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Barbero: «Non leggo Pansa perché mi fa vomitare». Se questo è uno storico 
di Ninni Raimondi
 
Barbero: «Non leggo Pansa perché mi fa vomitare». Se questo è uno storico 
 
Vi confesso una cosa: a me Alessandro Barbero non è mai piaciuto. La storia, seppur divulgativa, è una cosa seria: non può essere raccontata come la favola della buonanotte recitata dalla nonna. Perché la storia non è cantilena né filastrocca. Eppure, è proprio così che Barbero, riscopertosi tuttologo, la racconta. Medievista di un certo prestigio, la fama mediatica deve avergli dato alla testa, tanto che si è messo a parlare di tutto: di Lepanto, di Caporetto, ora pure della «resistenza». Ed è proprio su quest’ultimo tema che Barbero ha dato il peggio di sé, sputando veleno su un intellettuale che, in quanto defunto, non può neanche difendersi: Giampaolo Pansa.   
 
Barbero contro Pansa 
Le parole pronunciate da Barbero su Pansa sono letteralmente disgustose. Passate in sordina perché rilasciate a un giornale online misconosciuto, ora stanno iniziando a girare. E, appunto, lasciano esterrefatti: «Io devo confessare che i libri di Giampaolo Pansa non li ho mica letti tutti e a fondo perché mi prende un rigurgito a prendere in mano quei libri», ha dichiarato Barbero mandando al diavolo qualsiasi deontologia professionale. E ancora: «Noi non possiamo essere nella testa di Giampaolo Pansa, se non si è reso conto dell’effetto che stava provocando con i suoi libri, o se se ne è reso conto ma è cinicamente andato avanti perché gli rendevano un sacco di soldi. Certamente i libri sono spregevoli, non perché possano contenere delle inesattezze, io francamente non voglio dedicare neanche mezz’ora del mio tempo a leggere uno di quei libri. Ma non mi stupirei per niente neanche se questi libri riportassero soltanto episodi autentici, perché si sa da sempre in Italia che ovviamente nella Resistenza è potuto succedere di tutto. Poi la grande arte di Pansa è stata quella di far credere che nessuno le sapeva queste cose, che non se ne poteva parlare: non è affatto vero. Lo sapevano tutti». 
 
Una penosa supercazzola 
Ecco, Alessandro Barbero ci dice che tutti sapevano dei crimini partigiani. Può darsi, ma mente sapendo di mentire, quando afferma che se ne poteva parlare tranquillamente. Neanche per idea, e proprio Pansa ne sapeva qualcosa, visto che è stato insultato, oltraggiato e addirittura aggredito proprio per averne parlato. Ad ogni modo, Barbero prosegue nella sua tirata anti-Pansa calando, infine, la maschera: «Dopodiché appunto, episodi drammatici? Tragici? Crimini? Crimini dei partigiani con l’autorizzazione delle autorità alleate, che in genere dicevano ai partigiani “Fate pulizia”? Chi può dire non importa? Certo che è sempre una tragedia, però appunto se andiamo a vedere i crimini che hanno commesso i liberatori allora? Gli eserciti che risalivano la penisola ne hanno commessi di crimini, contro la popolazione civile, contro i prigionieri di guerra. Quindi appunto, il problema è che di singoli episodi se ne potranno sempre trovare in qualunque contesto per mettere in buona o cattiva luce chiunque: quello che conta è chi stava dalla parte giusta e chi stava dalla parte sbagliata». 
 
Le verità scomode non vanno raccontate 
In soldoni, Barbero non è in grado di confutare Pansa sui crimini dei partigiani. Ma ci dice che, di questi crimini, non ne dobbiamo parlare. Perché tutto ciò, demolendo la mitologia resistenziale, guasterebbe lo stomaco agli antifascisti. Theodor Mommsen e Leopold von Ranke, i padri della storiografia moderna, si staranno rivoltando nella tomba. Mentre Clio, la musa ispiratrice degli storiografi, starà piangendo lacrime amare. Compito di uno storico, infatti, è ricostruire gli eventi in forma coscienziosa e attendibile. Possibilmente sine ira et studio. Certo, qui nessuno di noi è un tardo-positivista, e tutti sappiamo che l’oggettività assoluta non esiste: anche gli storici sono uomini, e pertanto hanno i loro pregiudizi, le loro convinzioni e i loro scopi.  
 
L’importante, però, è sempre seguire i criteri metodologici del mestiere: ricerca e critica delle fonti, contestualizzazione, sintesi. Ma questo, appunto, non interessa minimamente a Barbero, che a quanto pare ha dismesso i panni dello storico per vestire quelli del sacerdote. Se una verità è scomoda, non bisogna parlarne. E chi lo fa deve essere messo in mala voce. L’unica nota lieta di questa penosa vicenda è che, grazie alle sue parole livorose su Pansa, abbiamo capito che Barbero non è affatto uno storico, bensì un agit-prop. Della peggior specie, per giunta. E per questo non sarà mai caro a Clio. 
 
28 Maggio  2021