosità del lavoro di illustratore di Miura. Forse anche per quell’ambizione di opera totale che Berserk si porta dietro fin dalla prima pagina. Le uscite rallenteranno e diventeranno sempre più rarefatte, con il pubblico sempre più stanco di seguire Gatsu nelle sue ordalie sempre più involute. E una logica conclusione più lontana, o forse, vicina, all’Isola degli Elfi. Al di là della scelte di Miura sulla sceneggiatura, a più di trent’anni dall’inizio Berserk era ormai da anni che rischiava di rimanere tra le grandi opere incompiute. Per rimanere in tema il manga shojio Nana, di cui sono noti i problemi di salute dell’autrice Ai Yazawa. E in ambito fantasy con l’opera delle Cronache del ghiaccio e del fuoco che ha dato vita alla serie televisiva de Il Trono di Spade di R.R.Martin. 
 
Inoltre, a differenza di Martin, in cui la stanchezza dell’autore appare ormai evidente, Miura in Berserk non aveva mai rinunciato a portare avanti la sua personale mitologia, e le tavole con le sue chine minuziose facevano passare in secondo piano quelle che potevano sembrare “lungaggini”. Forse inevitabili nella ricerca di un finale che potesse essere all’altezza dei primi, sfolgoranti volumi. E forse l’opera aveva iniziato a consumare il suo stesso autore, come Grifis aveva sacrificato i suoi compagni. Pure consapevole dei suoi limiti, da due anni aveva dato vita a un nuovo manga, Duranki, una rielaborazione della mitologia dell’antica Mesopotamia, in cui sperava di concretizzare a un nuovo metodo di lavoro di squadra con i suoi assistenti per velocizzare il compimento di Berserk. E così a 54 anni, Kentario Miura, muore il 6 maggio 2021 per una dissecazione aortica. Notizia comunicata al mondo dalla casa editrice solo oggi. La morte ha raggiunto il suo autore prima che il finale potesse compiersi. Ma Gatsu, il suo cavaliere maledetto, continua a camminare incurante dei demoni che vegliano il suo percorso. Forse, al di là della perdita del grande artista, anche quest’incompiutezza è un finale adatto per Gatsu.  
 
Un incessante cammino senza speranza come il cavaliere di Dürer. 
21 Maggio  2021