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Spot con baci gay, la Russia fa causa a Dolce & Gabbana 
di Ninni Raimondi
 
Spot con baci gay, la Russia fa causa a Dolce & Gabbana 
 
Tempi duri per Dolce & Gabbana e per le pubblicità a sfondo Lgbt in Russia. La Procura di San Pietroburgo, in riferimento ad un recente spot diffuso a mezzo Instagram dal marchio italiano nel quale si vedono due ragazze intente a baciarsi tra loro, ha deciso di intentare una causa per chiederne la rimozione. 
 
L’azione giudiziaria origina dalla segnalazione formalizzata da un parlamentare di Russia Unita, il partito di Putin, Mikhail Romanov, deputato eletto nella Duma. Romanov, che già in passato si era fatto notare per simili iniziative, sempre in tema Dolce & Gabbana, ha chiesto la censura per un secondo spot, in cui a baciarsi sono due ragazzi. Lo riporta la Cnn. 
 
Dolce & Gabbana nel mirino dei russi 
Gli spot sono stati realizzati e ideati nell’ambito della campagna Love is Love, diffusa a far tempo dallo scorso San Valentino e pubblicata in distinti frammenti sul profilo Instagram di Dolce & Gabbana, a favore del Trevor Project, al fine di sensibilizzare e prevenire i suicidi tra giovani omosessuali. Per i magistrati di San Pietroburgo però, i video conterrebbero immagini che «rifiutano i valori della famiglia e promuovono relazioni sessuali non tradizionali», secondo quanto riporta la CNN. 
Nonostante in Russia l’omosessualità di suo non sia criminalizzata e quindi sia da ritenersi legale, una legge del 2013 prevede il divieto di diffusione di propaganda «sulle relazioni sessuali non tradizionali» tra i giovani russi. Si tratta di una legislazione che prevedibilmente ha fatto infuriare le Ong e le associazioni mondiali e russe che si occupano di tutela dei diritti civili. 
 
Un marchio sempre al centro della bufera 
La notifica della azione giudiziaria risale al 14 maggio ma il giudizio è attualmente sospeso, fino al 7 giugno, in attesa che il pubblico ministero raccolga tutti gli elementi di prova. Silenzio da parte di Dolce & Gabbana, con l’azienda che preferisce non commentare né rilasciare dichiarazioni. Non si tratta della prima volta che il marchio italiano finisce al centro di vicende assai delicate: nel 2018 infatti era accaduto in Cina — anche se in quell’ambito le accuse erano state di razzismo — per aver dato una immagine del tutto stereotipata e ritenuta razzista dei cinesi. In quel caso i siti di e-commerce avevano deciso di boicottare l’etichetta. 
 
28 Maggio  2021