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Eroi dimenticati: Alfredo Lutri 
di Ninni Raimondi
 
Eroi dimenticati: Alfredo Lutri, il bersagliere all’assalto in Moto Guzzi 
 
In occasione del 185° anniversario della fondazione del Corpo dei Bersaglieri, riproponiamo questo articolo pubblicato su questo giornale il 17 agosto 2019 
Quella dei Bersaglieri è, fra le armi del nostro esercito, una delle più amate dal pubblico italiano, una delle più rispettate e una delle più affascinanti. L’idea del “soldato sempre di corsa” ha generato delle ammirazioni particolari per questo corpo del nostro esercito a tal punto che molti soldati appartenenti ad esso ne hanno fatto una causa personale. L’eroe di guerra Mario Battaglini scelse, come simbolo per la squadra di rugby di Rovigo, proprio il bersagliere, corpo di cui lui faceva parte. Anche Alfredo Lutri era un bersagliere e la velocità sprizzava nelle sue vene. 
 
Alfredo Lutri e la Moto Guzzi 
La Guzzi è una moto storica, una delle prime motociclette italiane assieme alla storica Gilera. Una moto performante, velocissima ed inarrestabile. Non per nulla, proprio le Guzzi e le Gilera vennero scelte come “moto da guerra” assieme alle BMW per l’esercito tedesco o la prestante Norton per gli inglesi. Alfredo Lutri rimase colpito da questo nuovo progetto pionieristico. Mentre tutti i giovani calabresi sognavano di volare o traversare il mare, Lutri, nato a Trebisacce alla fine del 1918, amava guidare all’impazzata. La moto divenne la sua fedele compagna, il suo metodo di divertimento preferito. 
Nel 1939 entrò a far parte dell’esercito, pronto a servire la patria per la prossima imminente guerra mondiale. Entrò a far parte del corpo dei Bersaglieri, in forza all’11° Reggimento. La sua primissima missione fu proprio quella che passerà alla storia come Operazione Barbarossa. Per muoversi tra le aride steppe russe, però, serviva un mezzo veloce e stabile più di una bicicletta. Ecco che ad Alfredo Lutri venne offerto qualcosa difficile da rifiutare: la Moto Guzzi. 
 
La morte 
L’11 agosto 1941, Alfredo Lutri era di pattuglia nel territorio dell’attuale Pokrowskoje a bordo della sua moto. Il suo compagno, Germano Narduzzi, sedeva sul posto a fianco del sidecar. I russi comparvero all’improvviso ed spararono su i due ricognitori italiani. Lutri venne colpito gravemente ma la manopola del gas non la lasciò per alcuna ragione al mondo. 
 
Lutri rientrò in base grondante di sangue ed esanime.  
Rifiutò le cure preferendo dare priorità al commilitone ferito.  
Salvò tutto il Reggimento ma spirò di lì a poche ore a 23 anni.  
Il suo esempio è stato ricordato e commemorato con una medaglia d’oro al valor militare:  
 
“Motociclista in esplorazione avanzata, fatto segno ad intenso fuoco dal nemico in agguato, persisteva nel suo compito di ricognizione, finché veniva colpito gravemente insieme al compagno di macchina. Con supremo sforzo, riprendeva la guida della motocicletta per comunicare al proprio comandante l’esito della ricognizione e per portare in salvo il compagno. Si abbatteva morente subito dopo, ma accennava soltanto alla ferita del compagno, perché gli fosse data la precedenza nelle cure. Magnifico esempio di dedizione al dovere, di spirito militare e di cameratismo, fino al supremo sacrificio”.
 
18 Giugno  2021